giovedì 9 giugno 2011

La morsa del gelo


Il 2 di Uktar, di primo mattino, il gruppo si teltrasportò a Castel Vraath. Il tempo atmosferico, sebbene clemente, li stringeva nella morsa del freddo prossima allo zero. Da lì avevano intenzione di procedere grazie ai destrieri fantomatici di Tiff lungo il sentiero che conduceva al luogo in cui fino a qualche settimana prima viveva il gigante Warklegnaw. Da lì il percorso consentiva di proseguire solo a piedi: la vegetazione prossima allo stretto sentiero e lo strato di neve rendevano il cammino lento e faticoso.
Manion si era messo alla testa della spedizione cercando di sfruttare al meglio le sue conoscenze dei territori; il gruppo procedeva così il più spedito possibile.
Il primo giorno passò senza problemi: il bosco sembrava abitato solo da piccoli animali, ignari della guerra che aveva portato distruzione solo qualche chilometro più distante.
Il trucco della corda aveva consentito una notte calda e tranquilla, ma li aspettava una lunga giornata. Il paesaggio stava cambiando lentamente: la vegetazione ad alto fusto era via via scomparsa lasciando posto ad arbusti sparsi e ampie distese di neve. Trovare il sentiero era diventato difficile anche per l'esperto ranger, ed i compagni si rendevano conto che senza di lui si sarebbero trovati a vagare nel gelo senza meta, destinati al freddo abbraccio della morte.
Verso metà pomeriggio uno degli occhi indagatori di Tiff era tornato a riferire la presenza di una strana bestia vicino al sentiero. Il gruppo decise di proseguire cauto. A circa 18 metri dall'enorme animale questi si accorse della loro presenza e si gettò a capofitto verso i cinque. A pochi metri da loro spiccò inaspettatamente un salto per schiacciare col proprio corpo le sue prede. Solo un attacco congiunto consentì loro di liberarsene, consentendo la prosecuzione del cammino.
Anche la seconda notte nelle Montagne del Dragone Fumante passò tranquilla, sebbene il luogo si rivelava sempre più abitato da creature strane e sconosciute. Durante il giorno successivo infatti incapparono in un'altra bestia, ancora più grande della precedente: si trattava di una specie di grossa lucertola con dodici zampe, coperta di scaglie affilate che Tiff conosceva come Behir. A farne le spese per primo fu Manion che si trovò avvinghiato dalla stretta mortale del mostro: nemmeno la sua straordinaria forza di barbaro riuscì a sottrarlo dalla lotta e la bestia lo inghiottì prima che i compagni potessero fare qualunque cosa. Khoril passò al contrattacco, ma anche lui dovette subire la stessa sorte. Solo grazie alla magia il Behir venne sconfitto e i due guerrieri vennero tirati fuori dal putrido ventre del mostro.
Alla fine della giornata arrivarono ad uno stretto sentiero che costeggiava un'alta rupe inerpicandosi verso il cuore delle vette gelate.
Quando il sentiero serpeggiante lungo la costa del burrone svoltò l'angolo, subito si aprì alla vista dei cinque compagni una vista tanto maestosa quanto terrificante. Il sentiero conduceva ad un ponte naturale largo tre metri, per poi inerpicarsi fino allo strapiombo sull'altro versante di una grande e piatta sporgenza nella roccia.
Il paesaggio era dominato da una scultura di un drago a cinque teste scolpito nella roccia del precipizio. Il drago era davvero imponente, alto non meno di cinquanta metri e scolpito per sembrare come se fosse appollaiato sopra la grande sporgenza, e come se stesse per emergere dalla roccia viva. I cinque colli serpentini si inarcavano e poi si ripiegavano in avanti. Le teste si staccavano dallo strapiombo e ognuna sembrava guardare con cattive intenzioni chiunque osasse avvicinarsi. Manion e Khoril notarono che ogni testa raffigurava un drago cromatico diverso e tutte le fauci erano spalancate in un eterno ruggito.
Alla base del sentiero, sotto il ventro del drago, un enorme portale doppio in pietra era stato incastrato nel fianco della montagna. Ogni portone era largo circa un metro e ottanta e alto più di tre metri e mezzo. Il motivo del drago a cinque teste si ripeteva sulle porte, anche se questa volta soltanto i colli e le teste dei draghi spuntavano dall'intelaiatura del portale. Ognuna di queste teste era stata ricavata da un tipo diverso di pietra: ossidiana, alabastro, saponaria, malachite e marmo, in corrispondenza dei rispettivi colori delle teste.

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