lunedì 25 gennaio 2021

Grosso guaio a Chinatown

Dopo il bell'articolo linkato da Lele su WhatsApp, complici gli scrutini, sono andato un po' a spulciare in rete alcuni commenti ed ho trovato questo bel commento su movieplayer.it.


GROSSO GUAIO A CHINATOWN (E AL BOXOFFICE): PERCHÉ IL FLOP DI CARPENTER CI FECE INNAMORARE DEL CINEMA

Tutti conoscono la definizione di cult movie, e tutti noi abbiamo in qualche modo contribuito almeno una volta nella vita a trasformare una semplice pellicola in un'icona, in un oggetto di culto. L'abbiamo fatto grazie alle visioni multiple offerte dalle TV o semplicemente citando a memoria agli amici passaggi interi della sceneggiatura; ma l'abbiamo fatto, e abbiamo così deciso, più o meno inconsciamente, che alcuni film meritano di rimanere non solo nella nostra memoria ma in quella storica della società in cui viviamo.

Ma cosa hanno di speciale questi film? Cosa li rende tanto memorabili da acquisire un pubblico tutto loro, che prescinde dal genere, dalla nazionalità, dagli attori o dal regista e che gli permette di entrare nella cultura popolare più di quanto possano fare, a volte, i più grandi successi al botteghino o i vincitori dei premi più prestigiosi? Questa è una domanda che probabilmente non troverà mai risposta, perché se ci può essere in qualche modo una formula per realizzare un (quasi) sicuro successo commerciale, non c'è invece nulla che garantisca quel seguito "fanatico" che solo pochi film riescono a conquistare.

IL FLOP CHE NON TI ASPETTI

I tanto bistrattati anni '80, per esempio, di cult movies ne hanno avuti in abbondanza, soprattutto per quanto riguarda il cinema americano. Ma se E.T. L'Extraterrestre, L'impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi, Ghostbusters, I predatori dell'arca perduta e Ritorno al futuro sono stati tra i veri fenomeni del decennio anche al botteghino, e altri film come I Goonies, The Blues Brothers, Karate kid hanno ottenuto risultati molto positivi, altre opere sono riuscite a conquistare il pubblico soltanto con l'arrivo in VHS direttamente nelle case degli spettatori.*

*Aggiungo a questi film altri titoli presi da un altro articolo dello stesso sito, che aggiunge una chiave di lettura interessante per certi film degli anni '80.

Labyrinth, come pure LegendWillowLadyhawke e molti altri teen fantasy dello stesso periodo, è un film unico. Non prevedeva trilogie, sequel o serialità. Allora i film per ragazzi erano un genere di serie B: non eravamo ancora l'unica fascia d'età che fa girare i soldi, e i titoli per noi si realizzavano con la consapevolezza che gli incassi non sarebbero arrivati. Dobbiamo ringraziare produttori come George Lucas (tra gli executive anche di Labyrinth) che ce li hanno regalati per il puro piacere di fare arte e non per l'incasso. La vicenda iniziava e si esauriva, e noi quelle videocassette le consumavamo fino a conoscere le battute a memoria. Nessuno si aspettava un seguito, nessuno faceva paragoni con il libro.

Parliamo di titoli "difficili" come Blade Runner e Brazil ma anche di Grosso guaio a Chinatown che quando arrivava nelle sale USA esattamente 30 anni fa, il 2 luglio del 1986, aveva tutte le carte in regola per essere un nuovo trionfo del regista di grandi e inaspettati successi come Halloween o Fog. Certo, i successivi La cosa o Starman non avevano funzionato altrettanto bene, ma Big Trouble in Little China aveva, almeno in teoria, il pregio di riproporre l'attore Kurt Russell in un ruolo carismatico e da duro come quello visto in 1997: Fuga da New York.

Un po' per colpa della contemporanea uscita di un film come Aliens - Scontro finale di James Cameron, un po' per l'ambientazione cinese fin troppo abusata in quel periodo (l'anno prima c'era stato L'anno del dragone e dopo pochissimo sarebbe arrivato l'iperpubblicizzato Il bambino d'oro con Eddie Murphy), il film di Carpenter però fu un sonoro flop non solo al botteghino (dove incassò solo 11 milioni a fronte di un budget di oltre 20) ma anche per la critica dell'epoca, e fu così che il regista, che invece del film era particolarmente fiero e che da tempo desiderava realizzare un film di arti marziali, decise di lasciare Hollywood per un cinema più indipendente.

"L'esperienza con Grosso guaio è la ragione per cui ho smesso di lavorare con gli studios hollywoodiani. Non lavorerò mai più con loro. Credo che Grosso guaio a Chinatown sia un film meraviglioso, ne sono orgogliosissimo. Ma il modo in cui fu accolto - e le ragioni di quell'accoglienza - fu davvero troppo per me. Sono troppo vecchio per queste stronzate". (Carpenter in un'intervista del 1987)

30 ANNI DI GROSSI GUAI, MA GRAZIE A CARPENTER NOI SIAMO NATI PRONTI!

Da quel momento il cinema di John Carpenter non è stato mai più lo stesso. Nella sua filmografia non sono mancati altri film diventati di culto (Essi Vivono e Il seme della follia su tutti) ma è stata proprio la rovinosa release di Grosso guaio a Chinatown a sancire l'inizio della fine per una carriera che, a cavallo tra gli anni 70 e gli 80, sembrava destinata a successi sempre maggiori. Quel "Grosso guaio" del (bel) titolo assunse un significato davvero diverso da quello che Carpenter poteva inizialmente immaginare e non bastò l'incredibile successo che ebbe sul mercato homevideo e le incredibili dimostrazioni d'affetto dei fan nei confronti del film e del suo protagonista Jack Burton a fargli ritornare il buon umore.

Certamente non gli basterà nemmeno quello che stiamo per scrivere adesso, ma Grosso guaio a Chinatown ebbe un'enorme importanza e soprattutto influenza per la nostra educazione cinematografica; probabilmente, col senno di poi, molto più importante di quanto avremmo mai potuto immaginare: l'amore per il cinema a tutto tondo; ed è un qualcosa di cui forse ci rendiamo conto soltanto oggi.

UNA QUESTIONE DI RIFLESSI

Per un bambino di 10 anni scoprire un film come quello di Carpenter vuol dire accedere ad un intero universo fatto di fantasia: ci sono buoni e cattivi, mostri e persone normalissime, magie e armi bianche; ci sono leggende molto antiche e luoghi esotici; gang che si affrontano, nemici che arrivano dal cielo, fanciulle da salvare e un personaggio che viene da un mondo completamente diverso e non magico in cui è facilissimo immedesimarsi. Per un bambino di 10 anni che per tutto il resto della sua vita continuerà a guardare e divorare film senza pregiudizio alcuno ma solo con tanta fame e desiderio, all'interno di questo "flop" ad aspettarlo, c'è il western alla John Wayne (addirittura la primissima sceneggiatura era ambientata nel 1880), ci sono dialoghi che sarebbero perfetti per le screwball di Howard Hawks, ci sono gli eroi alla Harrison Ford di Lucas e Spielberg ed ovviamente le atmosfere e le musiche tipiche di Carpenter e dei suoi capolavori "horror" precedenti, su tutti Distretto 13: le brigate della morte. E chissà quante altre suggestioni.

Ma soprattutto c'è lui, Jack Burton, un personaggio come raramente se ne erano visti e questa volta non vale solo per un bambino di 10 anni: Carpenter l'ha più volte definito come uno dei suoi preferiti in assoluto, e non è difficile capire perché visto che in realtà Jack è semplicemente un sidekick (in un film "normale" il vero protagonista sarebbe l'amico Wang Chi che invece ha le caratteristiche del vero eroe), un uomo della strada, che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato e invece finisce col credersi qualcosa di più. E ammesso che si voglia comunque considerare Jack come un eroe, non ha nulla dei protagonisti positivi a cui il cinema hollywoodiano ci aveva/ha abituato: non è umile ("Sarà necessario un tempismo al decimo di secondo." "E concentrazione assoluta. Sei pronto?" "Io sono nato pronto."), non è un leader ("Allora: voi state qui calmi, tenete il fortino, conservate vivo l'amor di patria e se non torniamo per l'alba... chiamate il Presidente!"), non è nemmeno particolarmente coraggioso ("Esplosioni verdi, gente che entra e esce volando, ah non può essere vero, io chiamo la polizia...").

È invece sbruffone, arrogante e un po' cialtrone, convinto di avere tutte le risposte ma in realtà passa gran parte del film a fare domande e a non capire quello che realmente gli sta succedendo intorno; il suo personaggio è insomma più una (auto)critica al tipico eroe del cinema americano che l'esaltazione dello stesso, tanto che alla fine non cede nemmeno alla tentazione del lieto fine con la bella di turno (un'affascinante e indipendente Kim Cattrall) e nel momento più importante, quello della battaglia finale, dopo tante chiacchiere e promesse, si ritrova svenuto e KO sul pavimento a causa della sua stessa incompetenza.

I CONSIGLI DEL VECCHIO PORK-CHOP EXPRESS

Eppure la figura di Jack Burton - perfettamente incarnato da Kurt Russell - rappresenta il meglio del cinema di Carpenter, così come il suo rapporto con l'altrettanto convincente Dennis Dun simboleggia il tanto ricercato e riuscito contrasto tra il cinema americano più esagerato e fracassone e l'eleganza e il misticismo di quello orientale. Un difficile equilibrio tra il popolare e l'autoriale che ci regala così un cinema ricco e stratificato, sicuramente imperfetto e pasticciato - e, visto oggi, anche un po' antiquato - ma che sapeva osare, aveva il coraggio di mescolare ingredienti apparentemente contraddittori (in un film del genere chi altri avrebbe mai messo una colonna sonora del genere preferendola a musiche orientaleggianti?) e così facendo aumentava quella fame e quella voglia di cinema che in tanti, non solo bambini di 10 anni, hanno fortunatamente dimostrato di avere in questi 30 anni. Per questo Grosso guaio a Chinatown oggi si fa fatica a considerare come un flop, come un film che può determinare e far fallire una carriera, perché in realtà ne ha fatte nascere molto altre.

I consigli del vecchio Pork Chop Express sono preziosi, specialmente nelle serate buie e tempestose, quando i fulmini lampeggiano, i tuoni rimbombano e la pioggia viene giù in gocce pesanti come piombo. Basta che vi ricordiate quello che fa il vecchio Jack Burton, quando dal cielo arrivano frecce sotto forma di pioggia e i tuoni fanno tremare i pilastri del cielo. Sì, il vecchio Jack Burton guarda il ciclone scatenato proprio nell'occhio e gli dice: “Mena il tuo colpo più duro, amico. Non mi fai paura.”

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