lunedì 30 giugno 2014

Qualcosa si muove...

Video da una convention di sabato scorso (28/6) a Saragozza:







E alcune notizie riassuntive tradotte da un utente su Board Game Geek:

Some important info:

-"we have production at 50%, there already lot of figures made, although we dont want to show any of them (only renders)"

-"The dice are already produced, the gamemaster board is also a dice tower (I guess in order to prevent any cheating in the roll of these special dices)

-About the orcs renders, he said that they are still in progress because they need to add a bit of ugliness (scars, asymetry,...) to made them to look like real orcs. 

- In the heroes case he said the barbarian sword has got smaller, and the dwarf has got wider and other minor changes. (he spoke that part in past tense, like already done, unlike the orc part where he spoke in future tense, we need to add a couple scars here and here and made that armour or sword less shiny and new)

-On monday every backer should receive an email to be able to access to their purchase and see final transport cost, and backers will be able to add more contents to their original purchase. Specifically he refers to a backer level 1 being able to pay the difference to get level 3 access or to buy some of the addons or more copies

-The non-CF version could have less quality in some components than the anniversary/CF version. He put a price for the non-CF version 92 euros (versus the 80 euros of the CF version)

Some numbers: he said they had to do 1.800.000 doors, and said they have 4 persons working in the production departament, 2 in computers, 3 sculptors and 2 illustrators. Size of the board is 57x 78 cm, with every square 3x3 cm (in the original one squares was 2x2 cm) although figures will be the same scale than original (that allows for the more "acrobatic" stance of some figures)

In Q&A (of the first video, not the second one)

-"I am not worried at all about any legal rights. I am worried about problems related with the production, with the miniatures, etc. but not about legality. This is a subject with a lot to talk about but little to be worried"

-"The heroes will "level up" not by increasing life or mana points but by getting additional skills"

-"We plan to finish alpha rules as soon as possible to playtest it during summer with several groups, one of them comprised only of anglospeaking players living in Spain in order to get the beta rules after summer" 

(bear in mind this translation is not official and I could have misunderstood something (or everything)

sabato 21 giugno 2014

LA FAUCE MAGNA


Stavano per scendere quando furono sorpresi da una voce che giungeva alle loro spalle:
"Non così in fretta!"
Voltandosi videro due figure, un elfo cacciatore e un umano. Il primo era il cugino di Preia Starle, Tenerife, mentre il secondo era un inquisitore di nome Kurt, che l'alchimista Azael aveva già avuto modo di conoscere a Paranor, in presenza di Tay Trefenwind e dello stesso Bremen.
Raccontarono di come fossero stati mandati per portare il loro contributo alla spedizione e che avevano visto il corpo martoriato di Preia trasportato da un gruppo di esploratori hobgoblin.
I servi del Signore degli Inganni erano ancora sulle loro tracce e presto li avrebbero trovati.
Poi dissero che seguendo le loro tracce avevano incontrato il giovane Lupus che li aveva indirizzati sul cammino percorso.
Fatte le presentazioni, Kinsom continuò a toccare le piastre metalliche, una dopo l’altra, illuminando la scala. Continuarono a scendere per parecchi minuti. Non scoprirono alcuna traccia di vita umana, anche se l’iscrizione al di sopra dell’ingresso faceva pensare che ce ne fosse. Non scorsero tracce del passaggio di altre persone: almeno, non tracce recenti. Tuttavia, nonostante questo, ebbero la netta impressione di essere sorvegliati e valutati, come se qualche entità paziente e inesorabile fosse in attesa del loro arrivo.
La scala terminava davanti a una massiccia porta di ferro.
Non si scorgevano catene o chiavistelli e non era custodita dalla magia. Sul suo architrave arrugginito si leggevano le parole FAUCE MAGNA, scolpite nella pietra: solo quelle due parole, non l’intera scritta che avevano letto sopra l’imboccatura del passaggio.
Inginocchiato a terra, il ranger esaminò il pavimento davanti alla porta, poi si alzò e scosse la testa. Da molto tempo nessuno era passato per quella porta. Così la tastò,  come la parete attorno a essa, ma non trovò nulla.
Fece un passo avanti, afferrò la pesante maniglia di ferro e provò ad abbassarla. La maniglia ruotò senza difficoltà, la serratura scattò e la porta si aprì verso l’interno, perfettamente bilanciata. Dall’apertura filtrò una luce lattiginosa che vibrava in modo irreale, come se passasse attraverso un vetro bagnato dalla pioggia. Davanti a loro c’era un’imponente fortezza.

LA “FAUCE MAGNA”
I blocchi di pietra erano così antichi che gli angoli erano smussati e la superficie lucida e consumata, coperta di crepe e di ragnatele. Era una costruzione meravigliosa, con mura e torri, parapetti sporgenti e archi rampanti, ponti sottili e scale a chiocciola che facevano pensare a un arazzo intessuto al telaio. Il castello s’innalzava a perdita d’occhio, le sue parti più alte risultavano invisibili. Era circondato da montagne: i pochi tratti di cielo che si riuscivano a scorgere erano coperti di foschia. Sui monti cresceva una ricca vegetazione, con rami e liane sporgenti che parevano protendersi verso il castello: formavano una sorta di baldacchino di foglie, che filtrava la luce e le dava le caratteristiche liquide che avevano notato.
Attraversarono la porta e si trovarono in un ampio cortile che si allargava ai lati e verso il corpo centrale del castello. Solo allora compresero di avere alle spalle il muro di cinta del castello, che ormai erano a ridosso delle pareti di roccia dei monti. Guardando le mura, stupiti,  compresero che col passare del tempo le montagne si erano spostate, stringendosi attorno all’antica fortezza finché le sue pietre non avevano cominciato a cedere e a fessurarsi. Palmo a palmo, le montagne si riappropriavano del territorio su cui era stata costruita la fortezza, e un giorno sarebbero riuscite a schiacciarla definitivamente.
Avanzarono tutti nel cortile, guardandosi attorno con circospezione. L’aria era pesante e fetida, e puzzava di palude e di fiori marci: uno strano odore, per un luogo situato all’interno delle montagne.
Kinsom rifletté che avevano percorso un lungo tratto in discesa: forse erano vicini al livello del mare. Sollevò lo sguardo verso la vegetazione che copriva la parete dei monti e sporgeva dal muro di cinta. L’umidità che stillava dalle foglie era quasi pioggia: sentì le goccioline colpirgli la faccia. Poi studiò le porte e le finestre del castello, che sembravano orbite vuote e scure. Rimanevano soltanto i serramenti di metallo, perché il legno si era polverizzato. L’umidità aveva aggredito anche la pietra e la calce, consumandole e sbriciolandole.
Si avvicinò alla torre più vicina e passò la mano sulla pietra. La superficie si sgretolò come se fosse di sabbia. L’antica fortezza, Fauce Magna, dava la spiacevole impressione di poter crollare da un momento all’altro. Non percepirono alcun male in quel luogo ma avevano continuamente la sensazione che una forza primordiale risiedesse in quel luogo.
Avanzarono all’interno della fortezza vera e propria, entrarono dalla porta centrale e si trovarono in un lungo corridoio.
La fortezza faceva pensare a una tomba. L’ombra gravava su ogni cosa, come una cappa di velluto odoroso di muschio. La polvere che si levava al loro passaggio formava una nube nell’aria. L’arredamento che in passato abbelliva il castello era in briciole. Rimaneva soltanto qualche scheggia di metallo e qualche pezzo di tessuto. Dalle pareti sporgevano i chiodi che un tempo reggevano arazzi e quadri. Un tempo, artisti e artigiani avevano lavorato qui, ma nessuno dei loro prodotti era sopravvissuto. Le stanze che si aprivano sui corridoi erano saloni vasti e regali oppure vani piccoli e raccolti, tutti privi di vita. Una parte del corridoio era occupata da file di panche; quando uno di loro posò la mano su una di esse, si ridusse in polvere. Nelle nicchie si scorgevano mucchi di frammenti di vetro. A terra c’erano armi spezzate e inutili, mucchietti di legno marcio e di metallo arrugginito. Il soffitto era nascosto dietro una fitta nube di oscurità, le finestre li fissavano come orbite cieche e vuote. Tutto taceva: il silenzio di una tomba.

Incontrarono una rampa di scalini che scendeva a spirale attorno a quella che doveva essere una grande sala circolare.
• Per qualche tempo si udì soltanto il rumore smorzato dei loro piedi sul pavimento coperto di polvere, e (UN PG) ebbe di nuovo l’impressione di essere osservato. La sensazione era assai più forte, questa volta, più precisa. L’entità che abitava nel castello era vicina.
Arrivati in fondo al corridoio trovarono un'apertura su delle stanze e una porta.
Come tenerife entrò nella stanza sentirono un "click" ma non trovarono traccia di meccanismi nel pavimento. Quel che videro fu invece una vecchia scritta in elfico sulla parete a nord in mezzo a 2 mani: una sorreggeva un pugnale, l'altra una torcia. La scritta diceva:
"Se mi cerchi non mi vedi, mi trovi solo al calar del sole, ma anche se non sai dove sono, molti hanno paura di me. Chi sono?". (La risposta era "L'oscurità".)
Notarono che una buona parte del pavimento era come "vuota" sotto i loro piedi, così si legarono fra di loro. Quando Kyras scoprì che le 2 mani erano leve, le tirò contemporaneamente facendo scattare assieme 2 meccanismi: uno fece aprire una porta segreta proprio sotto la scritta, l'altro fece scattare la trappola e il pavimento cedette, ferendo il chierico. Dalla nicchia recuperarono 2 pugnali d'argento e un portapergamene in argento, con dentro 3 pergamene.
Qualcuno provò a raggiungere la stanza adiacente, dove c'erano vecchie fontane che raffiguravano divinità elfiche neutrali del passato, ma visto che l'operazione risultò abbastanza rischiosa, si concentrarono sull'altra stanza a sud. Qui trovarono una porta con una serratura particolare. Convennero che non si poteva aprire senza una chiave.
Così passarono al lato est della fortezza. Entrati dalla porta si trovarono in un'armeria, dove ogni oggetto risultava però inutilizzabile. Nell'apertura a sud trovarono quelle che erano le stanze adibite agli abitanti della fortezza ed in fondo al corridoio una porta con incisa sopra un'altra frase in elfico che sovrastava una specie di simbolo a forma di clessidra
"Può camminare ma non vivere, volare ma non planare, può uccidere e può mutare, ma non può far del male" (La risposta era "Il tempo".)
Girarono la clessidra e una porta girevole si parì rivelando un laboratorio alchemico in disuso. Notarono però un baule in un angolo a sud e subito l'alchimista vi si avvicinò. Incautamente, e preso dall'eccitazione, lo aprì facendo scattare un getto di acido che lo ferì. Al suo interno diverse pozioni (8 cura ferite leggere, 4 ristorare inferiore), diversi sacchetti con varie polveri, 4 fiale con diversi elisir e una scatola di argento intarsiata d'oro in stile elfico che conservava una chiave particolare.
Uscirono dalla stanza per andare ad esaminare il corridoio di nordest. Il ranger scoprì una porta segreta che portava ad una fucina. Anche qui un baule contenente diverse armi perfette e tutte in stile elfico antico che si erano conservate splendidamente a differenza di tutte le altre della fortezza.
Gli elfi e qualcun altro le presero, altri invece agitati dall'ammonimento dell'iscrizione di non prendere e toccare niente non se la sentirono, anzi decisero di riportare a posto anche le altre cose rinvenute. Ma quando arrivarono nel laboratorio alchemico trovarono la porta chiusa, come se fosse stata "a tempo".
Proseguirono con la volontà di utilizzare la chiave per aprire la porta chiusa a ovest e così facendo si trovarono in una stanza vuota che introduceva ad un corridoio buio. Al suo ingresso un'altra iscrizione elfica:
"Solo il penitente potrà passare".
Si infilarono tutti carponi nel corridoio quando ad un certo punto, nell'oscurità, sentirono un rollio e un meccanismo che si attivava ed enormi lame taglienti roteargli sopra la testa. Rimasero illesi arrivando al termine del corridoio, trovandosi davanti la statua di una divinità elfica neutrale. Sotto di essa ancora un'iscrizione:
"La parola di Dio: solo sulle orme di Dio egli potrà procedere".
E qui si apriva una stanza con un pavimento fatto di blocchi di marmo con incise delle lettere, al termine della quale c'erano 2 scale (una che scendeva e una che saliva).
Alcuni si ricordarono che la divinità elfica neutrale era NETHYS, così procedettero sui blocchi che formavano quel nome, arrivando incolumi alle 2 scale.
Ovviamente quella che saliva (al pari delle altre che avevano trovato) era pericolosa ed instabile e portava ai torrioni pericolanti
L'altra rampa di scalini scendeva a spirale attorno a quella che doveva essere una grande sala circolare. Per qualche tempo si udì soltanto il rumore smorzato dei loro piedi sul pavimento coperto di polvere, ed ebbero di nuovo l’impressione di essere osservati. La sensazione era assai più forte, questa volta, più precisa. L’entità che abitava nel castello era vicina.

IL GIARDINO INTERNO


Giunti in fondo alla scala, scorsero un cortile illuminato da una luce diffusa, simile a quella di una giornata coperta. Come notarono subito, le ombre erano bruscamente scomparse, e così l’odore di muffa e di aria stagnante. Sul pavimento del cortile sotterraneo non si scorgeva traccia di polvere.
In mezzo al cortile c’era un giardino.
Era ancora visibile il vialetto che gli girava attorno, pavimentato di pietre e piastrelle smaltate i cui colori parevano vibrare, tanto splendevano. Il giardino era di forma rettangolare. Nella parte più esterna c’erano soprattutto fiori multicolori, di una varietà che non avevano mai visto, mentre la zona centrale era occupata da un boschetto di alberi alti e sottili, dal tronco curiosamente maculato e dalle foglie verdi e lucide, talmente coperti di rampicanti da costituire un unico, indissolubile intreccio. Un giardino!
Quasi senza pensare, scesero gli ultimi scalini e si avviarono verso il giardino.
“Ricordate!La visione diceva che la Pietra è difesa. Forse la sua difesa è questo giardino, o qualcuno che vive al suo interno.” furono le parole che vennero loro in mente.
Alzarono gli occhi verso l’intreccio di rami e liane, cercando di scoprire la natura del pericolo che percepivano. Le foglie si agitarono per in istante, come mosse dal vento, ma non ci furono altri movimenti. Gli alberi alti e sottili, le liane, le foglie verdi e lucide, il terreno su cui crescevano. Tutto taceva, immobile.
Iniziarono lentamente, con cautela, a esaminare il perimetro del giardino. Il vialetto lastricato era ampio e senza ostacoli, per cui erano in grado di guardarsi ai fianchi e alle spalle. Il giardino era largo più di un centinaio di passi e lungo trenta o poco più, e il suo aspetto non cambiava, da qualsiasi lato lo si guardasse: gli stessi fiori ai bordi, alberi e liane al centro. Non c’erano sentieri, non si scorgevano altre forme divita. E non si vedeva la Pietra Nera.
Kyras e Kurt dissero: “Deve essere in qualche punto di quel labirinto di giungla”.

giovedì 12 giugno 2014

CINGHIALO ZETOLOZO....

http://youtu.be/XAS7hGI9TLk


Dopo aver controllato accuratamente i corpi dei banditi uccisi e recuperato quanto serviva (equipaggiamento, statuetta e prove della loro uccisione), assieme gli eroi decisero di continuare ad esplorare quel settore e possibilmente trovare il grosso cinghiale.
Seguendo le tracce di Sventratore gli esploratori arrivarono alla sua tana, ricavata dai rami caduti di un grosso pino, che creavano una specie di grotta.
Avendo trovato tracce fresche decisero di tendergli un'imboscata, salendo sugli alberi dopo essersi sporcati con terriccio e fango dei dintorni per rendere più difficile la possibilità di farsi fiutare dalla bestia.
Appena arrivò David cercò invano di charmarlo, così partì una pioggia di frecce e quadrelli che ferirono ripetutamente l'animale facendolo fuggire.
Mentre Kastaghir esaminava l'interno della tana (trovando un anello d'argento) e Syrio andava a recuperare i cavalli, gli altri si misero sulle tracce dell'animale ferito, seguendole per un pò.... Ma non potevano immaginare che Sventratore nel frattempo aveva già fatto un largo giro tornando alla sua tana dall'altra parte.
Se ne accorse Kastaghir che avvisò immediatamente gli altri mentre fuggiva a gambe levate!
Ramiel e Walker presero nuovamente posizione sugli alberi, mentre purtroppo David non ne ebbe il tempo e così dovette incassare la carica di Sventratore, con un impatto così forte che lo fece volare letteralmente via, lasciandolo solo e morente sul terreno.
Ramiel e Walker si calarono precipitosamente dai loro sicuri rifugi per andare a soccorrere lo gnomo, ma entrambi si ferirono nella discesa.
Ciò fu fatale al mezzelfo, che incassò la seconda terribile carica del cinghiale venendo travolto e colpito in pieno restando ingloriosamente ucciso sul colpo.
Walker non potè far altro che cercare di vendicare i compagni caduti e spinto dall'istinto di sopravvivenza si lanciò sull'animale con la sua ascia nanica sferrando un tremendo colpo che fece barcollare l'animale.
Questi cercò quindi di allontanarsi, ma non prima di aver replicato l'attacco sul nano, che però con incredibile maestria riuscì miracolosamente a schivare il colpo.
Raccogliendo le ultime forze e spinto dall'adrenalina il ranger con due mani fece roteare nuovamente la sua ascia, ponendo definitivamente termine alla vita del grosso animale.
Subito il ranger ed il chierico si precipitarono sui compagni caduti, riuscendo a stabilizzare le ferite di David. Mentre purtroppo per Ramiel non c'era più nulla da fare, se non riportare il suo corpo da Oleg per una degna sepoltura e recuperare il suo equipaggiamento.
Le Terre di Confine ora apparivano ancora più pericolose e spietate di quanto non fossero mai sembrate.

venerdì 6 giugno 2014

Lontan sui monti fumidi e gelati, in antri fondi, oscuri e desolati.....


Kinsom: “Formazioni di monti, in particolare, con due cime che assomigliano a dita alzate, ne avrò viste dieci o dodici.
”
Lupus: “Adesso ricordo! Almeno, mi sembra. La mia memoria non è davvero molto buona. Le due cime gemelle che formano una V sono chiamate Le Pinze, un terzo passaggio verso le Pianure di Hoare. Nei monti a nord del Worl Run, dove la massa è più impenetrabile. Ma non c’è alcun passo, da quelle parti, che io ricordi. Però ricordo quella forma zione. Sì, adesso la ricordo!”



8° GIORNO: SALITA ALLA PRIMA CATENA DI MONTI E RICORDO DE “ LE PINZE”


Una volta che a Lupus fu tornata alla memoria il nome della catena montuosa, la compagnia ripartì all’alba, diretta a nord verso il Worl Run.
Preia Starle era tornata durante la notte riferendo che non c’era traccia di inseguitori nelle vicinanze. Gli Hobgoblin li stavano ancora cercando, ma avrebbero avuto difficoltà a trovarli su quelle montagne, dove le tracce tendevano a scomparire in mezzo alle pietraie e ai passaggi tortuosi. Con un po’ di fortuna, non sarebbero stati scoperti finché non avessero trovato ciò che cercavano. Cavalcarono verso nord per il resto della giornata senza scorgere gli inseguitori, procedendo lungo una serie di profonde vallate che serpeggiavano fino al passo del Worl Run. Quella notte si accamparono su un alto pianoro da cui si scorgevano il passo e le valli che portavano al Sarandanon: erano ormai vicini alla formazione a V soprannominata “Le Pinze”.



9° GIORNO: FINALMENTE “ LE PINZE”

Ripartirono all’alba e verso mezzogiorno arrivarono alle Pinze. Le riconobbero subito, basandosi sulla descrizione di Tay Trefenwyd. Le cime formavano una netta V sull’orizzonte, e tra l’una e l’altra si stendeva un ammasso di cime più basse, consumate dal tempo e dalle intemperie e quasi del tutto spoglie, a parte qualche macchia di abeti e di ontani e qualche pascolo coperto d’erbae fiori selvatici. Al di là della formazione, in mezzo alla spaccatura della V, si scorgeva una parete che la nebbia rendeva irriconoscibile.
Cacciarono per procurarsi il cibo (Lupus sorprese tutti con la sua abilità).
Azael si fermò ai piedi del passo che portava alle cime gemelle e smontò di sella. La giornata era chiara e luminosa, le nubi gravide di pioggia si erano spostate più a est, in direzione del Sarandanon. Sentivano sulla faccia i raggi del sole, caldi e rassicuranti, mentre guardavano il grande ammasso di rupi e pietraie chiedendosi quali segreti nascondesse.
“Lasceremo i cavalli qui” si accordarono Preia e Azael “e proseguiremo a piedi.”
Sorrisero nel vedere l’espressione degli altri “In qualsiasi caso, non potremmo fare ancora molta strada a cavallo. Dovremmo lasciarli nel passo, visibili ai nostri inseguitori. Lasciandoli adesso, invece, possiamo nasconderli in mezzo agli alberi. Può darsi che dobbiamo fuggire di corsa, prima che tuttosia finito.”
Si accense un dibattito quando proposero che Lupus restasse con gli animali, ma gli fecero notare che c’era il rischio di dover cambiare nascondiglio se gli Hobgoblin si fossero avvicinati troppo, e che forse chi rimaneva doveva poi portar loro i cavalli, in caso di attacco.
 Con riluttanza, annuì, prese le redini degli animali e si allontanò dal passo lungo il sentiero tra le rocce che portava alla spaccatura tra le due Pinze.

Ora li aspettava una arrampicata sulle rocce per il resto della giornata.
 La compagnia era stanca di essere inseguita, di dover correre e nascondersi, di dover sfuggire alle imboscate, di perdere il sonno e delle lunghe ore di viaggio. Da più di una settimana non mangiavano regolarmente perché non erano loro giunti i previsti rifornimenti, ed erano stati costretti a nutrirsi di ciò che riuscivano a cacciare durante la fuga. Ed ora la strada si faceva in salita.
Dovettero superare una serie di pareti scoscese. Già nella prima (la meno impegnativa) Azael e Kyras scivolarono ferendosi, tanto che furono poi penalizzati anche nelle successive arrampicate (e lì capirono per quale motivo Preia e Obann avevano lasciato le armature sui cavalli).
La salita continuò faticosamente e dovettero pure fare a meno del rampino di Kinsom che andò perso quando Azael (nonostante avesse preso una pozione transmutagena) scivolò nuovamente perdendolo. Al tramonto giunsero all’imboccatura del passo esausti e si accamparono in un rado boschetto di ontani. Era freddo, lassù, ma non tanto. La roccia pareva conservare il calore della giornata, forse perché di lì si scendeva in una valle che si stendeva da est a ovest. Mangiato qualche boccone, ma ancora con una buona riserva d’acqua, si avvolsero nelle coperte e dormirono senza essere disturbati, stremati per la dura giornata.


10° GIORNO: IL SENTIERO TRA LE ROCCE FINO AL MASSICCIO SIMILE A DITA DI UNA MANO

All’alba si rimisero in marcia. Il sole illuminava il loro cammino sollevando lunghi pennacchi di nebbia.
 Preia Starle li precedeva, esplorando il terreno a qualche centinaio di passi dal gruppo e avvertendoli degli ostacoli e dei sentieri praticabili. Quando uscirono dalla valle e si lasciarono alle spalle le due cime gemelle, si trovarono bloccati da un massiccio che pareva formato di grandi strati di roccia frantumati e raccolti dalle mani di un gigante. Ancora più avanti si levava la Catena di Confine: le sue cime spezzate, unite a casaccio dalle stesse mani di gigante in base a un criterio incomprensibile, parevano attendere che qualcuno venisse a rimetterle in ordine.
Azael e Kinsom trovarono a sinistra, ai piedi del massiccio, dopo quasi un miglio, un sentiero che saliva in mezzo alle rocce.

Si arrampicarono sulle rocce, evitando i crepacci che si aprivano improvvisi davanti a loro e cadevano a perpendicolo nell’ombra, tenendosi lontani dal ciglio dei precipizi e dalle salite ripide, perchè chi scivolava era perduto!.

In cima al massiccio trovarono una stretta gola serpeggiante, a malapena distinguibile dal terreno circostante, che scendeva verso una nuova parete di roccia. La percorsero con cautela, preceduti da Preia che passava agilmente dalle macchie di luce a quelle d’ombra, e un attimo era visibile e l’attimo successivo spariva. Quando la raggiunsero, era ferma all’uscita della gola e fissava i monti davanti a lei. Si voltò verso i compagni, e la sua eccitazione era perfettamente visibile. Indicò dinanzi a sé, e il gruppo scorse i pinnacoli di roccia che s’innalzavano ad angoli assurdi, circondati alla base da un’ampia distesa di rocce sgretolate dal tempo. Simili a dita strette insieme, serrate a formare un’unica massa. 
Era il riferimento cercato, la parete di roccia che nascondeva al suo interno un castello dimenticato che custodiva la Pietra Nera.
Ma Kyras e Kinsom non poterono gioire con lei restando scioccati quando videro un puma che si stava gettando su di lei. Cercarono di avvisarla urlandole un avvertimento, ma l'elfa non fece in tempo ad evitare il leone di montagna che l'assaliva. Il puma le fu addosso avvinghiandola e i due ruzzolarono pericolosamente vicino al crepaccio. Preia era riuscita a sfoderare il coltello e colpiva ripetutamente il felino mentre Kinsom e gli altri correvano in suo aiuto. Ad un certo momento Preia, pur gravemente ferita, era riuscita a liberarsi, ma purtroppo sia Obann che Kinsom non riuscirono a colpire il Puma. Solo Azael lo ferì scagliando la sua lancia corta. Ma il puma, inferocito, si gettò nuovamente su Preia, straziandone le carni con zanne e unghie. In una disperata carica Obann si gettò nuovamente sulla bestia ferendola, ma il colpo la sbilanciò. Così l'animale precipitò nel crepaccio, portandosi dietro il corpo esanime di Preia, perdendosi nell'ombra.
Obann e Azael furono profondamente scossi da quanto accaduto, soprattutto l'elfo che rimase in preda al panico per il resto della giornata e della nottata.
Ma tutti fecero fatica a dormire quella notte...

11° GIORNO: RICERCA INFRUTTUOSA DEL PASSAGGIO: CRESCE L’IRRITAZIONE
A quel punto si trovarono in grave difficoltà. Bisognava trovare il passaggio tra le rocce che permettesse di accedere al castello ed avevano perso il loro cercatore migliore. Nella massa di rocce, macigni e lastre di pietra si scorgevano decine di aperture, che però non portavano da nessuna parte.
 Lentamente, con scrupolo, esplorarono ogni passaggio, per trovare ogni volta una parete di roccia o un crepaccio che impediva di proseguire. La ricerca proseguì pe tutto il giorno, ma non trovarono nulla.
 L’irritazione crebbe. Aver fatto tanta strada, a un costo così elevato, e trovarsi bloccati era insopportabile. Avevano la fastidiosa impressione che rimanesse poco tempo, che il pericolo si stesse avvicinando da est, con gli Hobgoblin che proseguivano la ricerca; la speranza perdeva attrattiva e subentrava la delusione.

12° GIORNO: INGRESSO ALLA “FAUCE MAGNA”

Anche se l’area era un vasto dedalo ne avevano setacciato gran parte e tutti avevano l’impressione che il castello doveva essere nascosto in qualche modo che non avevano preso in considerazione.

Kyras si alzò prima dell’alba e andò a guardare le grandi rocce frastagliate: un po’ per la frustrazione e un po’ perché sentiva il bisogno di studiarle in una condizione diversa dalle precedenti. Si sedette sotto un’alta rupe affacciata verso ovest e osservò le rocce illuminarsi progressivamente a causa della luce che giungeva da dietro le sue spalle, il grigio della notte trasformarsi nell’argento e nell’oro del nuovo giorno. Guardò i raggi scendere lungo il fianco dei monti e delle rupi come una macchia di vernice su un pannello di legno, facendo risaltare ogni particolare di ogni monte.
E a quel punto vide gli uccelli.

Erano grandi, spigolosi, bianchi: uccelli marini, a molte miglia dal più vicino corso d’acqua, e uscivano da una spaccatura della roccia, parecchie decine di braccia al di sopra della sua testa. Gli uccelli comparvero tutti insieme, almeno quindici o venti, e si allontanarono verso est, incontro al nuovo giorno. Che cosa ci facevano, si chiese subito Azael, tanti uccelli di mare fra quei monti brulli?

Impiegarono alcune ore per raggiungere la spaccatura da cui erano usciti gli uccelli. Non c’era un percorso diretto e il sentiero che furono costretti a seguire si snodava faticosamente sulla parete di roccia, costringendoli a innumerevoli giravolte oltre che a prestare la massima attenzione a dove mettevano i piedi.
Kinsom, che morta Preia ora guidava la salita, arrivò per primo e sparì all’interno della montagna.
 Quando gli altri furono arrivati alla piccola sporgenza di roccia davanti all’apertura, il ranger era già di ritorno con la notizia che esisteva un passaggio.
Entrarono uno alla volta.
 Poco dopo le pareti del passaggio cominciarono a stringersi, il calore del sole lasciò il posto all’ombra e all’umidità, la luce svanì. Presto anche la volta cominciò ad abbassarsi e la poca luce rimasta era quella che penetrava dalle fessure che si aprivano nella roccia ogni pochi passi.
  I loro occhi si abituarono al buio e cominciarono a scoprire piume bianche, rametti e fili d’erba probabilmente trasportati dagli uccelli che volevano farsi il nido; i nidi stessi, naturalmente, dovevano trovarsi più avanti, dove c’era più luce e aria. Proseguirono.
 Dopo qualche tempo, la galleria si abbassò ulteriormente e tutti furono costretti a chinare la testa. Poi incontrarono una biforcazione.

Kinsom disse loro di aspettare e si diresse a destra.
 Tornò dopo parecchi minuti e indicò ai compagni l’altro passaggio. Nel frattempo, in mezzo alle piume degli uccelli, Azael trovò una Piuma Incantata (uccello).
Dopo un breve tratto, la volta si alzò e tutti poterono riprendere a camminare normalmente.

 Davanti a loro, apparve la luce: l’uscita era vicina. Dopo una cinquantina di passi si trovarono all’aperto, in riva a un ampio lago. La sua presenza era così inattesa che tutti si fermarono a guardarsi attorno. Erano in un ampio cratere, e la superficie del lago era assolutamente immobile: non si scorgeva la minima onda. In alto, il cielo era del tutto privo di nuvole e la luce del sole riscaldava l’interno del cratere.



Le acque del lago riflettevano in tutti i particolari le pareti di roccia che le circondavano.


Kinsom osservò le pareti del cratere e scorse i nidi degli uccelli, nascosti tra le rocce. Nessun uccello era visibile. Entro la barriera di montagne e sulla piatta superficie del lago, nulla si muoveva: il silenzio era assoluto e fragile come vetro.

Avanzarono lungo la riva del lago. Il terreno era composto di frammenti di roccia e di grosse lastre di pietra, e lo scricchiolio dei loro stivali echeggiava sinistro nel silenzio: Kyras percepì che in quel luogo era attiva una potente magia, antica come il tempo e altrettanto radicata. Proteggeva il cratere e il suo contenuto.


Proseguirono lungo la sponda del lago, senza scorgere segni di vita e senza vedere altro che rocce e acqua. Il sole era salito al di sopra dei monti e splendeva a picco su di loro, bruciante in mezzo al cielo turchino. Non potevano alzare gli occhi senza rimanere abbagliati, ed erano costretti a guardare in terra. Fu allora, con l’avvicinarsi del mezzogiorno, che Kyras notò l’ombra.
 Si era allontanato dalla riva ed era salito sulle rocce, per poter osservare la sponda opposta senza essere abbagliato dal riflesso del sole sull’acqua. Nel guardarsi attorno alla ricerca del punto d’osservazione più adatto, notò il modo in cui il sole proiettava l’ombra di una sporgenza rocciosa, attraverso tutto il lago, fino alla parete di fronte, a parecchie centinaia di passi da lui. L’ombra copriva tutta una striscia verticale di parete fino a una stretta apertura e lì si fermava. Qualcosa, al di sopra dell’apertura, attirò il suo sguardo.
Vi si recarono immediatamente.
Ciò che trovarono, scolpita nella roccia, era un’iscrizione.
Q ualche minuto più tardi, tutti guardavano in silenzio le parole incise in alto nella roccia. La scritta era antichissima, indecifrabile. I caratteri erano quelli degli Elfi, ma le parole erano sconosciute. La scritta, poi, era talmente consumata da risultare quasi illeggibile.

“QUESTA E’ LA FAUCE MAGNA. NOI VIVIAMO ANCORA. NON TOCCATE NULLA. NON RUBATE NULLA. LE NOSTRE RADICI SONO PROFONDE E ROBUSTE. ATTENTI!”
Sotto di essa un’apertura buia. 
Dopo alcuni passi, l’apertura si allargò fino a divenire un corridoio, alto più di un uomo e largo a sufficienza perché vi si potesse camminare affiancati. Da questo si passava a una rampa di scale che scendeva verso un buio talmente fitto che non si riusciva a vedere dove portasse.


Scesi i primi scalini, Kinsom, che conosceva bene i dungeon, si mosse a tastoni e sentì sotto le dita, sulla parete, una piastra di metallo. Quando la toccò, la piastra s’illuminò di una pallida luce fredda e giallastra.
 Il ranger fissò con sorpresa la piastra. La luce rivelò un’altra piastra, a qualche scalino di distanza, proprio ai margini della zona illuminata. Kinsom la raggiunse, vi posò la mano e anch’essa s’illuminò. Ora non restava che proseguire.