lunedì 30 marzo 2020

D&D Epics: the next level!

Articolo di Eugenio Lauro su una delle esperienze ruolistiche più interessanti degli ultimi anni postato su gioconomicon.net. E' del 2016 (dal 2017 è stata replicata ogni anno alla Play di Modena) ed da un po' di tempo che volevo postarlo perché mi sembra veramente una figata!

Il chiostro medioevale che ospita la biblioteca Agorà di Lucca ne avrà visti tanti di eventi strani nella sua storia secolare ma siamo sicuri che uno come quello che abbiamo vissuto la scorsa domenica manca all’appello. Nella festosa occasione di Lucca Comics & Games 2016 infatti, ha avuto luogo il primo appuntamento italiano di D&D Epics il “main event” di gioco organizzato della D&D Adventurers League che ha visto impegnati, in contemporanea, più di cento persone tra giocatori e master. Per capire cosa ci potevamo aspettare e quali sono stati gli sforzi e gli investimenti necessari a portare in Italia questo evento, finora realizzato solo in UK e Olanda in Europa, abbiamo estensivamente parlato di questo importante appuntamento con gli organizzatori di Lucca Comics & Games e con il local coordinator del gioco organizzato di D&D. Mancava dunque, solo la prova dei fatti.

Armati di dadi e matite, due redattori di Gioconomicon (compreso lo scrivente), si sono aggiunti alla nutrita schiera di avventurieri che già molto prima dell’apertura erano ansiosi di cimentarsi in questo evento unico nel panorama italiano. Durante il breve lasso di tempo che ha anticipato l’inizio delle sessioni, caratterizzato dall’ordinata registrazione dei partecipanti e da una puntuale assegnazione dei tavoli, regnava una calma innaturale: dubbi, aspettative e curiosità sulle persone che avremmo trovato al tavolo si mescolavano a quella trattenuta eccitazione che si prova quando si è in procinto di realizzare qualcosa di grande. Lo spazio, formato da due ali del primo piano del chiostro, è stato predisposto con cura, su ogni tavolo sono in bella vista lo schermo del master, le mappe di gioco, i manuali e le miniature.
Dove le due ali si uniscono, un maxi schermo è pronto a mostrare la mappa strategica in cui verranno indicate la posizione dei gruppi di gioco, per avere una panoramica generale sull’andamento dell’avventura che ricordiamo, vede tutti i partecipanti giocare in contemporanea lo stesso evento come se fosse una unica, grande, sessione. I partecipanti prendono posto al tavolo e per un caso fortuito quanto curioso, io e il mio collega siamo posizionati alle due estremità opposte della sala, lui giocherà un personaggio alle prime armi e io, distante una lunghissima fila di tavoli, uno che si suppone sia tra i più esperti. Per la sessione infatti, vestirò i panni di un chierico nano di undicesimo livello (tier 3), appartenente al gruppo d’assalto chiamato in gioco “le spade”, mentre il mio collega quelli di un paladino umano di terzo (tier 1) appartenente ai “leoni”. Vivremo la stessa esperienza da due punti di vista diversi.

Al richiamo di Nicola Degobbis, per l’occasione in veste di “master dei master”, il mormorio cessa all’istante e nella sala echeggia il discorso motivazionale del Generale a capo della spedizione militare. Scopriamo di dover riconquistare la città di Phlan, una missione che segue la terza stagione del gioco organizzato e che vede come nemico finale il drago verde Vorgansharax. La sentita arringa ha un effetto inaspettato e per certi versi sorprendente: i partecipanti, fino a quel momento tranquilli e ordinati, irrompono in un grido di eccitazione spontanea che nessuno, neanche i giocatori più stagionati, è riuscito a trattenere. I master iniziano a tessere la narrazione, i dadi a tintinnare, le miniature a muoversi sulle mappe di questo grande assedio di massa. Il gruppo di cui facevo parte, una schiera di livello avanzato con risorse che farebbero invidia agli Avengers, viene teletrasportata da una nave volante direttamente nei sotterranei del castello.

Lo scontro infuria subito, spettri e demoni ci attaccano negli stretti e umidi corridoi ma ce ne liberiamo in fretta a colpi di spada e incantesimi, guadagniamo l’uscita e ci spostiamo in un altro settore del castello mentre sentiamo le urla provenire dagli altri tavoli al raggiungimento degli obiettivi. Ogni tanto, dal controllo centrale arrivano aggiornamenti sullo stato dell’assedio che ci dà la sensazione di contribuire a uno scopo comune, sensazione rafforzata ancora di più dallo scambio di “boon”, bonus momentanei che un gruppo concede a un altro grazie alla soluzione di specifiche quest. Nel cortile esterno, distruggiamo una torre con una bomba alchemica, eliminiamo un arcimago e liberiamo una spia, accumulando “punti vittoria”, una misura della nostra efficienza nella partita. La pausa pranzo, breve ma ordinata, ci permette di riprendere fiato e di confrontarci con gli altri giocatori, ne approfittiamo per raccogliere un feedback di alcuni di loro.
L’azione riprende, tutti sono ansiosi di conquistare posizioni, sconfiggere nemici e mostrare agli altri gruppi di quale pasta sono fatti. La nostra avventura procede, ci infiltriamo nella parte centrale del castello, siamo vicini al drago e si vede, perché i nemici si fanno più ostici. Distruggiamo dei circoli magici, togliendo al drago la possibilità di utilizzare le “lair action” (azioni della tana), un obiettivo importante per la missione, fatto che viene annunciato con enfasi in tutta la sala e che ci ripaga più di qualsiasi altro premio. Si avvicina la sera, ormai giochiamo da molte ore ma non sentiamo la stanchezza, il master continua a sorprenderci mentre arriviamo all’ultima sala, quella dove il drago conserva il tesoro, caratterizzata dalla presenza di una “Pool of Radiance”, nome noto a chi ha giocato l’omonimo videogame di fine anni ’80, creato tra l’altro, da David “Zeb” Cook, ospite anche lui del festival lucchese.
All’improvviso, da un altro tavolo arrivano delle grida, ci voltiamo curiosi e vediamo che il drago è entrato in gioco, enorme e minaccioso. Nonostante sia solo una miniatura oversize, la sospensione d’incredulità ha preso il sopravvento: è come fosse nella stanza con noi. Torniamo alla missione, ad attenderci ci sono dei cultisti capitanati nientemeno che da un beholder, le cose si fanno serie. Per fortuna, un altro gruppo di gioco sblocca un obiettivo e questo ci permette di utilizzare dei sauriani come PNG alleati. Molto cavallerescamente, li utilizziamo come scudi umani e per fermare i cultisti che, nel frattempo, stanno portando via il tesoro del drago, oggetto della quest in corso. Lo scontro con il mostro monocolo entra nel vivo ma il timore per il drago ci fa conservare le armi migliori e la scelta si rivela saggia, dopo qualche minuto il drago si sposta dal tavolo iniziale al nostro, piazzandosi al centro della mappa.

Come racconta a gran voce lo speaker, il drago è molto poco contento del nostro intervento sulle sue proprietà e nonostante il mio personaggio sia una sorta di cubo d’acciaio, il soffio della creatura toglie quasi metà dei miei punti ferita. Reggiamo il primo urto e rispondiamo con tutto quello che abbiamo, riuscendo a respingere la creatura, che vola verso altri tavoli. Riprendiamo la partita ma pochi minuti dopo sentiamo un urlo di vittoria provenire da un tavolo vicino, il drago è stato sconfitto!

La voce narrante racconta l’epilogo dell’avventura mentre le urla di esaltazione fanno da eco alle sue parole. Siamo tutti stanchi ma soddisfatti, sono circa le cinque di sera ed è il momento delle ricompense e del debriefing che intercettiamo ai nostri microfoni. Viene stilato un resoconto della sessione e scopriamo che il gruppo che ha ottenuto il maggior successo, con un numero di punti vittoria invidiabile (circa nove quest concluse contro le nostre quattro), è proprio quello di Marco Signore, mio collega paladino che nel primo gruppo si è fatto valere con un approccio rapido ed efficace. Marco conferma che l’aver partecipato al primo Epics italiano è stata un'esperienza assolutamente fantastica. Tra eroismi e fallimenti critici, i più di novanta eroi sono riusciti a liberare Phlan, e al tavolo del Quarto Reggimento Leoni Marco ha incontrato quattro eroici giocatori davvero fuori dal comune. I loro piani di battaglia hanno avuto successo, affrontando l'intera battaglia proprio come un'impresa militare e non come un dungeon run classico, riuscendo così alla fine della giornata ad essere il reggimento più efficace dell'intero evento. Il volto di Marco, il nostro Paladino Vendicatore, mostra giustamente l’orgoglio per il suo gruppo e non nasconde di non vedere l'ora di poter scendere nuovamente in campo al prossimo Epics.
La serata si conclude con una folla inneggiate che scambia sorrisi e ringraziamenti a organizzatori e master, ringraziamenti ai quali ovviamente, partecipiamo anche noi considerando la natura gratuita dell’iniziativa (non altrettanto all’estero) e il grande impegno profuso per il buon esito di un evento che a questo punto possiamo definire epico anche nei fatti e non solo nel nome. Il solo pensiero che le gesta dei nostri eroi potranno influenzare in qualche modo la continuity dei Forgotter Realms ci avvicina a D&D più di quanto non sia successo prima, abbattendo quel muro invisibile che separa (separava) i giocatori dai Maghi di Seattle.

Viene il momento delle valutazioni a freddo: è innegabile l’ottima riuscita dell’appuntamento, superiore alle aspettative più rosee e sebbene qualche dettaglio sia ancora migliorabile (una sala unificata avrebbe amplificato la coesione tra gruppi e reso la mappa più visibile), non c’è stato nessun ostacolo, rallentamento o obiezione di sorta da parte dei partecipanti. “Buona la prima” si dice in gergo cinematografico, un risultato non da poco se consideriamo che il gioco organizzato di D&D in Italia esiste da pochissimo tempo. Alcuni dubbi tecnici, come quello sull’adattabilità di questi moduli allo stile di gioco europeo e italiano in particolare, dove molto tempo viene speso nell’interpretazione dei personaggi, sono stati sciolti: i gruppi, gestiti da master adeguatamente preparati, si sono tranquillamente uniformati alla modalità di gioco richiesta che avvicenda descrizioni e azioni tattiche senza troppe divagazioni, un ritmo serrato indispensabile per riuscire a completare l’avventura nei tempi richiesti.
Concludendo possiamo ribadire come questa sia stata veramente un’esperienza importante che trova pochi eguali nel panorama mondiale. Un ulteriore esempio di ciò che un gioco di ruolo può creare, un risultato aggregativo e interattivo che altri media difficilmente potrebbero eguagliare. Un’esperienza tra l’altro, che non si ferma al tavolo ma che con il sistema di gioco organizzato, continua nel tempo seguendo, il fil rouge del personaggio registrato nei sistemi centrali della Wizards of the Coast. Non possiamo che sperare che la Wizards decida di investire più risorse in iniziative simili e nel gioco organizzato in genere, un modo efficiente per creare una rete di gioco e di promozione, che va dall’autore al giocatore, interessando tutti gli attori di questo mercato che sembra vivere una seconda giovinezza.

venerdì 27 marzo 2020

Uno spot chicca...!

mercoledì 25 marzo 2020

The Joker presents...XXXVII: The King's Dilemma


Recensione presa da nerdpool.com.

The King’s Dilemma offre una serie di sessioni di gioco dalla durata variabile e consente, generalmente, di svolgere anche due partite in una serata. Un’esperienza Legacy in una cornice estetica minimale e raffinata.

Il Sistema Legacy
Per chi non lo sapesse il termine Legacy è riferito ai giochi che offrono esperienze narrative dalla durata prestabilita e non più rigiocabili. I componenti nel corso del gioco (regole comprese) vengono modificati e in parte distrutti definendo ed enfatizzando l’unicità dell’esperienza ludica.
Se all’inizio l’irreversibilità del sistema ha destato sospetti e sollevato accuse di eresia, molto presto ci è resi conto della forte attrattiva che un’esperienza di questo tipo è in grado di generare: le scelte definitive in un gioco Legacy hanno un peso emotivo più forte di quelle attuabili in un sistema replicabile. Una suggestione inedita fino a pochi anni fa che appassiona sempre più giocatori. Non è un caso infatti che i capostipiti di questo fortunato filone siano balzati in pochissimo tempo nei primissimi posti della classifica di gradimento di Boardgamegeek (Gloomhaven e Pandemic Legacy attualmente ben piantati ai primi due posti).
The King’s Dilemma promette e mantiene questo tipo di suggestione in circa 15 sessioni di gioco. Se tra voi esiste ancora qualche reticente sulla distruzione, sappiate che è possibile, con pochissimi espedienti, salvarne i componenti. Con buona pace del vostro cuore.
In The King’s Dilemma ogni giocatore impersona il massimo esponente di una delle 12 Casate del Regno feudale di Ankist. La campagna copre un arco temporale di svariati decenni, ragion per cui, da una sessione all’altra, i giocatori sono chiamati a rappresentare i diversi discendenti della Casata. A determinare questo avvicendamento sono gli Obiettivi Segreti che, cambiando di sessione in sessione, definiscono le mire dell’esponente di turno.
Lo scopo dei giocatori di The King’s Dilemma è promuovere le istanze della propria Casata (Traguardi di Casata riportati sullo schermo di ciascun giocatore), perseguire gli Obiettivi (Segreti e Pubblici) e guadagnare prestigio sul Regno di Ankist. I tornaconti personali però non sempre coincideranno col bene altrui…


Dilemma Card System ed Effetti Legacy
Horrible Guilds ha creato per The King’ Dilemma un sistema di gioco basato sul Dilemma Card System. Questo sistema consiste nell’apertura di buste numerate (da 00 a 74) che definiscono una linea narrativa, unica per ciascuna campagna e non più ripetibile (a meno di non ricorrere, come detto, ad alcuni espedienti per salvare e ripristinare i componenti).
La storia che si dipana sarà diversa da qualsiasi altra generata con questo sistema. Il regolamento consiglia di giocare con lo stesso gruppo di persone ma è possibile introdurre nuovi giocatori anche a campagna iniziata (ma non troppo avanzata, altrimenti si rischia di perdere lo sviluppo narrativo); questo perché ciascuna votazione resetta, in parte, la situazione di gioco rendendo possibili i nuovi ingressi.

Il cuore del gioco: l’Asta Diplomatica
I membri delle Casate si radunano nella Sala del Consiglio per discutere gli Affari Reali. Qui si confrontano e formalizzano le decisioni tramite una votazione a suon di asta e diplomazia. Un’Asta diplomatica appunto, con un Leader (il vincitore dell’asta precedente) che agisce come primo di turno ed un Moderatore che decide eventualmente il vincitore dei pareggi.

Svolgimento della votazione
Dopo la lettura della carta Dilemma da parte del Leader (che firma eventualmente la carta Storia) o, come suggerisce il regolamento, da parte del giocatore “meglio dotato di abilità narrative”, i giocatori discutono come risolvere il Dilemma in corso. Poi, in ordine di turno (partendo dal Leader e finendo col giocatore alla sua destra), votano SI, NO o PASSO (dichiarando, in quest’ultimo caso, se intendono passare per raccogliere Potere o per diventare Moderatore). Il SI ed il NO vengono sempre sostenuti coi Segnalini Potere.
In The King’s Dilemma è consentito offrire denaro in cambio di voti (non è comunque consentito scambiare Potere). Questa possibilità apre a situazioni di gioco impreviste, esilaranti, ad alleanze improbabili, rafforzamenti di assi e a cambi di fronte repentini. I giocatori, pur di veder vincere la propria fazione, possono ritrovarsi coinvolti, dopo un inizio in sordina, in una improvvisa escalation di rilanci, dando fondo alle disponibilità economiche ed alla dotazione dei segnalini Potere.
Una danza psicologica condizionata da molteplici Obiettivi e contingenze, in cui ciascuno cercherà di spuntarla sfruttando ogni minima congiuntura con l’interesse altrui. Il background narrativo che compone la Storia del Regno di Ankist viene svelato poco alla volta ed offre validi spunti per perorare la propria causa. Avrete sempre a portata di mano fior di giustificazioni per ottenere il sostegno delle altre Casate.

Leader e Vincitore dell’Asta.
Se un giocatore, alla fine della propria votazione, ha puntato più Potere di qualsiasi altro, diventa immediatamente Leader. Questo vuol dire che il turno prosegue fino a che ci sono giocatori che con le proprie puntate determinano lo spostamento del segnalino Leader (il turno si conclude col giocatore alla sua destra). Il Leader quindi può cambiare più volte nell’arco di una stessa votazione.
La fazione vincente è quella che, complessivamente, ha giocato più Potere sulle carte SI e NO. Questa fazione determina l’Esito della carta Dilemma. In caso di parità il Moderatore decide quale sia la fazione vincente.

Obiettivi di gioco:
Gli elementi su cui i giocatori cercheranno di esercitare la propria influenza sono davvero tanti. La profondità e la credibilità delle argomentazioni che governano la parte diplomatica trovano linfa nella varietà dei contenuti narrativi e strategici. La Plancia del Reame (tabellone di gioco) permette di tenere diversi di questi fattori sotto controllo.

Le Risorse
Il tabellone presenta 5 tracciati delle Risorse: Ricchezza, Benessere, Morale, Influenza, Conoscenza ed uno più generale, rappresentato da un segnalino con la bilancia, che è la Stabilità. Le Risorse, nell’insieme, definiscono lo stato del Regno. Compatibilmente con gli obiettivi personali (Obiettivi Segreti, Pubblici e Traguardi di Casata) e quelli comuni (Eventi, Maggioranze sulle carte Storia) i giocatori cercheranno di muovere tali Risorse verso l’alto o verso il basso. Alla fine di ciascuna votazione i giocatori, sostenendo il SI ed il NO, determineranno lo spostamento di tali Risorse.

Obiettivi Segreti
All’inizio di ogni partita i giocatori scelgono le carte Obiettivo Segreto. Queste carte assegnano punti a fine sessione in base alle Monete accumulate, ai segnalini Potere residui, al posizionamento delle Risorse sul Tracciato. Come vi dicevo a inizio recensione, questi obiettivi rappresentano, idealmente, le mire dell’esponente di turno di ciascuna Casata. Le carte Obiettivo Segreto cambiano di sessione in sessione e definiscono i vari orientamenti delle personalità che i giocatori interpretano. Ciascuna carta Obiettivo Segreto è contrassegnata da un Allineamento (di questo vi parlerò più avanti).

Traguardi di Casata
Ciascuna Casata è rappresentata da uno Schermo Casata (la scatola di The King’s Dilemma ne contiene ben 12 diverse) il cui scopo non è solo quello di nascondere i segnalini agli altri giocatori (Monete e Potere).
Sulla facciata interna di ciascuno degli Schermi Casata è riportata una breve descrizione della storia nobiliare e gli orientamenti politici, etici, religiosi. A destra sono elencati i Traguardi: obiettivi a lungo termine che i giocatori cercheranno di perseguire e di cui spunteranno le caselle man mano che vengono realizzati. Tali traguardi, una volta completati, sbloccano precise Abilità. Tra i Traguardi di Casata ci sono anche i Traguardi Narrativi che si sbloccano in seguito a determinati Eventi.
A sinistra dello Schermo, una sezione per i Punti Vittoria suddivisa in: Punti Prestigio e Punti Brama (speculari ma entrambi utili per la vittoria finale della campagna).
In basso, una tabella relativa agli Allineamenti della Casata (Avido, Opulento, Moderato, Estremista, Ribelle, Opportunista). Questi Allineamenti corrispondono al posizionamento che le Risorse dovrebbero avere alla fine di ciascuna sessione di gioco. Per raggiungere questi piazzamenti i giocatori dovranno sfoggiare tutta la loro abilità diplomatica!
I giocatori, inoltre, dovranno marcare sullo Schermo Casata la casella dell’Allineamento corrispondente alla propria carta Obiettivo Segreto (ciascuna carta Obiettivo Segreto riporta, in alto, un preciso Allineamento). Perseverare con un Allineamento sblocca punti Vittoria (Prestigio o Brama).

Eventi – Adesivi Cronaca
Altri obiettivi primari sono gli Eventi (Adesivi Cronaca). I giocatori, nel corso della campagna, cercheranno di aggiudicarseli, firmandoli, per beneficiare dei vantaggi (segnalini Potere aggiuntivi). Gli Eventi possono anche essere Negativi. In questo caso il firmatario subirà un malus fino a quando l’Evento non verrà sovrascritto da uno più recente. Gli Eventi infatti cambiano nel corso della campagna; quelli più vecchi vengono man mano rimpiazzati da Eventi nuovi.

Obiettivi Pubblici
I firmatari più recenti degli Eventi Positivi e Negativi ricevono Obiettivi Pubblici (palesi) Positivi e Negativi. A fine sessione i giocatori detentori degli Obiettivi Pubblici hanno la possibilità di ottenere ulteriori bonus oppure di subire malus in base al piazzamento delle Risorse relative.

Carte Storia
Quando il Leader apre una Busta, firma, se possibile, la carta Storia e la colloca sul corrispondente spazio Trama. Gli spazi Trama sulla Plancia Reame sono 6 e sono contrassegnati da un simbolo (nel corso della campagna si formeranno tanti mazzetti sotto a ciascun simbolo). Le carte Storia firmate determinano punti a fine partita, pertanto i giocatori se voglio ottenere la maggioranza sulle carte trama, dovranno cercare di assumere la carica di Leader quante più volte possibile.

Fine della Partita
La fine di una singola sessione di gioco si può innescare in due modi:
Il Re Abdica: l’indicatore Stabilità (segnalino bilancia) raggiunge una delle due estremità;
Il Re è Morto: la carta Dilemma posizionata nell’ultimo spazio Contatore del Tempo presenta il simbolo del teschio. In assenza di questo simbolo si possono continuare ad accumulare fino a 4 ulteriori carte, dopodiché la partita termina comunque. Una singola sessione di gioco può quindi durare dai 7 agli 11 turni.

Conteggio di Fine Partita
Alla fine del Regolamento sono presenti le griglie per registrare i punti ottenuti in ciascuna partita. I giocatori annotano i punti per: Obiettivo Segreto, Obiettivo Pubblico, Monete, Potere.
Sullo Schermo Casata vanno invece annotati i Punti Campagna (Punti Prestigio, Punti Brama) che i giocatori accumulano di partita in partita. L’assegnazione dei Punti Campagna dipende dall’evento che ha determinato la fine della partita (il Re è morto, il Re ha abdicato). I giocatori in parità ricevono lo stesso punteggio.
I Punti Campagna determinano a campagna conclusa, il vincitore assoluto. Punti Prestigio e Punti Brama sono entrambi utili per la vittoria ma vengono valutati in modo diverso: i primi rappresentano l’operato a favore del Regno, i secondi l’ambizione e la fame di potere.

Fine della Campagna
La fine dell’intera Campagna si innesca dopo aver attaccato il sesto Adesivo Mistero sullo spazio dedicato in fondo al Regolamento. Una volta applicato il sesto adesivo i giocatori aprono la busta 70 e leggono il Gran Finale che decreterà il vincitore assoluto di The King’s Dilemma.

Considerazioni Finali
La campagna Legacy di The King’s Dilemma è articolata in un numero prestabilito di partite. Vero. Ma questo limite è paradossalmente diventato, negli ultimi anni, più ampio di quello che i giocatori appassionati riescono a concedere a molti dei cosiddetti giochi rigiocabili; complice anche la sovrabbondanza dell’offerta a cui spesso si fatica a stare dietro, la rigiocabilità, per quanto ricercata, è di fatto sempre meno praticata.
Una campagna Legacy trascina i giocatori in una storia di cui diventano protagonisti assoluti (e che probabilmente ricorderanno per sempre); obbliga a sedersi al tavolo e ad arrivare fino in fondo. Non sorprende infatti la risposta appassionata da parte della comunità che continua a premiare l’idea rivoluzionaria di gioco.
Oltre alla struttura finita, The King’s Dilemma si distingue per la meccanica centrale dell’asta, innovativa più della confezione Legacy in cui è proposta. “Asta Diplomatica” definisce bene la natura del cuore pulsante del gioco. Semplice in quanto basata su un meccanismo di rilanci ma allo stesso tempo originale, con non poche implicazioni tattiche, coinvolgente, dinamica. Non credo esista nulla di simile in campo ludico a parte qualche vaghissima somiglianza col sistema di contrattazione e votazioni della famiglia dei giochi in stile The Resistance. The King’s Dilemma offre notevoli spunti per far valere le proprie nobili quanto miserabili istanze, ma anche tanti specchi su cui arrampicarsi. Insomma, anche se saprete di non avere scuse troverete sempre un appiglio a cui aggrapparvi (e talvolta fragorose risate in risposta).

lunedì 23 marzo 2020

The Joker presents...XXXVI: D&D - Waterdeep: Il dungeon del mago folle

"Oscurità, un fetore rancido e sinistri rumori: questo è quanto si presenta ai vostri sensi una volta scesi sotto Waterdeep ed aver imboccato l’ingresso in Sottomonte, il leggendario dungeon di Halaster, il terribile mago folle.
La luce delle vostre torce non sembra riuscire a penetrare la sua densa mancanza davanti a voi. Nell’appena accennata penombra a pochi passi giace uno scheletro; un abitante del sotterraneo, o forse una trappola, gli ha tranciato di netto la testa dal collo. Intorno, si aprono molti corridoi da cui provengono suoni striscianti, fetenti ventate gelide e silenzi carichi di promesse di dolori.
Guardate negli occhi i vostri compagni e capite che non potete indugiate oltre: fate il primo passo verso il buio. Perché una cosa è certa a Sottomonte: se non andate verso il pericolo, sarà certamente lui a venire da voi."


Esce - per la prima volta in italiano edito da Asmodee - il sesto capitolo del D&D Adventure System, cioè dei giochi da tavolo ambientati nel mondo di D&D (possiedo il secondo - Wrath of Ashardalon, di cui avevamo già parlato qui), caratterizzati dall'essere, semplici, veloci, combinabili tra loro e soprattutto masterless (che per 1-5 giocatori non è male)!
Concepito da Kevin Wilson (autore Doom e Descent; quindi non un neofita di dungeon crawling) e edito originariamente da WizKids, questa nuova incarnazione incorpora alcune meccaniche della 5a edizione (vantaggi e svantaggi) e come i capitoli precedenti, mette a punto alcune meccaniche già viste nelle altre scatole, perfezionandole (qui il sistema a campagna).
Vi lascio un patchwork di articoli presi in rete, che illustrano le caratteristiche principali.

Il regolamento in breve (da nerdando.com)

Una volta effettuate tutte le operazioni di preparazione e collocata la tessera iniziale del Dungeon da sondare, si passa la palla al primo eroe interpretato dal giocatore; ogni personaggio ha delle caratteristiche che ne determinano le peculiarità e il modo di usarlo nel corso della partita (chiamati "poteri", che possono essere utilizzabili sempre o - i più potenti - una volta a missione. ndr).
I turni dei giocatori sono suddivisi in tre fasi distinte: Fase dell’Eroe, di Esplorazione e dei Nemici.
La Fase dell’Eroe è suddivisa a sua volta in due sottofasi: nella prima si controlla se il personaggio ha 0 Punti Ferita e, in quel caso, si usa un Segnalino Impulso Curativo, se ce ne sono; nella seconda è possibile muoversi ed effettuare una delle seguenti azioni: Attacco (tirando un d20 + modificatori personali), Movimento, Disattivare una Trappola o Altro (di solito azioni peculiari dei personaggi o interazione con gli oggetti. ndr).
Nella Fase di Esplorazione, se l’Eroe occupa un quadrato lungo un bordo inesplorato, si pesca una Tessera Dungeon, si colloca sul tavolo e, successivamente, si piazzano i Mostri, le Trappole e i Forzieri su questo nuovo elemento, altrimenti, se il personaggio si trova su un qualsiasi altro spazio, si passa alla prossima fase.
Nella Fase dei Nemici si giocano le Carte Incontro, se non sono state collocate tessere Dungeon in questo turno o se ne è stata pescata una con un triangolo nero, si prende e si gioca una Carta Incontro; se il nemico in gioco, viene attivato. Infine, si attiva – nell’ordine in cui è stata pescata – ogni Carta Mostro posta davanti al giocatore (e tutti i mostri di quel tipo davanti anche agli altri giocatori!).
La partita continua fin quando non viene portata a termine la missione o quando uno degli Eroi arriva a 0 punti ferita e non può essere curato.

Esperienza di gioco (da leganerd.com)

Il D&D Adventure System approfitta di una lore conosciuta ed un nome con un certo peso specifico per gettare le fondamenta di una esperienza ludica divertente. Appare evidente che sia un prodotto che punta prevalentemente al pubblico a cui piacciono le esperienze di campagna: se infatti i diversi scenari possono essere giocati senza problemi in modalità one shot, è con la modalità campagna che le piene potenzialità del gioco emergono.
Il sistema di livellamento permette di far evolvere i vostri personaggi per quattro livelli, con la possibilità di sbloccare abilità e stili di gioco differenti; sono meccanismi già visti con gli altri giochi della serie che fanno un gradito ritorno in questa edizione. Giocando gli scenari in modalità one shot, invece, rimarremo fermi sempre al livello 1, senza mai vedere i nemici più temibili ed i tesori più ambiti.
Il gameplay è relativamente semplice, con un numero di azioni disponibili limitato che ci permette di insegnare in pochi minuti le basi del gioco. I poteri disponibili per ogni personaggio permettono di adattarne lo stile di gioco nella maniera che più preferiamo, anche se non bisogna dimenticare che essendo un dungeon crawler, esplorare ed affettare è sempre un’ottima idea.
Essere troppo statici e meditabondi, infatti, vi costerà caro: temporeggiare senza esplorare nuove caselle vi attirerà addosso carte Incontro che possono andare da piccole sfighe a bastonate considerevoli, quindi è fondamentale esplorare il più possibile e prepararsi ad affrontare le orde di mostri che vi verranno incontro con una buona dose di tattica.
Le condizioni di vittoria, differenti per ogni capitolo, aggiungono pepe al mix obbligandovi ogni volta ad adattarvi a nuove situazioni. Nella prima missione, ad esempio, dovrete dare la caccia a dei banditi umani e potrete decidere di sacrificare preziosi punti esperienza per trovare i nemici necessari nel mazzo dei mostri; sono variazioni sul tema che sono sempre benvenute.
Il regolamento è rodato da anni di esperienza e la possibilità di integrarlo con gli altri prodotti della linea D&D Adventure System è un’attrattiva importante.

Perché Waterdeep: Il Dungeon del Mago Folle è un gioco da tavolo da giocare come una campagna? (da justnerd.it)

La difficoltà cresce con il procedere degli scenari grazie ad una sorta di deck-building: al termine di ogni scenario, il Libro delle Avventure indica quali cambiamenti applicare ai mazzi di gioco, in genere complicandoci le cose. Gli scenari avanzati possono quindi essere affrontati molto meglio da degli Eroi che nel precedente cammino siano avanzati di livello o abbiano raccolto o comprato oggetti utili.

Nel mazzo dei Tesori, dal quale peschiamo una carta ogni volta che nel turno sconfiggiamo un Mostro, troviamo alcune carte Oggetto e molte carte che portano una ricompensa in denaro: questi soldi ci servono, tra una sessione e l’altra, per acquistare upgrade al livello del personaggio ed altri oggetti dal mercato. Sono assolutamente inutili, e nel regolamento non è previsto che vengano rimosse, se giochiamo una partita singola.

Cosa non ci ha convinto…
Partiamo dal regolamento: sebbene sia a prima vista chiaro e ben scritto, vi troverete molto presto a fronte a situazioni ambigue o non esplicitamente descritte. Molti dubbi sono facilmente risolvibili tramite buonsenso, sia chiaro, e non ci sono mancanze tali da inficiare la giocabilità; tuttavia, alcuni casi vi troveranno costretti a discutere su come sgarbugliare l’inghippo, e non tutti sono stati trattati nelle FAQ rilasciate ufficialmente.
Le miniature degli eroi, come già detto, sono qualitativamente inferiori a quelle dei mostri. Perché, in un titolo in cui gli Eroi sono sempre in movimento e presenti sul tabellone, questa scelta?
L’aspetto tattico dei combattimenti è abbastanza leggero, forse un po’ troppo soprattutto se ci si riferisce al singolo personaggio. Coordinare gli sforzi di 5 eroi può essere sfidante, ma, fatto ciò, il singolo giocatore non si troverà di fronte a grandi sfide tattiche: la sua mossa sarà spesso la stessa o comunque molto facile da determinare.
Gli scenari, nonostante la mappa non sia mai uguale (è generata dalla casualità della pesca delle tessere), possono risultare ripetitivi nella struttura.
…e cosa invece funziona alla grande!
La crescita dei personaggi, equipaggiarli e potenziarli è sicuramente piacevole ed importante nell’affrontare la campagna. Pur non avendo le possibilità innumerevoli e sfaccettate di una campagna di gioco di ruolo di Dungeons & Dragons, l’elemento RPG in questo titolo è notevole, soprattutto considerando quanto in realtà il meccanismo sia snello.
Nella pianificazione delle mosse è importante il contributo del gruppo come totalità: i poteri dei personaggi sono tanti e molto diversi, e ciascuno dovrà aiutare gli altri a conoscere i suoi punti di forza e di debolezza del proprio Eroe. Con così tante variabili, è molto improbabile cadere nella trappola del giocatore alfa (cioè quello che guida le azioni di tutti monopolizzando il processo decisionale); non è una cosa affatto scontata, nei giochi cooperativi puri.
Anche in cinque giocatori il flusso di gioco è molto fluido, ed il downtime ovviamente presente è stemperato dalle meccaniche di gioco. I Tesori che si guadagnano, ad esempio, si possono assegnare a qualunque giocatore. Inoltre, quando si attivano i mostri nella Fase dei Nemici, il bersaglio non è il giocatore attivo, ma la carta Mostro indica sempre il criterio di scelta del bersaglio. Questo vi costringe a restare sempre con l’attenzione rivolta al tavolo, anche nel turno altri; ed, in ogni caso, i turni sono piuttosto rapidi.
Il fatto che la mappa sia generata casualmente ci permette di rigiocare lo stesso scenario più di una volta senza comunque sapere cosa ci aspetta oltre la prossima tessera; e ciò, rispetto ad altri giochi in cui è presente l’esplorazione di una mappa anche molto blasonati, come ad esempio Case della Follia,  è sicuramente molto positivo.

In conclusione Waterdeep: il Dungeon del Mago Folle è un ottimo gioco da tavolo per giocatori di livello medio o neofiti di buona volontà. Forse non farà la felicità degli amanti dei giochi più impegnativi, ma grazie alla possibilità di aumentare la difficoltà si può sempre calibrare il livello di sfida ai propri gusti personali.
Del dungeon crawler ha tutte le caratteristiche principali e, pur non avendo nulla di rivoluzionario in termini meccanici, tutto ciò che troviamo funziona bene, in maniera agile e dinamica. Si presta particolarmente bene, a differenza di altri titoli, ad essere giocato anche in 5 senza il minimo problema; anzi, probabilmente questo è il player counter in cui brilla di più.

martedì 17 marzo 2020

Il senso di meraviglia perduto

Un bel riassuntone tratto da giochi sul nostro tavolo sui giochi da tavolo moderni e la sua evoluzione.

Se cerco sulla onnipresente wikipedia alla voce 'sense of wonder' trovo soprattutto un riferimento alla letteratura scifi, considerandolo la reazione del lettore di fronte ai mondi immaginari proposti nei libri di fantascienza e simili dell'età dell'oro. Personalmente l'ho sempre collegato alle scoperte di cose nuove da parte dei bambini, considerandolo come manifestazione di stupore di fronte a cose per essi mai viste e sperimentate.
E' questo, in relazione naturalmente al mondo dei giochi da tavolo, il punto di partenza della mia riflessione di oggi, nella quale vorrei coinvolgere i nostri lettori, cercando di cogliere insieme se, nel corso degli ultimi dieci anni o quasi, un poco ce lo siamo persi, il nostro senso della meraviglia verso i giochi da tavolo.

I GIOCHI CLASSICI E LA SCOPERTA DELLA MODERNITA'
Abituato come ero ai classici Monopoli (con la i finale), Subbuteo, Taboo e Risiko di una volta, ricordo di aver sempre considerato i carrarmatini di quest'ultimo come il classico stato dell'arte della componentistica.
Nelle serate che a volte si passavano in qualche pub (anche se all'epoca il concetto di pub non era ancora affermato) "illuminato" che offriva ai clienti l'uso di giochi da tavolo, il massimo dell'esotico stava nel trovare magari un Hotel o un Power o di buttarsi in qualche gara di cultura (ma qui siamo già nel tardo periodo universitario) con il Trivial Pursuit.
Spesso, poi, capitava di incocciare una copia dello Jenga, gioco che dava comunque una ventata di interazione ai gruppi più disimpegnati.
Oggi, menzionando quei giochi, ho un poco la sensazione di parlare come di Space Invaders o Pacman, ovvero di titoli che all'epoca sicuramente mi fecero divertire, ma ai quali oggi come oggi non dedicherei più di una partita di pura nostalgia.
Per i giochi da tavolo, grosso modo, direi che la vera rivoluzione, sotto molti aspetti, si è avvertita grosso modo nel periodo compreso tra il 1995/2000 ed il 2010/2015 circa, lasso di tempo nel quale l'evoluzione rispetto al passato è stata assolutamente marcata.
Andando un poco a ritroso con gli Spiel des Jahres, trovo infatti vincente nel 1995 I coloni di Catan, gioco che indubbiamente ha rappresentato per me a lungo il titolo ideale per introdurre al nostro hobby dei neo giocatori e che, ora come ora, un vero e proprio senso della meraviglia non credo me lo susciti, visto che i materiali non sono mai stati niente di sconvolgente (vedi i bastoncini di legno o le casette tipo Monopoli) e che a livello di meccaniche, pur funzionando tutto ultra bene (altrimenti non sarebbe divenuto un neo classico), non è che ti dia la sensazione di aver scoperto un mondo del tutto nuovo, ma che all'epoca, abituato come eri a tirare i dadi per camminare solo su percorsi tipo gioco dell'oca, lo stupore te lo dava eccome, grazie all'idea della contrattazione ed alla base matematica delle probabilità di uscita dei risultati.
Sempre idonei a suscitare la sensazione di stupore ed altri possibili riferimenti sono sicuramente, almeno ai miei occhi, titoli come El Grande, Tikal, Carcassonne, Villa Paletti, Puerto Rico (siamo tra il 1996 ed il 2002), i quali hanno rappresentato, davvero uno step evolutivo rispetto al passato.
Perchè lo dico?
Parto da El Grande per riconoscere come si tratti di un gioco a base di maggioranze che, pur proponendo una feroce guerra per il controllo di territori, esattamente come accadeva in un Risiko, riesce a farlo senza tirare un dado (strumento unico o quasi, sino ad allora, per risolvere conflitti) e richiedendo uno sforzo di riflessione mai (o raramente) visto in quelle latitudini temporali.
Passo poi da Tikal, che ti propone l'idea di un gioco con componenti già più apprezzabili (nella versione rimasterizzata di oggi portati a livello da figata), che mescola idee da astrattone con un bel tabellone che diventa anche tridimensionale ed arrivo a Carcassonne, che quando lo vedi per la prima volta sembra un mix tra il Domino e un puzzle.
Lo stesso Villa Paletti, pur essendo niente di più di una nuova declinazione di idee già viste nello Jenga, ti arriva nel 2002, ossia venti anni fa, con dei maxi pezzi in legno colorati che fanno una scena incredibile e quando lo propongo ad una coppia di amici per la prima volta, l'effetto immediato è quello che una seconda copia venne acquistata nel giro di 24 ore direttamente dalla Germania, via Amazon.de, scoperto per l'occasione.
E di Puerto Rico cosa vogliamo dire?
Le idee che ti proponeva, il concetto di scegliere un personaggio che fa svolgere una azione a tutti, che la prima volta ti sembra una sorta di Natale ogni giorno e che poi, quando ci entri dentro, ti sembra di gioco di una bastardaggine assoluta.
Devo riconoscere che, ciascuno a modo suo, ognuno di questi titoli un senso della meraviglia, la prima volta che li ho provati, me lo hanno suscitato ed hanno contribuito in maniera determinante a tirarmi dentro di peso a questo mondo ...

PASSANO GLI ANNI E L'INNOVAZIONE TIENE SEMPRE ALTO L'INTERESSE ...
La mia fortuna, probabilmente, è stata nel riscoprire questo mondo (un passato da giocatore da tavolo lo avevo avuto già da bambino - ricordo il Triangolo delle Bermude, Lotta di Classe, L'uomo Ragno ed i Fantastici 4 o il Rischiatutto che avevano i più anziani ...) in un periodo equiparabile al rinascimento del boardgaming, quindi di aver potuto toccare con mano l'evoluzione, che era tanto rapida da portare alla tua attenzione ogni anno un sacco di giochi nuovi, che non erano solo nuovo perchè li avevano stampati per la prima volta, ma lo erano perché avevano al loro interno tante idee mai viste, che ogni volta, eccolo li, spuntava ancora lo straniamento o, ancor meglio, il solito senso della meraviglia.
Eccomi quindi nel 2004 a stupirmi per il Risiko pacifista, ovvero per Ticket to Ride, con tutti i suoi trenini e la capacità di mettere al tavolo signori e donzelle con pari attrattiva per entrambi o, sempre nei primi anni 2000, scoprire che esisteva una serie di giochi astratti del calibro dei tradizionali giochi da scacchiera, ovvero i titoli del progetto GIPF o il Ponte del Diavolo, che ho apprezzato tantissimo e giocato a lungo anche online.
Eccomi poi a scoprire, di gran carriera, il nuovo genere dei gestionali a base di trasformazione di risorse, come I Pilastri della Terra (2006) e, soprattutto, nel 2007, come Agricola.
Vogliamo parlare di rivoluzione copernicana? Di pari passo con le meccaniche, crescono rapidamente anche i materiali, facendo capolino sempre più spesso sul tavolo tabelloni illustrati con stile pittorico (Menzel - Vohwinkel), pezzi in legno sagomati (Stone Age è del 2008 e contribuisce al superamento del concetto di spostacubetti), carte riccamente illustrate e così via...
In campo American, poi, come dimenticare l'impatto di un Descent, titolo che riprende e dona nuova vita ad un genere che aveva visto in Space Hulk ed Hero Quest quali milestones incontrastati per decenni o di una FFG (Fantasy Flight), con la sua capacità di sfornare giochi veri quando acquistava delle licenze, arricchendo il tutto di millemila carte, miniature e roba simile?
Dal 2000 a quasi tutto il 2010, quindi, è stato tutto un caleidoscopio di novità, con ogni anno ad attendere Essen e Lucca con la bocca aperta.

ESSEN ED IL PAESE DEI BALOCCHI - 2000-2015
Scopri così che il vero covo mondiale degli appassionati è ad Essen, o meglio lo è là solo nella settimana della fiera mondiale che si tiene ad ottobre, più o meno quando gli pare a loro (ogni anno cambiano la data sulla base di un algoritmo che mi è sconosciuto) ed ogni anno ne vieni via (o ne leggi) sbavando sui titoli che ha regalato la fiera. Ogni anno la gita in terra di Germania (che inizia per me nel 2011), diventa sinonimo di viaggio nel paese dei balocchi. La prima volta che vedo la fiera rimango a bocca aperta e per diversi anni le uscite continuano ad alimentare il mio personalissimo sense of wonder.

Tanto per capirci, scorrendo i ranking tracker dei vari anni, scopro :
2008: Le Havre, Dominion, Space Alert, Ghost Stories, Snow Tails
2009: Jaipur, Hansa Teutonica, Cyclades, Imperial 2030, Loyang, Dungeon Lords e Macao (Feeeeeld)
2010: 7 wonders, Troyes, Navegador, Civilization, The Resistance
2011: Mage Knight, Eclipse, Trajan ... Village
2012: Terra Mystica, Robinson Crusoe, Keyflower, Tzolkin
2013: Concordia, Caverna, Russian Railroad, Nations, Lewis and Clarke, Rokoko, Glass Road
2014: Orleans, Fields of Arle, Alchemists, Patchwork
2015: Pandemic Legacy, Through the Ages nuova ediz, Scythe, 7 Wonders Duel, Food Chain, Gallerist
2016: Gloomhaven, Great Western Trail, Odino, Clanck, Pandemic Iberia ...

Nel rileggere i titoli indicati, trovo per prima cosa un elenco di titoli che in larga parte, nella nostra ludoteca condivisa (tra me, Sergio e Berna), tuttora vedono presente almeno una copia e che comunque, se stasera qualcuno ti invitasse a casa sua a giocarne un paio di essi, difficilmente ti tireresti indietro (fatto salvo il caso che si tratti di generi che non ti piacciono ..).
Però, ad essere pignoli, tra annate come il 2012, che mi proponevano della roba tipo Terra Mystica, Keyflower, Tzolkin e così via ed un 2016, dove personalmente serbo il solo Great Western Trail e dove ricordo comunque come molto ben fatto anche Gloomhaven (del quale proprio non reggevo la presenza dei cattivi rappresentati da standup di cartone), una bella differenza di hype comincio a coglierla eccome.
Piano piano, a forza di mangiare dolci e roba pesante e speziata, sono forse diventato un filo più esigente?

IL SENSO DELLA NOVITA' SI PERDE?
Alimentato da anni ed anni di continue novità di meccaniche, di evoluzione dei componenti e di grandi meraviglie, potevo attendermi un periodo di stasi?
Ad essere lungimirante, forse si, ma visto che c'ero dentro a piedi uniti, in questo hobby, onestamente non credo che avrei potuto capirlo prima di quanto non ho fatto ...
Perchè parlo di fase discendente?
Beh, scorriamo i top delle ultime Essen e riparliamone:
2017: Progetto Gaia, Pandemic Legacy 2, Azul, Caledonia, Dinosaur Island, Raja del Gange
2018: Tehotihuacan, Architetti del Regno Occidentale, Underwater Cities, Chronicles of Crime, Azul II
2019: Maracaibo, Azul III, Clank Legacy, It's a Wonderful World, Glen More II, The Crew.

Negli ultimi 3 anni, onestamente, di vere e proprie rivoluzioni non ne abbiamo viste (forse sotto questo aspetto delle chance maggiori le ha Barrage ...) e probabilmente, tra tutti i titoli che ho indicato sopra dell'ultimo triennio, l'unico che desta un vero e proprio senso della meraviglia è probabilmente Azul, essendo un prodotto che è riuscito, quasi da solo, grazie ad una azzeccatissima combinazione di idee e materiali, a rivoluzionare il mercato degli astratti, prendendo direttamente il testimone da Splendor.
La domanda che sorge spontanea è se sia calata la qualità dei giochi in quest'ultimo triennio.
La mia risposta, però, è no, perché se continuai a prendere in mano un Progetto Gaia od un Caledonia od un Lisboa o un Maracaibo o un Paladini o un Terramara, per fare degli esempi, trovi ancora dei titoli validissimi, solidi, che sviluppano le loro idee in un modo anche superiore ai titoli dello stesso tipo che li hanno preceduti.
Quello che gli manca, nella chiave di lettura di cui stiamo parlando qui, è che difettano di quel qualcosa di così nuovo da farti scattare il famoso senso della meraviglia, ovvero di quella delicata combinazione tra nuove idee, nuove cose da fare, materiali e quel nonsoche che ti fanno aprire la bocca, chiamare gli amici e convocare tutti al volo per una serata al gioco che non vi potete perdere.
Mi ricordo, quando uscì la modalità campagna di Descent (Road to Legend), di essermi visto con gli amici una roba tipo sei - sette volte di fila in dieci giorni, perchè dovevamo portare avanti la sfida e vogliamo parlare delle prime intavolate di uno Tzolk'in, con le sue ruote di plastica (e l'idea del passaggio del tempo diversificato per settori) o della prima volta che ci siamo confrontati con un Feld, un Rosenberg o un Lacerda ?
Mi vengono in mente le prime partite all'Anno del Dragone, dove dovevi stare attento ad ogni giro che non ti morisse qualcuno dei tuoi lavoratori o anche la prima volta che abbiamo cercato di giocare ad un Kanban: in quest'ultimo caso ho ancora in mente la sensazione di aver affrontato qualcosa di simile ad un esame universitario per riuscire a spiegarlo, da tanto che il manuale era scritto male ed il gioco intricato, ma alla fin fine la sensazione di stupore, per un motivo o per l'altro, te la suscitava lo stesso, perché ti proponeva qualcosa di diverso da ciò che avevi visto sino ad allora.

Il senso di meraviglia di cui parlo, quindi, può essere legato alla complessità delle regole (pensiamo al primo Agricola o ad un Trajan), ai materiali (vedi le miniature di un Mech Vs. Minons o i pezzi di Azul o Splendor o anche il treno tridimensionale di un Colt Express o le millemila miniature di uno Zombicide o dei nuovi Risiko tipo Blood Rage o Lord of Hellas ), ad un approccio particolare ad un tema noto (pensiamo al concetto di gioco stretto tipico di Lorenzo), ad una nuova meccanica (i primi approcci ai rolla e scrivi o, a suo tempo, al genere dei cooperativi), quindi le sue fonti possono essere molteplici, tuttavia è anche normale che l'evoluzione a volte scorra in modo più rapido, a volte rallenti e probabilmente siamo in questo momento esatto in una fase di consolidamento.

QUINDI NIENTE PIU' MERAVIGLIA?
Mah, personalmente ritengo che si assista ad una continua evoluzione dei boardgames, che non mostra alcun segno di essere in fase di arresto e le migliaia di nuovi titoli che escono ogni anno cercano tutti, in qualche modo, un elemento distintivo per emergere dalla massa, farsi notare e di conseguenza riuscire così a vendere.
Il fatto è che in certi momenti i maggiori salti evolutivi si avvertono in diversi ambiti, perché magari in alcuni si è arrivati ad uno standard qualitativo elevato e si fa fatica a pensare a qualcosa di rivoluzionario, per cui, banalmente, le novità si colgono altrove. In questo ultimo torno di tempo, per esempio, accennavo alla vitalità del genere dei rolla e scrivi, ma mi viene in mente quella dei librogame o degli investigativi - escape, così come qualcuno era rimasto fulminato da Keyforge, almeno per un periodo.
Probabilmente maggiori difficoltà nell'evolversi si avvertono nell'ambito dei gestionali puri, ma ricordiamo anche che la perdita del senso della meraviglia è in larga parte riservata proprio a noi addetti ai lavori e/o superappassionati di nicchia, che vediamo le cose sempre in anteprima e che siamo up to date.
Il grosso dei giocatori, infatti, grazie al vero e proprio diluvio universale di titoli che sono usciti nell'ultimo decennio, ha a disposizione un bacino di scelta enorme e lo stesso vale per gli editori nazionali, che sono sempre alla ricerca di validi titoli da proporre per la localizzazione e che a volte vanno a pescare cose non necessariamente nuovissime, ma che per qualche motivo sono sfuggiti all'attenzione e riescono così a cogliere successi inattesi (mi viene in mente, soggettivamente, un Paperback).
Ognuno, quindi, ha millemila occasioni, a ben vedere, di trovare il proprio personale senso dello stupore andando ad esplorare nell'universo delle uscite alla ricerca di quel qualcosa che può solleticarlo e, pensando a noi che scriviamo sui giochi da tavolo, cerco sempre di tenere questo a mente come parametro di valutazione. Il rischio che corro, altrimenti, è quello che io vada a trasmettere a chi mi legge la sensazione che tutto ciò che esce sia giavvisto, solo perchè io lo ho già visto in passato e sperimentato in quel modo già tre - quattro volte.
E' chiaro che il coefficiente di innovazione è un qualcosa che va premiato, ma nel contempo non credo che possa valere come vero e corretto parametro di valutazione per un titolo, anche perchè dovrei, altrimenti, riferire ogni giudizio, ogni volta, ad un capostipite, il quale, ovviamente, oggi come oggi, potrebbe essere invece irrimediabilmente superato. Ma questo è un altro discorso, per cui, tornando al nostro tema, direi che lascio ai nostri lettori lo spazio per tenere accesa la discussione su quelli che propongo, spero, quali stimoli di riflessione comune.

lunedì 9 marzo 2020

Il campionato delle medie (la storia di Holly e Benji - pt.2)


Passano tre anni e ritroviamo i nostri eroi confrontarsi nel campionato delle medie.
Holly vuole vincere il terzo campionato nazionale con la New Team per raggiungere in Brasile Roberto e diventare un giocatore professionista. In questi tre anni Holly retrocede nella posizione di trequartista e regista, che non abbandonerà mai più.

La New Team arriva alla finale del campionato regionale di Shizuoka dove affronta l'Otomo del bomber Patrick Everett [Shun Nitta ] (famoso per il Tiro del Falco) e dei difensori ex New Team Jack Morris, Frankie Gilbert, Gill Taylor e Charlie Custer. Col risultato di 3-1 la New Team riesce a vincere il campionato regionale e a qualificarsi al campionato nazionale. Più piccolo di un anno rispetto a Holly e ai compagni, Everett era stato l’attaccante numero 9 nella New Team ma alle medie è entrato nella scuola Otomo. Alle superiori rientrerà nella New Team.
A Tokyo intanto si gioca la finale del campionato regionale di Tokyo, Toho contro Mambo. La Toho sta vincendo 3-0 grazie a una tripletta di Mark Lenders quando entra Julian Ross, che segna una doppietta ma sul finale è costretto a tornare in panchina a causa della sua malattia al cuore. La Toho alla fine vince e si qualifica così al campionato nazionale. Dopo la fine della partita l'ex mister di Mark Lenders, Jeff Turner [Kozo Kira], lo rimprovera per aver perso la grinta, come dimostra il fatto che, quando ha fatto cadere Julian, è rimasto paralizzato davanti a lui invece di recuperare palla come avrebbe fatto se fosse ancora alla Muppet; conclude che potrà battere Holly solo se ritroverà la grinta di un tempo, e gli propone di raggiungerlo a Okinawa per sostenere un allenamento speciale. Lenders lascia il ritiro senza permesso per raggiungere l'ex mister e allenarsi sotto la sua guida e in questo modo mette a punto un potentissimo tiro, il Tiro della Tigre. Tuttavia l'allenatore del Toho, Ray Thompson [Kitazume Makoto], lo punisce per aver lasciato il ritiro senza permesso mettendolo fuori rosa.


Si giocano i trentaduesimi di finale e la New Team incontra la Artic di Ralph Peterson [Makoto Soda], soprannominato “l’Ammazzacampioni” per il gioco particolarmente duro. La Artic (famosa per la tattica a Valanga, se non ricordo male. N.d.R.) passa in vantaggio grazie al Tiro del Rasoio di Peterson. Quest'ultimo marca stretto Holly e, dopo ripetuti interventi al limite, lo infortuna alla gamba, ma Holly riesce comunque a segnare in contropiede allo scadere il gol del 2-1. La New Team accede così ai sedicesimi.
La New Team vince 6-0 contro la Night-Fox ai sedicesimi e si qualifica agli ottavi dove incontra la Hot-dog dei gemelli Derrick. La New Team si porta in vantaggio di due gol ma i gemelli Derrick accorciano le distanze con il loro nuovo tiro, la Catapulta Infernale. Holly subisce un infortunio alla spalla e nella ripresa l'Hot-dog pareggia grazie a un'altra Catapulta Infernale. Holly riesce comunque a segnare in zona Cesarini il gol della vittoria che vale i quarti di finale.
Ai quarti la New Team incontra la Hirado del colossale difensore Clifford Yuma [Hiroshi Jito] e dell'agile attaccante Sandy Winters [Mitsuru Sano]. Nel primo tempo la Hirado domina portandosi sul 3-0 con doppietta di Winters e gol di Yuma. Nella ripresa però Holly segna una tripletta con il suo nuovo tiro a effetto portando il risultato in parità e negli ultimi minuti Ted Carter della New Team segna il gol partita. Dopo una rimonta eccezionale la New Team vince la partita e accede alle semifinali.
La New Team affronta la Flynet di Philip Callaghan. Callaghan porta in vantaggio la Flynet con il Tiro dell'Aquila, Holly pareggia i conti con una rovesciata. In zona Cesarini arriva il gol del 3-2 per la New Team realizzato da Holly con il tiro a effetto. Intanto Lenders riesce a convincere il mister a fargli giocare la finale.

Il torneo di Parigi
Questa parte non è presente nel manga: è una creazione originale dell'anime, che evidenzia fortissime analogie con il primo film della serie, Holly e Benji: La grande sfida europea, al punto che le vicende e il risultato sono quasi identici. La parte del torneo fu sognata da Holly mentre era ricoverato in ospedale e rievocata dai suoi compagni in sala d'attesa, la notte prima della finale New Team-Toho.
Al termine del torneo delle elementari Holly e i suoi amici/rivali erano stati convocati nella nazionale giovanile giapponese per prendere parte ai mondiali di Parigi. Il Giappone, sconfiggendo l'Inghilterra di Molby/Montgomery ai quarti e la Francia di Pierre Le Blanc (nonostante un'autorete di Holly) in semifinale, si qualificò alla finale dove affrontò la Germania del bomber Karl Heinz Schneider e del portiere Heffner. La Germania concluse il primo tempo in vantaggio di due reti ma nella ripresa, complice anche l'ingresso in campo di Benji al posto di Warner, il Giappone riuscì a segnare due reti al pur forte portiere Heffner, pareggiando proprio allo scadere. È proprio sul gol del 2-2, che diede il titolo mondiale giovanile ex aequo a Giappone e Germania, che si conclude il sogno di Holly.

La finale del campionato nazionale delle medie
Si gioca così la finale tra New Team e Toho. Nei primi minuti Lenders segna il gol del vantaggio per la Toho con il tiro della tigre ma pochi minuti dopo Holly segna con il tiro a effetto. Mark Lenders segna altri due gol e porta il risultato sul 3-1 per la Toho. Sembra finita, ma Holly non si arrende: nei minuti finali del primo tempo Holly accorcia le distanze ribattendo il tiro della tigre di Lenders.
Inizia la ripresa e Holly pareggia con una rovesciata. I 90 minuti terminano in parità e si devono giocare i tempi supplementari. Hutton a questo punto è spossato dagli infortuni che lo hanno portato a svenire a più riprese. Al 1º minuto dei tempi supplementari Holly riesce comunque a portare in vantaggio i suoi con un miracoloso tiro a effetto dall'effetto ingannevole, poi si ritira in difesa della porta di Crocker a causa dell'infortunio. Al 30° Mark Lenders pareggia in rovesciata. Poiché la partita termina in pareggio, il trofeo va a entrambe le squadre.

Sigle
La sigla italiana storica è Holly e Benji due fuoriclasse, musica di Augusto Martelli, testo di Alessandra Valeri Manera e Nicola Gianni Muratori, cantata da Paolo Picutti (per le repliche fu spesso usata la sigla successiva Che campioni Holly e Benji, musica di Silvio Amato, testo di Alessandra Valeri Manera, cantata da Cristina D'Avena e Marco Destro).


Altre edizioni
Holly e Benji: sfida al mondo (Shin Captain Tsubasa) è la seconda serie del cartone animato Holly e Benji (Captain Tsubasa), composta da 13 OAV, distribuiti in Giappone da luglio 1989 al luglio 1990, e trasmessi in Italia nel 1995.
In questa serie la nazionale nipponica U-16 partecipa al Mondiale U-16 vincendolo a sorpresa battendo in finale la Germania Ovest 3-2. Per ragioni ignote non è stata realizzata la versione anime dell'ultimo volume del manga. In quest'ultimo volume si vedeva Tsubasa debuttare nella nazionale maggiore, fidanzarsi con Sanae e partire per il Brasile. Interessante notare che per un errore degli adattatori nell'edizione italiana il calciatore Ralph Peterson si chiama Sam Reynolds.

Che campioni Holly e Benji!!! (Captain Tsubasa J) è un anime della serie sportiva Holly e Benji (Capitan Tsubasa) del 1994, trasmesso in Italia nel 1999.
È la versione animata della seconda serie del manga. Captain Tsubasa J è composto da 47 episodi. Trentaquattro di questi episodi sono il remake della prima serie fino alla partenza per il Brasile di Roberto senza Tsubasa, mentre i restanti tredici narrano la storia dei primi sette volumetti del World Youth.
In questi episodi Rob Denton Aoi, un nuovo personaggio mai apparso nelle precedenti serie, riesce, dopo tanta fatica, a entrare nella squadra primavera dell'Inter mentre Holly, entrato nel San Paolo, vince il campionato brasiliano battendo in finale il Flamengo di Carlos Santana per 3-2.
Nel frattempo i giocatori della nazionale nipponica sono in ritiro per allenarsi in vista delle qualificazioni al World Youth (Mondiale U-20). Un giorno si presenta al ritiro una squadra di sette giocatori, i sette del Giappone Reale (Real Japan 7), che sfida in una amichevole 7 contro 7 i giocatori della nazionale nipponica vincendo per 14 a 2.
In seguito alle tre partite l'allenatore del Giappone si sente male e viene nominato nuovo allenatore del Giappone proprio l'allenatore dei 7 del Giappone Reale che esclude dal ritiro Mark Lenders, Patrick Everett, i gemelli Derrick, Yuma, Ralph Peterson/Sam Reynolds e Tom Becker, mandati ad affinare il loro talento lontano dal ritiro nipponico. Convoca al loro posto i sette del Giappone Reale che però per qualche strano motivo giocano solo negli allenamenti e non vengono mai utilizzati nelle partite ufficiali.
La nazionale giapponese grazie a Holly, Benji e Rob (che debutta nella partita con la Thailandia segnando una tripletta) riesce comunque a superare, anche se con difficoltà, il girone di qualificazione composto da Taiwan, Guam e dalla forte Thailandia dei fratelli Khongsawat. Intanto i sette esclusi migliorano e si presentano al ritiro per sfidare i sette del Giappone Reale. In caso di vittoria verranno reintegrati in prima squadra. Alla fine i 7 esclusi grazie al nuovo tiro di Mark, il tiro del dragone (Raiju Shot), vincono la partita per 4-2 e vengono reintegrati in prima squadra. A questo punto viene svelato perché i sette del Giappone Reale hanno giocato solo negli allenamenti e mai nelle partite ufficiali. I 7 sono tutti calciatori professionisti più vecchi e quindi non convocabili per un campionato under 16. Lo stratagemma è servito per mettere la vera nazionale sotto torchio quindi il gruppo dei 7 del Giappone reale viene sciolto.
In seguito al reintegro di questi sette la compagine inizia a affrontare la seconda fase delle qualificazioni asiatiche. Affronta l'Uzbekistan che viene sconfitto facilmente grazie ai gol di Rob, Philip, Mark e Holly. L'anime finisce qui non mostrando il resto delle qualificazioni e l'intero World Youth (i mondiali Under 20), narrati invece nel manga (edito in Italia nel 2003). La serie viene infatti sospesa per problemi di budget.

Holly & Benji Forever (Captain Tsubasa Road to 2002) si può considerare la quarta serie animata del franchise di Capitan Tsubasa. È andato in onda in Giappone dal 2001 per un totale di 52 episodi. In Italia è stato trasmesso per la prima volta su Italia 1 nel  2004.
I primi 31 episodi sono un remake dell'intera prima serie dell'anime Holly e Benji, due fuoriclasse (Captain Tsubasa, dal primo incontro con Benji fino alla finale con la Toho) e della serie OAV Holly & Benji: Sfida al mondo (Shin Captain Tsubasa, tutto il torneo di Parigi), mentre gli episodi inediti sono solo 21. Gli ultimi 21 episodi sono la versione anime del manga Captain Tsubasa Road to 2002 che riprende Holly giocare in Brasile e in seguito in Spagna, nel Barcellona. 
La sigla è Holly e Benji Forever, musica di Giorgio Vanni e Max Longhi, testo di Alessandra Valeri Manera, cantata da Cristina D'Avena e Giorgio Vanni (apertura e chiusura).
Captain Tsubasa (Kyaputen Tsubasaè una serie televisiva anime di 52 episodi del 2018. Tratta dal manga Capitan Tsubasa, la serie è il terzo remake dell'anime del 1983 Holly e Benji - Due fuoriclassePer richiesta dell'autore del manga e dei produttori dell'anime (al fine di uniformare in tutto il mondo il marchio Captain Tsubasa), i doppiaggi esteri del nuovo anime manterranno il titolo originale della serie nonché i nomi originali dei personaggiL'edizione italiana viene trasmessa su Italia 1 nel 2019 con la sigla "Tutto d'un fiato", cantata e scritta dalla sempiterna Cristina D'Avena.