Collegati agli articoli precedenti sulla progettazione, ma riguardanti un altro aspetto, ecco altri 3 articoli su quella che viene definita "agentività", sempre da Dietro lo schermo.
Agency, questa sconosciuta
I PG arrivano a un bivio con due strade. Ma il Diemme ha preparato un solo incontro, con un brutto e feroce ogre. Così ha una bella pensata: qualunque strada scelgano i PG, si troveranno ad affrontare quell’ogre. Fa bene? Fa male?
Pensateci un attimo, prima di andare avanti con la lettura.
Il Quantum Ogre
Forse avrete riconosciuto il dilemma iniziale: è noto nell’ambiente come il dilemma del Quantum Ogre, o con altri nomignoli analoghi. Certi Diemme amano parlare tra loro di “filosofia del gioco” e si sono inventati dei termini di questo tipo. Se ci tenete, una breve ricerca su Google vi rivelerà un sacco di discussioni sul Quantum Ogre o, più in generale, sul fatto di “riciclare” gli incontri inutilizzati facendoli “apparire” di nuovo in seguito sulla strada dei PG.
Qualcuno pensa che sia un trucco sleale: il Diemme dell’esempio ha predeterminato l’esito di una scelta dei giocatori, quindi li ha privati della loro agency, come si dice in gergo (questi studiosi di Diemmità usano un sacco di gergo).
Qualcun altro pensa che sia una normale questione di efficienza: in fondo è un peccato sprecare un incontro (o una scena, o un intero dungeon) faticosamente preparato; e un incontro vale l’altro, che male c’è?
Infine, qualcun altro ne fa una questione di percezione: va tutto bene solo finché i giocatori non si accorgono del trucco.
Ognuna di queste posizioni avrebbe le sue buone ragioni. Volete sapere come la penso io? Penso che siano tutte sbagliate, o meglio imprecise. Perché l’esempio iniziale, con la cosiddetta agency, c’entra poco o niente.
Agency (arbitrio):
un concetto essenziale
Per cominciare, agency è un termine inglese, ma un sinonimo italiano calzante è molto difficile da trovare. Forse arbitrio è quello che ci si avvicina di più. Se siete d’accordo usiamo questo. (In effetti anche se non siete d’accordo perché non ho modo di saperlo mentre scrivo.)
Nota: mi hanno poi segnalato sul forum “la Locanda” che la traduzione corretta sarebbe “agentività”; siccome la trovo una parola pesante ed ermetica per il lettore medio, mi concederò il lusso di andare avanti lo stesso con “arbitrio”.
Si tratta della consapevolezza, da parte del giocatore, di avere il controllo del proprio personaggio e di poter prendere delle decisioni rilevanti attraverso di esso.
È una cosa importante, perché uno degli aspetti fondamentali del gioco di ruolo è proprio fare delle scelte e affrontarne le conseguenze. Il giocatore deve sentire di avere questa possibilità. E un bravo Diemme deve permetterglielo.
Come si fa?
È abbastanza semplice: il Diemme deve accertarsi che esistano, in ogni avventura, degli spazi in cui i PG devono compiere scelte significative che abbiano delle conseguenze appropriate.
Chiariamoci bene in merito a questi due elementi.
Scelte significative
Scegliere tra opzioni sostanzialmente equivalenti (es. tra due sentieri identici, tra due porte identiche…) non è significativo, perché non ci sono ragioni specifiche alla base della scelta: si tratta di decidere a caso, alla cieca.
Per essere significativa, una scelta deve essere motivata e consapevole. Deve basarsi su delle premesse (= informazioni) che permettano ai giocatori di fare un ragionamento, soppesando i pro e i contro delle varie opzioni.
Non è detto che quelle informazioni debbano per forza essere complete e accurate; potrebbero dipendere anche dalle capacità dei PG. Ma non dovrebbero essere fuorvianti: ci ritorneremo tra poco.
Conseguenze appropriate
Qualunque sia la scelta dei giocatori, per dare una sensazione di arbitrio deve portare a delle conseguenze rilevanti nel mondo di gioco (spesso sui PG stessi, ma non è detto), e soprattutto coerenti con le premesse che sono state alla base della decisione.
In questo modo il giocatore si sente responsabile di ciò che è accaduto.
Difficile? Vediamo qualche esempio per chiarire le cose.
Qualche esempio
Nell’esempio con cui si apre l’articolo i PG possono scegliere di andare a destra o a sinistra. Tuttavia è una scelta alla cieca quindi, come si è detto, insignificante.
Pensiamo a un altro caso, che chiameremo scenario 1: i PG attraversano una sequenza di 10 stanze, una dopo l’altra. La prima volta che entrano in ciascuna stanza il DM lancia una moneta: se esce testa subiscono 10 danni, se esce croce trovano 50 monete d’oro.
Nessuna scelta, giusto? Un puro automatismo. Zero arbitrio. Che noia. Su questo saremo tutti d’accordo.
Bene, scenario 2: I PG sono in un corridoio su cui si affacciano 10 stanze. Possono esplorarle nell’ordine che vogliono. La prima volta che entrano in ciascuna stanza sentono una voce incorporea che chiede: “Testa o croce?”, e devono decidere. Il DM poi lancia la moneta, e se esce la faccia scelta dai PG essi trovano 50 mo, mentre se esce l’altra subiscono 10 danni.
Ora, apparentemente nello scenario 2 ci sono un sacco di scelte in più rispetto allo scenario 1: una scelta per ogni stanza, più l’ordine delle stanze. Ma è solo apparenza: in pratica, entrambi gli scenari sono una sequenza di 10 eventi, con 50% di probabilità di trovare soldi e 50% di probabilità di subire danni. Nessuna informazione alla base delle scelte. Nessun modo, per i PG, di influenzare seriamente l’esito.
Se, nello scenario 2, cinque stanze fossero dipinte di verde e cinque di rosso, e nelle verdi la moneta facesse sempre testa mentre nelle rosse sempre croce, ecco che un po’ di arbitrio comincerebbe a esserci: dopo un po’ i PG potrebbero intuire la regola e scegliere testa non a caso, ma perché la stanza è verde (scelta motivata e consapevole).
Torniamo all’esempio iniziale. Se sul sentiero di sinistra ci fossero tracce di ogre, e su quello di destra no, i PG potrebbero scegliere di andare a destra per evitare l’ogre (o a sinistra per affrontarlo): quella sarebbe una scelta significativa.
In genere, poi, le scelte più interessanti sono quelle in cui ogni opzione ha i suoi pro e i suoi contro. Magari, per esempio, il sentiero a destra presenta orme di lupi, o è allagato, o i PG sanno che è una via più lunga rispetto all’altra. Ecco che la scelta si fa meno banale.
Pensare al dopo
Non basta a garantire il diritto all’arbitrio: bisogna pensare anche alle conseguenze.
Mettiamo che a sinistra ci siano impronte di ogre e a destra di lupi. Se i PG vanno a sinistra e incontrano l’ogre, oppure se vanno a destra e incontrano i lupi, abbiamo delle conseguenze appropriate: coerenti con la premessa. Se invece vanno a destra e incontrano l’ogre lo stesso, ecco che la sensazione di arbitrio va a farsi friggere.
E se vanno a destra e incontrano un drago? Beh, siamo in una situazione un po’ al limite.
Gli incontri casuali ci stanno, nelle terre selvagge, e non è detto che ogni nemico lasci in bella mostra le sue tracce. Tuttavia, se il fatto di incontrarlo è una conseguenza dell’aver scelto la pista di destra, di sicuro è una conseguenza imprevista e poco appropriata ai fini dell’arbitrio.
Se il DM avesse voluto dare un senso di responsabilità maggiore ai giocatori avrebbe potuto far sì che i PG apprendessero, in precedenza, che nella zona viveva un drago e che gli ogre tendevano a evitare il suo territorio: a quel punto, il rapporto di causa-effetto tra la scelta e l’evento sarebbe sembrato più chiaro e “onesto”.
Ma quindi ogni scelta
dev’essere così?
Certo che no: le scelte alla cieca, quelle che abbiamo definito non significative, sono normali in un’avventura. In certi scenari, come i dungeon, sono addirittura la regola: un crocevia, un bivio, una stanza con più porte, eccetera. Il Diemme non è tenuto ad offrire, in tutti questi casi, le informazioni per fare una scelta ragionata.
Le scelte alla cieca non sono da abolire: semplicemente, non sono rilevanti ai fini del sentimento di arbitrio. E siccome quel sentimento è importantissimo per una buona esperienza di GdR, il Diemme deve includere anche delle scelte consapevoli; in particolare dovrebbero esserlo quelle davvero importanti per la storia.
Gli imprevisti accadono
(raramente)
Mettiamo che i PG vedano le impronte dell’ogre sul sentiero a sinistra, quindi prendano a destra, ma si ritrovino di fronte all’ogre lo stesso. Possibile? Certo.
Possono esserci varie spiegazioni: i due sentieri si ricongiungono, oppure l’ogre ha tagliato attraverso la foresta, oppure ci sono in giro due ogre. Se il DM vuole, troverà senz’altro un modo per giustificarsi.
Il punto è che gli imprevisti del genere, quelli che vanno in senso contrario alle premesse di una scelta significativa, sono leciti ma dovrebbero essere l’eccezione (rarissima), e non la regola.
Perché? Per evitare polemiche al tavolo di gioco? Macché. Beh, anche, ma c’è ben di più.
Il vero motivo è che altrimenti i giocatori si abitueranno a non fidarsi delle premesse e quindi, in pratica, ricominceranno a fare sempre scelte alla cieca.
Se io sono di fronte a un bivio, con orme di orchi sulla sinistra, ma per esperienza (in base ai fatti pregressi dell’avventura e/o al comportamento precedente del Diemme) stimo che ci sia più o meno un 50% di probabilità che gli orchi in realtà siano a destra, dico a me stesso che tanto vale decidere a caso, lanciando una moneta: tanto il risultato, statisticamente, sarà lo stesso, e almeno se le cose vanno male potrò dare la colpa alla moneta. E così, tanti saluti al senso di arbitrio.
Ci sono casi in cui il colpo di scena ci sta tutto: un’illusione, un falso indizio, un nemico astuto che inganna i PG. Ma è bene conservare questa opzione, appunto, per un raro colpo di scena, e mantenere per il resto la coerenza tra premesse e conseguenze. Oltretutto ne guadagnerà anche il colpo di scena stesso, che a quel punto sarà davvero imprevisto e quindi memorabile.
Per approfondire:
Questa buona discussione su StackExchange (in particolare questa risposta, che dovrebbe essere la più votata se non sbaglio) è molto eloquente nell’illustrare il concetto; solo, è in inglese. L’ho scoperta solo dopo aver scritto questo articolo, ma vedo con piacere che mi trova molto d’accordo.
Edit: ho poi scoperto anche questo articolo davvero ben fatto di DM David (in inglese pure quello), del 2016, che affronta proprio il punto dell’agency e del quantum ogre in modo argomentato, giungendo alle mie stesse conclusioni.
Edit 2: ho avviato un’intera nuova serie di articoli incentrata sull’agency, in cui approfondisco gli argomenti che avevo trattato qui. Enjoy!

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