lunedì 26 agosto 2019

Martelli da Guerra rivive!

Dopo le varie sessioni finite a discutere con Lele e Teo sui limiti (ormai stranoti) di D&D/Pathfinder, ho trovato questo interessantissimo articolo di qualche anno fa niente popò di meno che dalla Torre Nera di Forlì, che mi ha stuzzicato fantasie mai sopite...

Bentornati  a tutti quanti a questo spazio dedicato ai giochi di ruolo. Oggi vi parlerò di Martelli da Guerra, o Warhammer (a seconda delle edizioni), pietra miliare di questo hobby, che la Fantasy Flight Games, attuale detentrice dei diritti, dopo un lungo periodo privo di uscite (più precisamente dal 2012) ha deciso di chiudere definitivamente la collana. Prima di arrivare a parlare di come questo titolo è arrivato a capolinea, e se ci è arrivato realmente, vorrei presentarvelo un po’, sia nella sostanza, sia nelle sue evoluzioni.

Le origini
Martelli da Guerra (titolo originale: Warhammer Fantasy Roleplay) uscì nell’ormai lontano 1986 edito dalla Games Workshop, basandosi sull’omonimo wargame. Questo gioco si distinse molto nel panorama ludico dell’epoca sia  per l’ambientazione che per le meccaniche. Infatti il settore all’epoca era dominato da Dungeons & Dragons, con le sue atmosfere ispirate al fantasy epico di stampo tolkeniano legato alla mitologia nordica ed un sistema di meccaniche molto astratto, mentre questo nuovo titolo proponeva un approccio più cupo ed in certa misura più realistico (sempre considerando il contesto fantastico). La Games Workshop proponeva un mondo molto simile alla nostra Europa rinascimentale, che rispetto al fantasy più classico (in ambito ludico) risultava più violenta, più cruda e più “sporca” (metaforicamente e non). Le meccaniche poi andavano a supportare appieno questa idea, infatti la mortalità dei combattimenti era straordinaria, soprattutto paragonandola a quella di D&D.

Ambientazione
Come già detto i parallelismi fra il nostro mondo e quello di Warhammer sono innumerevoli, almeno nell’era in cui si svolgono le avventure. Il Vecchio Mondo è composto da un insieme di nazioni che sono un rimando diretto, e spesso palese, a quelle europee: l’Impero (la Germania, o meglio il Sacro Romano Impero), la Bretonnia (la Francia), la Tilea (la nostra Italia, all’epoca delle signorie) e altri ancora. In tutto questo gli elementi fantasy sono portati dalla presenza di antiche razze non umane, come gli elfi e i nani, un tempo signori del mondo ma ora avviati ad un ineluttabile declino, dalla magia, divisa in otto venti, ognuno dei quali rappresenta un diverso aspetto del suo spettro (quella viola la morte, quella brillante il fuoco, quella giada la natura, ecc.) e dal Caos, una forza entropica che cerca di penetrare in ogni modo nel mondo. Al centro di tutto ciò si trova l’Impero, fondato da Sigmar, divenuto poi sua divinità patrona, e ora il più potente fra i domini degli uomini, ma  sotto la continua minaccia all’esterno di orde di orchi a est e di armate caotiche a nord  e all’interno di guerre civili per il potere e di trame di cultisti devoti ad oscure divinità. È in queste circostanze che si svolgono le imprese dei giocatori, e grazie a queste particolari situazioni sono possibili avventure “classiche” (l’esplorazione del tipico sotterraneo alla ricerca di mostri e tesori) ma anche più innovative, come ad esempio sventare una congiura ad alto livello portata avanti dai seguaci una setta blasfema [la "Campagna Imperiale" è tutt'oggi annoverata come una delle campagne più belle mai scritte per un gdr fantasy - ndr].

Meccaniche
Le meccaniche di Martelli da Guerra erano molto diverse da quelle di D&D, in molti aspetti. Per esempio, lo sviluppo dei personaggi, che all’epoca veniva considerato la chiave di volta di volta del GDR invece di essere astratto in “livelli” e generiche “classi” era organizzato in professioni, base e avanzate, a seconda di un’ipotetica valutazione di potere (l’acchiappatopi è una carriera base, il tiratore scelto è avanzata), civili o più da avventuriero (ad un estremo il mendicante o il mastro artigiano, all’altro il mercenario e il cacciatore di streghe, solo per dare un’idea), ed in numero ragguardevole, solo letteralmente centinaia (circa 300, se la memoria non mi inganna).
Il sistema in sé è piuttosto semplice, si tratta, con un dado a 100, di lanciare sotto la caratteristica interessata (solo le caratteristiche sono testate, le abilità forniscono dei bonus nei momenti adeguati). Lo stesso principio è usato anche per il combattimento di cui l’aspetto più particolare è la straordinaria mortalità; per esempio un guerriero esperto e ben protetto potrebbe tranquillamente essere ridotto a più miti consigli da una singola freccia scagliata da un misero brigante con solo un arco e tanta (ma veramente tanta) fortuna. D’altro canto un episodio del genere è solo improbabile, ma non impossibile, i colpi di fortuna esistono. In D&D, per continuare il raffronto di prima, tale evenienza era del tutto impossibile fino al 2000, con la terza edizione, dove, anche se solo in una regola opzionale, la possibilità di morte improvvisa in combattimento era presa in considerazione, seppur in maniera remota (con un’incidenza di circa 1 su 10000 …). Vorrei anche ricordare i temuti e sanguinolenti colpi critici, che davano l’impressione di essere usciti direttamente da un film slasher, e contribuivano a dare un certo colore.

Storia recente e sviluppi futuri
Il gioco venne localizzato in Italia nel 1994 per opera della Nexus, e nei dieci anni successivi (circa) vengono pubblicati un buon numero di supplementi tra cui la campagna imperiale (divisa in più volumi), il compendium,  un paio di manuali geografici su due importanti città dell’impero, lo schermo dell’arbitro e “I Reami della Stregoneria”, il necessario approfondimento sulla magia.
Nel 2005 venne pubblicata la seconda edizione, ad opera della Black Industries e dalla Green Ronin, che aggiornò la storia fino al punto incui era arrivato il wargame in quel periodo, la Tempesta del Caos, e portò una serie di modifiche al sistema che non lo sconvolgevano ma risolvevano una serie di problemi come: il bilanciamento delle razze; il bilanciamento di alcune professioni, in particolare base; un miglior uso dei punti fato, dei “jolly” da giocarsi nelle situazione più disperate; un più razionale uso delle armi e delle armature; un sistema di gestione della magia completamente nuovo, più dinamico e in grado di rappresentare meglio il funzionamento della magia.
Nel 2006, se la memoria non mi inganna la Nexus localizzò anche questa versione. Vengono pubblicati un gran numero di guide per le varie nazioni del Vecchio Mondo (tra cui purtroppo non si può annoverare la Tilea), un’altra campagna, una serie di avventure indipendenti e alcuni supplementi per aggiungere opzioni di gioco un po’ in tutti i campi. Credo che tutti i titoli siano stati tradotti, ma essendo ora fuori catalogo non ho modo di accertarmene; sono abbastanza sicuro che il numero di prodotti localizzati sia piuttosto consistente.
Nel 2008 la Fantasy Flight Games pubblicò la terza edizione, stravolgendo completamente il gioco, almeno a livello di meccaniche.
Non posso dire che queste funzionino male, ma la casa produttrice scelse un approccio poco “felice”,  impostando il gioco in maniera che potrebbe sembrare simile ad un gioco da tavolo cioè con un numero spropositato di segnalini, dadi speciali, carte atte a rappresentare le abilità dei personaggi. Tutto ciò creò tre grossi problemi: i giocatori di vecchia data non ci si ritrovavano più; un gran numero di problemi logistici (più spazio per giocare, le difficoltà di tenere il materiale di gioco, che era aumentato il maniera esponenziale passando da una scheda e un massimo di tre dadi necessari, a la scheda, i segnalini, le carte abilità, i talenti … troppi da elencare); il quantitativo di materiale fece levitare non poco il costo dei materiali, infatti la scatola base si poteva trovare in Italia ad una cifra che oscillava fra i 90 e i 100 euro, e le innumerevoli espansioni erano egualmente costose, a partire da 30 ad arrivare fino 50 euro, senza contare le espansioni print&play (che secondo me sono un vero furto, visto i prezzi e i contenuti offerti).  Nel 2014 viene comunicato ufficialmente che non ci saranno nuove uscite, Warhammer si era ufficialmente fermato.

Conclusioni
Non posso dare dei voti o dei pareri troppo oggettivi, questa non è una recensione in senso stretto e ho personalmente un debole per Martelli da Guerra (ricordo piuttosto bene quel grosso libro verde, il mio secondo gioco di ruolo mainstream, dopo il vecchio D&D), ma cercherò di darvi suggerimento e qualche dritta su dove si possano trovare.
La prima edizione ha il fascino dell’età, pagine di carta non patinata (la mia edizione addirittura sembra carta invecchiata), disegni d’altri tempi ma che non hanno perso il loro fascino e l’ambientazione non contaminata dalle tendenze del wargame. Per quel che riguarda la reperibilità i manuali sono abbastanza facili da trovare anche in semplici librerie online a prezzi accessibili.
La seconda è graficamente più accattivante, come si conviene ad un gioco della sua epoca, e delle meccaniche più rifinite, ma paga il fatto di essere troppo legato a situazioni che non gli competono direttamente e che alterano gli equilibri dell’ambientazione; una cosa è affrontare la minaccia di un’apocalisse incombente, un’altra è trovarcisi in mezzo, questo limita molto le possibilità per la creazione di trame. Questa edizione è più difficile da trovare, ma un negozio specializzato molto ben fornito potrebbe averne in giacenza, inoltre in inglese è disponibile in PDF tramite drivethrurpg.com.
La terza edizione è quella con le meccaniche più interessanti, ma a causa di tutti i motivi citati sopra non mi sento di raccomandarla, se non agli appassionati più sfegatati. Io stesso non lo avrei acquistato, se non fosse stato per un’offerta straordinaria. Rimediare questo materiale è piuttosto semplice, la Fantasy Flight Games lo distribuisce ancora, quindi i negozi specializzati dovrebbero essere in grado di procurarlo, ma è sempre e comunque disponibile il formato elettronico tramite drivethurpg.com.
Personalmente l’ultima volta che ho giocato ho combinato l’ambientazione della prima e le regole della seconda, per ottenere un prodotto finito più adeguato ai miei gusti.

PS: l'articolo è vecchiotto e intanto è uscita la rinata 4^ edizioni, che ha già riscosso diverse critiche più che favoreli; ma per una sua recensione ci sarà tempo per un altro post!

venerdì 23 agosto 2019

The Joker Presents...XXXIV: ZOMBICIDE - BLACK PLAGUE

 

Ed ecco che poco prima di Natale arriva la scatola base di questo spin-off della gallina dalle uova d'oro Zombicide, a conferma che il vecchio vestito di rosso esiste eccome. La CMON decide a un certo punto che tre stagioni di Zombicide, con annessi stretch goals e addons sono più che sufficienti e che per continuare a mungere la vacca occorre qualcosa di veramente nuovo e sconvolgente. Ad esempio Zombicide ambientato in un mondo fantasy-medievale. E noi maledetti nerd ci caschiamo con tutti e due i piedi, io per primo. :) Per 1-6 giocatori, 60-150 minuti di durata, a seconda dello scenario, bassa difficoltà e adatto anche ai neofiti, Zombicide è uno skirmish in puro stile ameritrash, basato su mappa modulare, punti azione, tiro dadi, pesca carte e poteri variabili.  

MATERIALI La scatola base è zeppa di roba di prima qualità. Quelli della Cmon in questo non sbagliano quasi mai. Le miniature mi paiono più dettagliate rispetto alle vecchie, specie per quel che riguarda gli eroi. Il sistema di basette colorate intercambiabili molto pratico. I vassoi di plastica consentono di alloggiare le miniature una per una, seguendo una comoda legenda sul bordo della scatola (per la verità io li ho tolti subito, sennò ci si mette un'ora a mettere a posto). Anche le plance di cartone sono decisamente più rigide rispetto a quelle della prima edizione di Zombicide, che erano più morbide, sottili e tendevano a imbarcarsi. Spettacolari i tray di plastica per alloggiare la scheda personaggio e le carte: tengono tutto il tavolo molto “pulito”, oltre a fare bella figura esteticamente. Unica cosa, il cursore è un po' rigido e va usato con una certa grazia per non rischiare di romperlo. Iconograficamente è tutto molto chiaro, a parte forse i segnalini porta che ho trovato un po' scomodi e poco ispirati. Il gioco è dipendente dalla lingua e si consiglia quindi agli anglofobi di attendere l'edizione Asterion. Insomma, massimi livelli, da questo punto di vista.

AMBIENTAZIONE Un mondo fantasy viene sconvolto dalla malattia creata da una cabala necromantica: la Piaga Nera. Questo terribile morbo magico fa resuscitare i cadaveri dei morti, asservendoli alla volontà senza scrupoli dei necromanti che li utilizzano per edificare il loro regno di terrore. Un manipolo di eroi si erge a difensore dell'umanità (anche dell'elfità, della nanità, dell'orchità...) e tenta di fermare l'orda nonmorta e risalire alle origini del male per fermarlo. L'ambientazione è complessivamente ben resa dai trafiletti all'inizio di ogni missione, ma in fondo non ci si spreca più di tanto: Z:BP è un gioco d'azione, immediato, senza troppi pensieri e questo emerge anche dalle missioni.

REGOLAMENTO Complessivamente ben scritto, ricco di esempi, con qualche punto che poteva essere chiarito meglio ma nulla di proibitivo. Può sembrare lungo, se guardate le pagine, ma è scritto grosso e con tante figure: Z:BP si spiega davvero in cinque minuti. IL GIOCO Ogni missione (ce ne sono dieci) descrive quali plance usare, come disporle e quale sia lo scopo. Di solito occorre raggiungere uno specifico punto-obiettivo sulla mappa, recuperare qualcosa o uccidere qualcuno. Il tabellone è diviso in zone che servono per il movimento: strada, in varie sezioni, e stanze degli edifici. I sopravvissuti hanno tre azioni a testa a turno, a livello base, tra cui: - muoversi di una zona - attaccare in mischia o a distanza - cercare un oggetto in una stanza - cambiare/scambiare equipaggiamenti - interagire con un particolare oggetto/obiettivo di scenario - fare rumore. Le azioni, a parte cercare, possono essere anche ripetute. Ognuno ha poi 3 punti vita, due slot per le armi, uno per l'armatura e cinque nello zaino. Le armi indicano quanti dadi tirare e il risultato da ottenere per colpire. Inoltre possono essere armi rumorose. Il rumore è importante perché è quello che attira gli zombi, in mancanza di linea di vista. Quando è infatti il turno degli zombi, questi si spostano verso i personaggi in vista o, in mancanza, verso la zona più rumorosa del tabellone, considerando che anche ogni singolo personaggio conta come un punto rumore. Gli zombi sono di quattro tipi: - Walker: si muovono lenti e hanno 1 solo punto vita. - Runner: si muovono veloci e hanno 1 punto vita. - Fatty: si muovono lenti ma hanno 2 punti vita. - Abomination: si muove lento ma ha 3 punti vita e quando attacca ignora l'armatura. Nel combattimento in mischia basta tirare i dadi dell'arma e applicare quelli a segno al nemico che si vuole. A distanza, invece, c'è un ordine di priorità dei bersagli, che tende ad eliminare prima i walker e proteggere più di tutti runner e necromanti. Inoltre a distanza, i colpi mancati vanno a finire sui propri compagni, se questi hanno la malaugurata idea di trovarsi nella stessa area degli zombi bersagliati. Gli zombi colpiscono invece automaticamente, ma è possibile evitare le ferite tramite lo scudo o l'armatura. Ad esempio una armatura 4+ consente di evitare ogni colpo tirando 4 o più sul d6. Ultima cosa da menzionare: il sistema di punti esperienza (PE). Ogni personaggio parte con una abilità iniziale. Man mano che uccide zombi o trova oggetti inerenti alla missione, acquisisce PE, che segna tramite il cursore del tray in plastica. Superate certe soglie, il personaggio acquista nuove abilità che lo rendono molto più competitivo... ma questo purtroppo aumenta anche il numero di zombi sul tabellone, che arrivano sempre in relazione al personaggio più forte. È quindi importante cercare di progredire tutti assieme per non svantaggiare troppo qualcuno... a meno che non vogliate usarlo come vittima sacrificale. La partita prosegue alternando l'attivazione di tutti i sopravvissuti con quella degli zombi, fino al conseguimento dell'obiettivo di scenario o alla morte di tutti i personaggi.

PRINCIPALI DIFFERENZE CON ZOMBICIDE Al di là dei materiali: - Il tiro è stato rifinito e reso più coerente e ora “solo” i colpi mancati vanno sui propri alleati. Non è comunque poco, perciò state attenti a sparacchiare a caso. - Ogni sopravvissuto ha 3 punti vita e i colpi degli zombi non tolgono più equipaggiamento (meccanica che francamente odiavo). - È possibile parare i colpi degli zombi con una armatura o uno scudo (di solito al 4+ o 5+). Se si hanno entrambi, è possibile ripetere i tiri. - La Cabala necromantica. I necromanti sono un nuovo tipo di unità nemica. In questa scatola base ce n'è uno solo, ma altri venivano forniti col resto del pledge, ciascuno con una abilità speciale. Un necromante, quando viene pescato dal mazzo, porta con sé anche una nuova zona di spawn. Il suo compito è uscire dal tabellone dalla zona di spawn più vicina (che non sia la sua o una della stessa zona della sua). Se riesce, rende permanente la sua nuova spawn, aumentando l'infezione; se lo uccidete prima, potete rimuovere dal tabellone un segnalino spawn, ovunque desideriate. La cabala inserisce anche una nuova condizione di sconfitta: se un necromante scappa dal tabellone con già sei spawn attivi, gli zombi vincono la partita. - Ovviamente non ci sono auto su cui salire ;)  

CONSIDERAZIONI: IL BELLO Il corpo di regole è stato reso un po' più omogeneo e coerente, rispetto al vecchio gioco. Qualche limatura qua e là, un piccolo inserimento, una modifica ed ecco che Z:BP è effettivamente la versione 2.0 di Zombicide, senza perdere nulla in feeling e flusso di gioco. Il gameplay che ne risulta è rapido e intuitivo, coinvolgente e sufficientemente ambientato. Certamente Zombicide non è un gioco simulativo, ma nemmeno vuole esserlo: punta sull'interpretazione e sull'azione. Il nuovo contesto fantasy-medievale è forse meno famoso e meno classico di quello moderno, ma rende ugualmente molto bene e presenta margini di espansione decisamente superiori al predecessore, se alla CMON sapranno coglierli. Per la verità questo primo Kickstarter ha un po' deluso in termini di stretch goals, con una infinità di personaggi alternativi, qualche necromante, abominio, ma poca fantasia e poco coraggio in generale. Non si può dar loro torto in termini di vendite, vista l'enorme cifra raccolta, ma col binomio nonmorti+fantasy, se si danno da fare possono davvero fare di tutto. E io non mi aspetto di meno. Il sistema di crescita dei personaggi è sempre lo stesso, sicuramente molto gratificante per tre motivi: è rapido, già all'interno della stessa partita; consente delle personalizzazioni, anche se piccole; è efficace, perché si sente subito la differenza. Insomma Z:BP ha tutto quello che serve per essere un gioco positivamente ruffiano: rapido da imparare, rapido da giocare, avventuroso, teso, con i personaggi che spaccano. In quest'ottica, assolve perfettamente alla sua funzione.

CONSIDERAZIONI: IL BRUTTO Qualche bruttura nei materiali, come le porte o quegli inguardabili segnalini obiettivo con le X. Specie se collegati alle introduzioni delle missioni che sono abbastanza banali e che spesso ti dicono di recuperare semplicemente un “qualcosa” contrassegnato con quelle benedette X. Ecco, va bene contare sui giocatori, ma un po' di fantasia in più per dare “storia” agli scenari potevano mettercela. Il difetto più grande, per me, è che ancora non ci sia la possibilità di collegare più scenari per fare una campagna vera e propria, con conseguenze che da uno si ripercuotano sul successivo, anche a livello di storia. Certamente i sistemi casalinghi si possono pensare e facilmente implementare (collegare gli scenari a bivi, portare gli oggetti trovati, salire di livello più lentamente, ecc.), però in questo la CMON si è dimostrata un po' pigra. Ancora, una cosa che ho sempre mal sopportato e che denota trascuratezza nel design: la falsa scalabilità. Ci sono sempre sei personaggi in gioco, indipendentemente dai giocatori. Questo comporta spesso il tenerne più di uno e ciò si ripercuote a due livelli: immedesimazione e gameplay. L'immedesimazione e, di conseguenza, l'ambientazione è maggiormente sentita se io ho il mio personaggio esclusivo e unico con cui identificarmi. Se ne ho due o tre da manovrare, questo senso identitario viene meno. A livello di gameplay, avere più di un personaggio facilita le cose. Perché un conto è tenerne uno con gli oggetti migliori, mentre l'altro diventa sacrificabile, anzi spesso sacrificato per attirare l'orda lontano dal personaggio “buono”; ben diverso è se di personaggio ne hai uno solo e qualcuno deve sacrificarsi per il gruppo e magari aspettare poi mezzora la fine dello scenario senza far nulla. Collegata al precedente punto c'è la possibile eliminazione giocatore. Lo spawn degli zombi di Z:BP è abbastanza imprevedibile, grazie alle carte doppio spawn, e questo può portare – per fortuna raramente – a una morte prematura. Se si manovra un unico personaggio e c'è ancora più di mezzora di partita, può essere un problema. Infine – ma questo è un problema più di scatola base che del gioco – dopo qualche partita si sente la mancanza di nuovi personaggi, oggetti, nemici e necromanti. Gli oggetti Vault (i più potenti) sono solo due e tendono a potenziare soprattutto mago e arciere, dato che sono i due che li sfruttano meglio e questo penalizza un po' gli altri quattro in gioco. Anche i necromanti specializzati, i diversi abomini e soprattutto l'espansione Wulfsburg doneranno nuova linfa a nemici che altrimenti risultano abbastanza piatti dopo poche partite. Insomma, si aspetta la varietà che verrà con l'invio del resto del materiale.  

CONCLUSIONE Zombicide: Black Plague è in definitiva la versione riveduta e corretta di Zombicide. Considerando quanto ha incassato la Stagione 1, immagino anche per questo spin-off un considerevole contorno di espansioni. Il mondo dei nonmorti fantasy offre un vastissimo arsenale: dal fantasma al ghoul, dal ghast al lich, dal gigante d'ossa al drago nonmorto.Ma rimanendo col sangue freddo e qualche consiglio: - Chi ha già Zombicide, può trovare in questo sufficienti elementi di differenza per comprarlo? La risposta è no. Il gameplay è bene o male quello, con poche variazioni. Non troverete un gioco diverso. - Chi non ha mai provato Zombicide quale dovrebbe prendere? Questo, senza dubbio. Pur essendo molto simile al vecchio, ha quelle piccole rifiniture, sia materiali che meccaniche, che me lo fanno preferire. - Chi detesta Zombicide, si ricrederà con Black Plague? Assolutamente no, perciò risparmiate soldi e fatica. Questo ovviamente a livello di meccaniche, poi è chiaro che se amate particolarmente questa ambientazione, potete tranquillamente recuperare questo Z:BP anche se avete già quello contemporaneo. Come il padre, Z:BP è dedicato a chi ama i giochi leggeri, con una buona ambientazione, senza troppi fronzoli nelle regole e nelle meccaniche, in perfetto stile american, con il “drama” al centro del gameplay.

Tratto da: https://www.goblins.net/recensioni/zombicide-black-plague Copyright © La Tana dei Goblin

venerdì 16 agosto 2019

Cap. 3.8 - ASSALTO AL CASTELLO - capitolo 2

OVVERO 20-20-20

Finalmente la squadra di avventurieri ha potuto affrontare in campo aperto le forze malvagie di Agai, l'autonominatosi capo degli Spriggan. Lo scontro, brutale ma rapido, si è svolto alle porte del forte, dove i banditi in agguato stavano aspettando che gli eroi uscissero dalla torre. Ma ancora una volta, le trovate del gruppo hanno evitato il terribile tiro di balestra di Agai: il barbaro infatti è uscito dalla porta principale della torre coperto da una porta divelta, mentre l'astuto druido lo copriva ulteriormente con nebbia, mentre sul lato ovest, Walker e Kastaghir avanzavano oltre la staccionata. La battaglia fra Walker e Got, lo spriggan col terribile mazzapicchio, si è risolto rapidamente col primo tiro micidiale del ranger, che ha steso subito l'avversario, mentre sul lato est il barbaro impegnava in combattimento lo stesso Agai, lo sciamano e l'ultimo scagnozzo spriggan. Il ranger ha avuto tempo così di avvicinarsi nonostante la nebbia, e mentre il chierico curava tutto il gruppo, Walker ha sferrato altri due colpi micidiali contro Agai e il suo fido sciamano. La battaglia era conclusa, il bottino si poteva cercare.....ma la sorte di Forte Varn era ancor avvolta nel mistero!!

lunedì 12 agosto 2019

Alba dei Re per PC...!!!



Gli RPG classici, alla maniera di D&D, con i loro enormi libri di regole, hanno raggiunto un'età veneranda. 44 anni, per la precisione, sono passati dalla prima edizione di D&D del compianto Gary Gigax e Dave Arneson. D&D ha fatto scuola, non c'è nemmeno bisogno di dirlo, e uno dei titoli più recenti che sono andati proprio a lezione da D&D è Pathfinder.
Nato nel 2009 con il design di Jason Bulmahn, Pathfinder non si discosta molto da D&D tanto che i maligni lo hanno soprannominato "D&D 3.75" (visto che si ispira alla versione 3.5 del gioco di Giygax). Dove Pathfinder si distingue è soprattutto nella caratterizzazione delle singole classi che ora sono più ricche sul lato delle opzioni di crescita e nelle abilità.
Il successo di Pathfinder è stato indiscutibile, arrivando addirittura a vendere più copie di D&D dal 2011 al 2014. Alla luce di tutto questo era abbastanza prevedibile che, prima o poi, arrivasse un port videoludico e infatti eccoci qua: OwlCat Games e l'ormai leggendario Chris Avellone hanno portato al pubblico dei CRPG una trasposizione abbastanza classica di Pathfinder.
'Classico' è, per l'appunto, un aggettivo che useremo frequentemente in questa recensione visto che chi conosce la serie di titoli che hanno usato l'engine Infinity (nato con Baldur's Gate dalle menti dei developer Bioware) si troverà perfettamente a suo agio in Pathfinder: Kingmaker.

La visuale è isometrica, i combattimenti in tempo reale, con opzione pausa, e il sistema di combattimento è quello classico D&D. Oltre a questo ci sono le schermate che abbiamo imparato a conoscere da tempo: mappa, personaggio, inventario, diario, bestiario. I dialoghi con gli NPC sono a scelte multiple con alcune delle opzioni dipendenti da tiri di dado su certe abilità dei personaggi. Insomma, tutto è come ci si aspetta da un RPG classico (per l'appunto) a fine 2018 sul pianeta Terra (ehm).
Prima di iniziare l'avventura, come di consueto, si costruisce il proprio personaggio e l'entusiasmo, in questa fase, è decisamente alto per gli appassionati del genere RPG. Pathfinder: Kingmaker è infatti una riproduzione estremamente fedele del gioco 'pen and paper' e la sola esplorazione dei vari archetipi di personaggi è pura gioia. Le opzioni sono pressoché infinite e ricche di sfumature e personalità. Vi perderete nei suoi meandri e troverete sicuramente diverse configurazioni di vostro interesse. 
Poi sarà la volta di inizare l'avventura e, anche qui, Pathfinder: Kingmaker utilizza la ricetta consueta. La storia viene spesso raccontata anche tramite pagine illustrate di un libro, ma il grosso del lavoro di introduzione lo fanno sequenze scriptate in-game in cui i vostri personaggi interagiscono con eventi e NPC. È d'obbligo notare che l'intera introduzione è gameplay...gli eventi si sviluppano e ne siete direttamente protagonisti. Le vicende narrate nell'introduzione hanno il pregio di mettervi subito al centro dell'azione e di fungere da tutorial. Al termine del prologo inizia l'avventura vera e propria con un party di personaggi al seguito.

Il sistema di gioco prevede una enorme mappa strategica della zona in cui vi trovate. All'inizio la 'fog of war' avvolge tutte le locazioni e sta a voi esplorare muovendovi proprio su questa mappa; quando si entra in una locazione specifica la visuale passa a quella isometrica classica. Rispetto ad altri titoli simili (la serie Pillars of Eternity ad esempio) Pathfinder: Kingmaker introduce un limite di tempo nella missioni.
Questo è abbastanza frustrante perché le distanze da coprire sulla mappa sono sempre enormi e il vostro gruppo deve riposarsi a cibarsi con una precisa regolarità (pena pesanti malus in varie stat). Le side quest si accumulano nel modo classico (l'avevo detto che avremmo usato questo aggettivo spesso...), parlando con gli NPC e sbloccando i diversi step durante le missioni.
Ma tornando alla navigazione sulla mappa strategica va detto che gli incontri casuali abbondano, è possibile tentare di evitarli, ma il più delle volte dovrete combattere. Niente di male, visto che i problemi di balancing che il titolo aveva alla release sono stati risolti con diverse patch.
Graficamente siamo su buoni livelli con animazioni efficienti (ma non superlative) e una buona art direction che riesce a dare un minimo di personalità all'universo di gioco. Ho scritto 'un minimo' perché Pathfinder: Kingmaker, e qui iniziamo con i problemi, è decisamente formulaico, ovvero ha il vizio di percorrere fedelmente TUTTI gli stilemi del genere, non solo a livello di meccaniche, ma anche a livello di narrativa e di progressione. Non c'è letteralmente nulla che mi abbia fatto sollevare un sopracciglio per la sorpresa in Pathfinder: Kingmaker. Gli scenari esterni sono poco originali, come anche gli interminabili, e noiosi, dungeon.
A livello sonoro Pathfinder: Kingmaker offre invece una buona colonna sonora (anche questa definibile 'classica' visti gli strumenti e i tipi di melodie) e un ottimo parlato recitato da professionisti. Gli scontri soffrono dello stesso problema di scarsa originalità a cui abbiamo accennato. Combattimenti poco sfidanti (a livello normale) in cui possiamo tranquillamente tenere l'intero gruppo gestito dalla IA affiancati a pochi scontri (solitamente i boss delle quest) in cui è invece necessario fare un micromanaging preciso di azioni e uso delle abilità. Questi scontri impegnativi sono in effetti molto interessanti visto che è necessario studiare l'avversario ed elaborare una strategia di buffing e debuffing per uscirne vincenti. Peccato che si arriva a questi scontri dopo interminabili viaggi in cui si affrontano orde di nemici inutili, poco interessanti e che vi scaricano la consueta quantità ridicolmente elevata di loot altrettanto inutile.
Ma anche il movimento sulla mappa strategica è lungo e inutilmente noioso. Pathfinder: Kingmaker sembra più deciso a darci una simulazione di avventura fantasy che un RPG divertente e coinvolgente: i momenti morti sono troppi e troppo frequenti.

C'è però un momento in cui Pathfinder: Kingmaker sembra cambiare marcia, ovvero quando si ottiene un territorio da amministrare come signore locale. Qui il gioco si fa decisamente più frenetico perché, oltre alle solite scorribande che guiderete personalmente, dovreste gestire letteralmente una marea di problemi e sfruttare le occasioni per migliorare i vostri possedimenti.
Il controllo affidato al giocatore è pressoché totale; potrete costruire diversi edifici nei vari paesi (così come fondare cittadine nuove di zecca), incaricare consiglieri e decidere direttamente come affrontare le minacce man mano che queste si materializzano. Il tutto si concretizza nel decidere quali personaggi (quelli del vostro party o gli NPC) si occuperanno delle varie questioni e sarà poi questione di passare il classico check del dado per conoscere i risultati, oppure andare di persona, con il party, a risolvere la faccenda nel modo classico (spesso menando le mani).
Un libro illustrato interverrà a presentarvi gli eventi della trama e offrirvi anche alcune scelte relative alle azioni da intraprendere.
Avrete anche la possibilità di espandere i vostri possedimenti, e con questi i relativi bonus ottenuti. Va poi anche aggiunto che esiste la possibilità di gestire il proprio territorio in automatico, ma così facendo si perderà l'accesso alle quest uniche e ai relativi loot.
La sensazione di essere un signorotto medievale alle prese con questioni spinose che vengono portate al vostro cospetto c'è tutta, ed è francamente una bella novità che aggiunge molto a un RPG che rischiava, altrimenti, di essere troppo allineato con la formula classica. Va però notato che questa parte del gameplay viene introdotta piuttosto tardi nell'avventura; noi l'abbiamo incontrata dopo dodici (12) ore di gioco! Forse un po' troppo per un titolo che non brilla di originalità nelle sue prime ore di gioco...

In ulltimo vanno segnalati diversi problemi sul lato dei bug. Abbiamo infatti incontrato diversi crash, quest buggate e strani punteggi nelle statistiche dei personaggi. Il gioco viene patchato regolarmente ma rimane la sensazione che il livello di polish sia comunque inadeguato per un titolo di queste ambizioni. In definitiva Pathfinder: Kingmaker è una 'mixed bag'. Si tratta di un RPG estremamente competente ed efficiente che svolge perfettamente 'il compitino' del genere arricchendolo della profondità dei personaggi del sistema di regole Pathfinder e di una interessante parte gestionale.
Gli incontri con gli NPC seguono lo schema classico a risposte multiple; le scelte influiscono direttamente sull'umore del gruppo e sulla coerenza in relazione al vostro allineamento morale.
Tuttavia il divertimento soffre di scelte di design troppo punitivo sul lato del tempo dedicato a funzioni noiose (viaggiare, riposare, eliminare orde di nemici insulsi), di scarsa originalità in diversi aspetti e di una salva di bug potenzialmente molto frustranti.

lunedì 5 agosto 2019

Lego Ideas - Heroquest!!!


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Abbiamo parlato molte volte del sito Lego Ideas e di come grazie ad esso, gli utenti possono sottoporre i propri progetti originali e di come, dopo un processo di valutazione e revisione, questi possano concorrere a diventare set Lego ufficiali. Quest’oggi vi mostriamo un progetto alle prime fasi del percorso di valutazione che unisce la passione per i mattoncini Lego e l’amore per uno dei giochi in scatola fantasy più memorabili di sempre: HeroQuest.
HeroQuest è un gioco in scatola fantasy dal 1989 che ha animato i pomeriggi dei ragazzi all’inizio degli anni ’90. In questo gioco un gruppo di avventurieri deve esplorare un dungeon per completare alcune missioni. All’interno di questo vero e proprio labirinto, composto da cunicoli e stanze misteriose, si nascondono forze caotiche e malvagie pronte a contrastare gli avventurieri con orde di mostri. Agli eroi l’arduo compito di trionfare sconfiggendo le forze del male.
Il progetto Ideas HeroQuest realizzato dall’utente KingGloriousSquirrel ricrea nel dettaglio la prima edizione del gioco riuscendo a mantenersi sotto ai 3000 pezzi, limite di pezzi massimi concessi ai designer per le loro creazioni.
Questa versione Lego di HeroQuest si propone di aderire quanto più possibile all’estetica del gioco originale, riproducendo nel modo più fedele e dettagliato possibile i vari elementi di arredamento del gioco.
KingGloriousSquirrel ha utilizzato pezzi provenienti da diversi set e serie per trovare la combinazione che si adattasse meglio al design del gioco, infatti gli appassionati Lego più attenti avranno notato subito la presenza di pezzi provenienti dalla serie Ninjago, Harry Potter, Il Signore degli Anelli/Lo Hobbit, ecc…
Il prototipo Ideas di HeroQuest sarà caratterizzato dal un piano di gioco con una pianta prestabilita, composta da varie stanze a cui potranno essere aggiunti i muri per aumentare il fattore immersivo del gioco. Oltre al tabellone di gioco KingGloriousSquirrel ha progettato gli arredamenti, i mostri, le porte, i passaggi segreti e qualche trappola.
I personaggi giocabili ricalcheranno le classi originali di HeroQuest (barbaro, nano, mago e elfo), ma nella loro controparte Lego potranno indossare gli accessori che raccoglieranno durante la loro avventura.

Il progetto Lego Ideas HeroQuest è soltanto all’inizio del suo cammino (al momento ha raccolto poco più di 1.200 supporter), per passare allo stadio successivo dovrà infatti raccogliere almeno 10.000 preferenze tra gli utenti registrati della piattaforma. Raggiunto tale traguardo sarà sottoposto ad una prima revisione da parte del team Ideas, che sceglierà solo i migliori prototipi per la final review, in cui verrà deciso quale progetto diventerà un vero e proprio set Lego ufficiale. Se il progetto HeroQuest vi è piaciuto potete sostenerlo sul portale Lego Ideas a questo link.