venerdì 25 ottobre 2013

Casa dolce casa


Il primo raggio di sole fece capolino nella stanza trovandolo ancora a letto.
Con una smorfia indolente si voltò dalla parte opposta alla finestra stringendosi ancor più nelle coperte al fine di trovare riparo all’incedere del nuovo giorno ma, come consapevole dell’inutilità di quel gesto,sorrise leggermente e con gli occhi ancora chiusi allentò la presa sulle lenzuola e iniziò a riprendersi dal torpore del sonno. Nuovamente supino, si portò le mani al volto per stropicciare con insistenza gli occhi e la prima cosa che vide furono le travi del soffitto. Con un lungo sbadiglio stirò le braccia dietro la testa e intrecciandola dita l’una con l’altra le portò sotto la nuca.
Nel silenzio ovattato della stanza si soffermò ad osservare la strenua resistenza della penombra notturna all’inesorabile avanzata della luce, finché quest’ultima investì il treppiede del lavabo e il luccichio del metallo attirò la sua attenzione ricordandogli l’indeclinabile appuntamento mattutino. Un po’ controvoglia si alzò dal letto e trascinandosi fino al catino in ceramica, immerse le mani nell’acqua fredda. Un brivido lo percorse da capo a piedi, quando si lavò il viso e un gemito improvviso fu il saluto con cui accolse il nuovo giorno.
Non aveva ancora finito di asciugarsi, quando l’odore arrivò improvviso alle sue narici facendolo voltare di scatto verso la porta della camera e sollevare il volto dall’asciugamano. Inspirando profondamente si affidò al suo olfatto acuto e subito un sorriso di soddisfazione si allargò sul suo viso…il profumo di pane caldo appena sfornato non poteva essere confuso in nessun modo! Non indugiò ulteriormente, non ne aveva più motivo.
Si vestì in gran fretta e uscì dalla stanza pronto a discendere al piano terreno; ma non appena giunse alla rampa delle scale, udì la sua risata e l’inconfondibile timbro della sua voce. Con passo felpato scese, uno ad uno, tutti i gradini e appoggiandosi con la schiena al bancone, si fermò a fissare le due sagome sedute al tavolo d’angolo vicino alla finestra.
“Non credi che sia troppo presto per iniziare a tormentare di già il povero Salem, Enola?!?… E’ proprio vero che un bardo camperebbe solo di leggende e racconti!”: disse, addentando una pagnotta calda.
“Buongiorno a te, Luznelfo! Dormito bene immagino?!?”: disse Enola Gay appoggiandosi allo schienale della sedia e sorridendo i ritorno all’amico. “E comunque io e Salem stiamo solo facendo due chiacchere di cortesia mentre ci gustiamo la nostra colazione!”
“Non cambierai mai”: commentò Luznelfo e, aperta la porta, uscì dalla locanda scuotendo la testa con gli occhi al cielo.
L’aria fresca di autunno lo investì in pieno e i colori caldi della foresta inondarono il suo sguardo.
– Enola ha ragione – si disse – ho dormito davvero bene stanotte…il modo giusto per iniziare la giornata…e proprio oggi che bisogna cominciare i preparativi per la festa di fine estate! –
Allargò le braccia, chiuse gli occhi e inspirò a pieni polmoni…

Da Firichal si sentiva davvero a casa!

giovedì 24 ottobre 2013

La decisione è presa


Il primo raggio di sole fece capolino attraverso la fessura lasciata dalle due persiane accostate e, solcando il pavimento in legno della camera, si fermò sulla sua gamba. Il calore sulla pelle lo fece trasalire costringendolo a riprendersi dai suoi pensieri. D’istinto si portò una mano davanti al volto e, come se infastidito da quell'invadenza improvvisa, socchiuse gli occhi e aggrottò la fronte, pronto ad accogliere l’incedere del nuovo giorno… un altro…caldo…giorno…di fine estate.
Da tempo aveva deciso che al primo cambio di stagione sarebbe partito, e da giorni – che ormai avevano il sapore di mesi – aveva dovuto rimandare a causa di quest’estate che sembrava non volere finire mai. Per non parlare poi della grettezza e della noia che gli trasmetteva questa città: priva di stimoli e di interessi, tanto da spingerlo ad uscire sempre meno dalla sua stanza.
E pensare che non ci voleva nemmeno venire in questo “pollaio di campagna”! maledetto il giorno in cui si fece convincere da quei debosciati!
“Toc! Toc!”
Il bussare ala porte interruppe la sua invettiva facendolo voltare di scatto verso l’uscio…
“La sua colazione, Sir Alfar”.
Passandosi la mano sulla fronte per massaggiare le tempie, tornò a fissare il raggio di luce che ormai aveva raggiunto la cintola della veste. “Lasciala pure lì, fuori dalla porta”: disse.
“Come desidera, signore”: rispose la giovane voce della cameriera, subito accompagnata dal rumore dei passi che si affrettavano a ridiscendere al piano terra della locanda.
Si alzò e iniziò a passeggiare lungo la stanza ritornando inevitabilmente al groviglio dei suoi pensieri. Il ritmo regolare dei passi sul pavimento lo rapì dal silenzio, immergendolo nuovamente nelle sue riflessioni, finché voltandosi con le spalle alla porta, si fermò ad osservare la camera. Guardò lo scrittoio sommerso da pergamene e fogli su cui aveva annotato appunti, scritto incantesimi e abbozzato formule ancora da ultimare; poi la finestra, le cui persiane, ora, trattenevano a stento l’impeto del sole; il letto, ancora rifatto e con le lenzuola che chissà da quanto tempo non aveva più sgualcito; e infine la grande cassapanca ai piedi di quest’ultimo che custodiva i suoi abiti da viaggio…
D’improvviso realizzò che cosa bisognava fare…il momento era giunto…bisognava partire!
Non aveva ancora finita la frase, che già si era precipitato sullo scrittoio e le sue mani ordinavano freneticamente i diversi rotoli e gli appunti. Toccò, poi, agli altri effetti personali che, uno ad uno, trovarono facilmente il loro spazio nella borsa conservante; così come la coperta, il sacco a pelo e tutto il necessario per il viaggio, accuratamente riposti nello zaino; e infine lo sguardo cadde sul fagotto in fondo alla cassapanca.
Resistere era inutile…lo sapeva bene.
Così lo prese, si sedette sul letto e appoggiandolo sulle ginocchia, lo scartò. Il grigio chiaro delle rune brillò così tanto da fargli stringere gli occhi e distogliere lo sguardo. Delicatamente accarezzò il morbido tessuto e, come ogni volta, un brivido improvviso lo attraversò lungo la schiena e l’irresistibile desiderio di indossarla lo assalì.
A stento riuscì a resistere…non era questo il momento e neppure il posto adatti; ma presto il luogo e il tempo sarebbero stati maturi e tutto avrebbe assunto il proprio significato…anche i numerosi sogni – o visioni? – che orami in maniera continua affollavano le sue ore notturne e impiegavano tutte quelle diurne per essere compresi. Bisognava tornare al punto di partenza, da cui tutto aveva avuto origine…bisognava tornare a Sud!
Non restava che rintracciare il resto del gruppo…chiuse lo zaino e si fermò a fissare la parete…ma a che pro portarseli dietro?!?
I “Detreitem”!
Un manipolo di sei avventurieri, se così poteva definirli, a cui si era unito seguendo un volere davvero incomprensibile. Neppure si ricordava il nome di tutti…
Matrix, lo scout, buono più a rubare le galline da un pollaio che a fare altro; il mezzelfo mascherato e l’elfo mentalista, più adatti a fare il domatore di animali e il cartomante in un circo, piuttosto che dichiararsi usufruitori dell’Essenza; Allanon, l’animista; Maverick, il mezzo nano, di nome e di fatto; e infine Bullvaif, l’unico forse a meritare un po’ di considerazione, se non altro per le discrete qualità atletiche e di combattimento dimostrate durante i giochi, o più semplicemente perché anche lue r un Noldor.
La decisione fu semplice: si sarebbe portato con sé solo Bullvaif. Gli sarebbe stato utile come guardia del corpo e poi in due sarebbe stato più facile raggiungere il posto in cui dovevano andare. Che cosa avrebbero fatto gli altri non gli importava nulla: che seguissero pure le loro strade! Non nutriva nei loro confronti alcun tipo di affetto o simpatia e sinceramente non sapeva neppure che fine avessero fatto.  A pensarci bene non li considerava suoi compagni.
Compagni…
La parola riecheggiò nella sua mente come un colpo e subito il pensiero volò ai suoi veri compagni; e rivide i loro volti, uno ad uno: Alan McBerson, Enola Gay, Luznelfo, Wolfango e Lendar Diamondeyes. Per un attimo ritornò al tempo vissuto insieme e si scoprì a pensare che gli sarebbe piaciuto tanto poterli rivedere; ma il destino aveva tessuto trame ben diverse per loro, segnandone fin dalla nascita la via.
E lo stesso aveva fatto con la sua. Ora più che mai, ne era consapevole!
Aprì la porta e scavalcò il vassoio della colazione senza neppure guardarlo: doveva trovare Bullvaif. Dalle notizie in suo possesso, sapeva che era ancora in città e alloggiava in una locanda…si, ma quale? Si affrettò a scendere le scale…per fortuna Rolmarast era “un pollaio di campagna” e le sue locande si contavano sulle dita di una mano…
Non sarebbe stato difficile trovarlo!

martedì 15 ottobre 2013