venerdì 23 giugno 2017

FUOCHI FATUI a go go




Trovata e noleggiata un'agile barchetta da un altrattanto agile pescatore, per trovare il piccolo Tim gli avventurieri si sono spinti fino al centro del Lago Candela, dove su un'isoletta torreggiava una rocca decrepita.

Sbarcati sulla terraferma, i nostri hanno risalito il pendio che portava alla torre, facendosi strada a colpi di spada tra le fitte erbacce del terreno. Una volta arrivati all'antichissimo edificio (così è stato percepito), Uriel e Walker sono entrati da un pertugio all'interno, seguiti dal paladino e dal chierico: con sorpresa e dolore, sono stati subito attaccati con una scarica elettrica da una strana creatura semi-immateriale...UN FUOCO FATUO!



Riavutisi dallo shock, i nostri eroi sono partiti subito a menare fendenti; solo per scoprire amaramente che i fuochi (perchè nel frattempo ne è apparso un secondo), non erano per nulla facili da colpire! Solo qualche colpo di Walker e di Uriel hanno fatto centro, indebolendo le fiammelle, mentre Evian e Kastaghir hanno pensato provvidenzialmente a curare i compagni.


Un primo ripiegamento ha portato gli eroi ad uscire dalla torre per curarsi, inseguiti comunque dai fuochi che apparivano e scomparivano. Poi una nuova avanzata di Uriel, che appena spintosi all'interno, è stato nuovamente colpito da una gragnuola di colpi ed è quindi subito riuscito!
I coraggiosi compagni però, sono a loro volta entrati...e questa volta i fuochi erano spariti!
Gli eroi si sono guardati attorno per la prima volta in modo approfondito: che strano posto era quello?

Un'estate al lago

Kastaghir, Levian, Uriel e Walker (in rigoroso ordine alfabetico), decisero di passare l'estate ad amministrare il regno di Greenbow, e placare i malumori suscitati da Grigori. L'affabulatore si trovava ancora in prigione, e durante uno dei numerosi interrogatori sotto l'influsso di zona di verità, cedette ad una confessione interessante: dichiarò infatti di essere stato reclutato nella cittadina di Forte Drelev per seminare il dissenso nel loro regno. Forte Drelev era uno degli avamposti ad ovest, in cui il governo del Brevoy aveva mandato un altro gruppo di avventurieri per cercare di liberare la Cintura Verde. Dell'esito di quella missione però, non sapevano nulla...
Il misterioso viandante venne portato al confine ovest del regno, con la promessa di non presentarsi più sul territorio del regno pena la vita, non prima però di avere scritto e firmato una confessione pubblica che venne letta al popolo.
Kastaghir decise di lasciare il ruolo di barone a Levian e il gruppo di governanti sfruttarono le condizioni favorevoli della stagione estiva per costruire altre strutture nella loro capitale (mulino e ?).
Nonostante questo gli l'azione sovversiva di Grigori aveva lasciato qualche strascico, e il malumore nel regno, pur non essendo a livelli pericolosi, era rimasto. Per questo venne deciso di aumentare le festività, tenendo immediatamente una festa d'estate, ben sapendo che ci sarebbe voluto un po' di tempo per far tornare la loro reputazione ai massimi livelli.

L'occasione si presentò quando la signora Tannersen, una contadina che viveva poco distante dalla capitale, chiese aiuto agli eroi per ritrovare il figlio, scomparso da due giorni. Il piccolo Tig era un monello avvezzo ad allontanarsi da casa, alla ricerca di animali selvatici da addomesticare, ed era già capitato qualche volta che facesse morire di spavento la madre rimanendo una notte fuori, ma mai prima d'ora non si era fatto vivo per due notti, e la donna era convinta che gli fosse successo qualcosa.
Subito si misero alla ricerca di possibili indizi nei dintorni dell'abitazione dei Tannersen, ma di Tig nessuna traccia. Decisero quindi di spingersi verso sud, aldilà del fiume, dove avevano saputo che ogni tanto il bambino si recava per cercare le specie più "esotiche". Non trovando nessuna traccia, seguirono il sentiero che costeggiava il lago, in direzione della strega del lago, ma nemmeno lei aveva visto il bambino, né sentito notizie in merito.
Arrivarono alla conclusione che potesse essere finito nelle mani dell'eremita folle che abitava più a ovest, o della tribù dei lucertoloidi a sud. Durante il viaggio però, Kastaghir si ricordò che alcune agghiaccianti creature, i Fuochi Fatui, attiravano gli ignari viaggiatori in situazioni pericolose per poi nutrirsi della loro paura: subito pensarono all'isola in mezzo allo Stagno Candela e alle luci che avevano visto. Alcune dicerie sentite in paese avevano confermato la presenza di uno strano mostro in quel luogo che sembrava essere un punto di contatto tra il piano della realtà ed un piano più antico...
to be continued...

martedì 13 giugno 2017

Amarcord

Da un post di qualche anno fa sulla Tana dei Goblin dell'utente Aledrugo, che mi sembra adatto alla stagione!

L'afa di metà giugno riporta ricordi mai sopiti. I primi giorni delle vacanze scolastiche: le uscite al mare coi compagni di classe, le nottate spensierate. Tanto tempo anche per giocare. In un sondaggio passato in home page, a sorpresa L'Isola di Fuoco si piazzava seconda. Davanti a un Bora Bora o un Hawaii; i Goblin hanno quindi un cuore (oltre che ottima memoria)!  Praticamente una porta chiusa da decenni viene sfondata nei recessi della memoria. E la memoria una volta libera ti riporta tante cose.
Nella stanza (mai) dimenticata escono immagini. Gesti. Sensazioni. Cosa facevi ne L'Isola di Fuoco? Nei panni di un impavido -e perché no anche un po' avido- esploratore dovevi trovare e sottrarre un favoloso rubino. Facile a dirsi un po' meno a farsi: l'ira dell'Isola di Fuoco e altri esploratori pronti a tutto rendevano ardua l'impresa. La meccanica era decisamente semplice: tira dado, muovi, pesca carte e gioca carte.
Il bello, anzi il Bello, era -ed è anche ora- il tabellone tridimensionale! I ponti erano possibili trappole azionate dalle biglie-palle di fuoco e certi sentieri erano direttamente "sotto-tiro" delle biglie-palle di fuoco! Arrivare al rubino era una corsa emozionante ricca di colpi di scena. Appena preso però si era solo a metà dell'opera: la fuga poteva essere decisamente più difficoltosa! Senza dubbio all'epoca, specie per degli under 12 degli anni '80, era una gioia assoluta. La finzione narrativa ti portava ad essere un Indiana Jones inseguito da macigni infuocati. Solo un altro titolo era più evocativo, più filmico. Già, filmico. L'Isola di Fuoco era un set specifico a tutti gli effetti ma dalla stanza della memoria c'è posto per un altro intero universo.
Come dimenticare Heroquest? Notti intere a giocare le campagne fornite col gioco e poi continuare a giocare con le proprie campagne caratterizzate da una rigiocabilità praticamente infinita con il solo set base. Heroquest era senza dubbio un intero studio cinematografico con tanto di protagonisti carismatici, nemici comparse e villain di alto rango e ultimo ma non ultimo tanto di scenografia! In ogni studio cinematografico che si rispetti ovviamente c'era un regista: in Heroquest la regia era in mano al Narratore. Porte, corridoi, trappole, tesori, scenografia variabile -da tavoli, tombe, armadi, scrigni fino a caminetti-. Ancora orchi, goblin, fimir, zombie, scheletri, mummie, guerrieri del Caos, maghi del Caos e Gargoyle contro il Barbaro, il Nano, l'Elfo e il Mago. Incantesimi, equipaggiamento, pozioni. E la magia della regia del Narratore.
Tiravi il dado per muoverti ed esplorare: il dungeon si componeva un pezzo alla volta nella suspance di trovare porte, passaggi segreti o nuovi nemici! Cercavi tesori o trappole. Il combattimento era semplicissimo e un sistema di magie tanto semplice quanto godibile chiudeva il cerchio. L'unico limite delle Quest, una volta finita la campagna del set base, stava nella fantasia del regista, pardon, Narratore.
Una partita a Heroquest era quanto di più vicino al gioco di ruolo e al cinema riprodotto su tavolo. Senza pagine e pagine di regole astruse, senza complicazioni né set up estenuanti. Si partiva immersi nella storia subito, un po' come spingere play sul videoregistratore e gustarsi Conan il Barbaro o un film su D&D.

Giochi come L'Isola di Fuoco e Heroquest sopravviviono nella memoria dei giocatori da decenni: siamo oltre i vent'anni! Perché? Al di là dell'affetto per anni spensierati sono titoli che hanno qualcosa in più, qualcosa che resta. Hanno la magia di emozionare, catturare e immedesimare i giocatori. Sono messa in scena e narrazione. In un'unica parola "creazione". Almodovar disse "Il mestiere di regista è quello che più si avvicina a Dio". Personalmente concordo e mi permetto di dire con molto affetto che titoli come L'Isola di Fuoco e Heroquest sono fiction da tavolo. Non hanno meccaniche "eleganti" o algoritmi "sofisticati". Semplicemente toccano i cuori: per questo avvicinano a Dio.