mercoledì 27 febbraio 2019

Cap. 3 - Prigionieri


Arrivati all'accampamento Snorri riattizzò rapidamente il fuoco per garantire che nessun altro goblin si avvicinasse. Borri chiese agli avventurieri di porgergli i mantelli e li stese ad asciugare insieme a quelli dei nani, mentre Hàr dispose alcuni ceppi e pietre attorno al fuoco.
I tre nani si presentarono: erano artigiani ambulanti che si guadagnavano da vivere percorrendo le Terre Selvagge e svolgendo i lavori che meglio si addicevano alle loro capacità di scalpellini e carpentieri e il peso dei loro zaini indicava la presenza di pesanti attrezzi. I tre si dimostrarono apprezzare la compagnia di qualcun altro e coinvolsero il gruppo nei loro passatempi: tirarono fuori un otre di birra nanica e la offrirono agli ospiti e anche gli elfi - più per cortesia che per piacere - accettarono. Hàr sfidò il gruppo ad una gara di indovinelli, ma quando vide che gli ospiti non erano avvezzi al gioco, estrasse dallo zaino il suo tamburo ed assieme a Borri e al suo zufolo intonarono una canzone lenta e profonda riguardo Erebor. Era chiaro che i tre nani ne provavano nostalgia e ne erano lontani da tempo, e adesso che il drago era morto potevano finalmente ritornare a casa.
Dopo i nani anche Elion tirò fuori il suo strumento e allietò la serata con una canzone sulla Battaglia dei Cinque Eserciti; poi continuarono ad accompagnarsi a vicenda in canzoni improvvisate. Intanto Snorri aveva tirato fuori la sua pipa, e vedendo che anche Nimrod era un fumatore, lo sfidò ad una gara di anelli di fumo. Purtroppo per l'elfo però, il vecchio nano era una abilissimo giocatore e addirittura stupì il gruppo con un anello finale a forma di drago!
Il maiale che Borri disse i aver trovato nella foresta era davvero il miglior pasto che gustavano da tanto tempo, e rinfrancò i loro animi, e sebbene Halbarad rimase un po' interdetto da quello che riteneva uno strano ritrovamento per essere in un bosco, la compagnia si mostrò più piacevole di quello che si sarebbe potuto aspettare da burberi nani.
Poi la compagnia constatò che fosse giunta l'ora di andare a letto e decisi i turni di guardia si misero a riposare nei loro giacigli.

Durante il turno di guardia Nimrod sentì scendere sulle palbebre uno strano torpore: la birra nanica aveva un gusto grezzo, ma non si poteva dire che fosse leggera! Chiuse gli occhi per quello che gli parve un istante e quando li riaprì ebbe giusto il tempo per accorgersi dei rumori che provenivano dai cespugli vicini prima che un pesante sacco gli venisse calato addosso e una pesante corda gli legasse le braccia lungo il corpo. Gli venne intimato di alzarsi e da quello che poteva sentire la stessa sorte era toccata anche a tutti i suoi compagni; a nulla valsero le proteste. Vennero condotti a spintoni lungo quello che doveva essere un sentiero fino ad un piccolo insediamento. Lungo la strada le voci dei loro rapitori continuavano a ripetere frasi sconnesse, come "Non avreste dovuto mangiare il  nostro maiale!" e "Sarà Gailavira a decidere per il vostro destino".
Trasportati dentro ad una costruzione in evidente degrado, vennero liberati dai sacchi e dai lacci e legati con le mani dietro la schiena. Poco dopo un giovane ragazzo fu fatto entrare dalla guardia alla porta e porse ai prigionieri un po' di pane ed acqua, chiedendo frettolosamente: "Siete anche voi in combutta con Hob Musogrigio?", ma corse immediatamente via senza nemmeno aspettare la risposta.
Lasciati soli il nano più giovane confessò pentito il misfatto: trovato il maiale legato ad una catena al centro di una vicina radura aveva pensato di essere incappato nella trappola di qualche cacciatore pensando di non commettere un così grave reato nel rubarlo; in fondo erano viaggiatori stanchi e affamati.
Verso pomeriggio inoltrato un gruppo di uomini e donne entrarono nella prigione di fortuna con torce, lance e armi di fortuna per condurre i prigionieri al cospetto del capovillaggio: il loro aspetto era lacero e malnutrito e nel breve percorso verso la sala dell'udienza poterono notare che il piccolo agglomerato di case non era messo meglio: della decina di abitazioni presenti, sono la metà sembravano abitate mentre il resto era decadente, così come la palizzata di legno che cingeva l'area.
Nonostante la situazione, il gruppo non si era perso d'animo, ed il pentimento dei nani sembrava sincero.

Furono condotti dentro l'edificio più grande, una grande sala - come usanza negli insediamenti degli Uomini dei Boschi - col tetto in legno retto da robuste colonne. Al centro, in un grande braciere, ardeva un grosso fuoco ed il crepuscolo era salutato da diverse torce appese alle pareti. In fondo alla sala, sopra una pedana di legno rialzata, una donna dai capelli grigi sedeva su un alto scranno coperto di pellicce. La donna indossava indumenti semplici ma eleganti, con stoffe tinte di rosso e arancione vivaci ricamate con nastri. Un mantello foderato di pelliccia chiuso da una bella spilla d'argento quadrata copriva le spalle della matrona.

"Chi siete voi che venite qui e rubate il nostro maiale? Dite subito i vostri nomi ed il motivo per cui vi trovate nelle nostre terre; se la risposta non mi piacerà mi terrò le vostre spade e vi banidrò dal villaggio. Fatemi arrabbiare e resterete qui anche voi. Parlate!"

Tutto l'equipaggiamento della controversa compagnia giaceva infatti in un angolo della stanza. Perderlo sarebbe significato non avere gli strumenti per sopravvivere a lungo nelle Terre Selvagge.
Le parole del gruppo e la presenza dei due elfi tranquillizzò la donna, ma proprio quando stava per pronunciare il verdetto di liberazione, ecco che si udirono grida provenire dall'esterno della grande sala e rumore di passi in corsa insieme al rumore di legname spaccato con violenza. "Hob Musogrigio! E' arrivato Hob Musogrigio!".

"Gailavira! Ora sono affamato, e i tuoi porci macilenti non mi bastano più. Mandami i tuoi figli, Gailavira. Mandami i tuoi figli più valorosi, così che possa uccidere anche loro e bere il loro sangue caldo. Mandami qualcuno dei tuoi poppanti e le loro madri lagnose, perché possa riempire il mio ventre famelico. Mandali fuori o morirete tutti!"

La donna fece liberare  gli avventurieri e si rivolse a loro con parole fiere:
"Sapete combattere? Se non lo sapete, imparatelo ora! Se invece siete guerrieri, oggi snudiamo le spade insieme, amici o nemici che siamo!"

Poi con uno schianto la porta principale venne abbattuta da un corpo possente: nel salone entrò la notte, e con essa Hob Musogrigio.
La belva era uno spaventoso Warg dal pelo nero e con carboni ardenti al posto degli occhi. La pelliccia era chiazzata di sangue secco, e la bestia emanava un lezzo penetrante di morte e terrore. Le  torce e le fiamme del focolare si spensero improvvisamente, lasciando ad Halbarad il dubbio se fossero state spente da una oscura stregoneria o da una folata di vento. Assieme al grosso mannaro un nugolo di goblin sciamò all'interno della stanza e la battaglia ebbe inizio.

Mentre i paesani aiutati da Elion erano impegnati con i goblin, Erkhelm, Nimrod e Halbarad provarono ad attaccare Hob Musogrigio, ma la sua presenza terrificante tenne l'elfo ed il duendain lontani dalla mischia. Solo il barbaro rohirrim, preso da una furia cieca, riuscì ad attaccare la bestia immonda, che però continuava a colpire con le sue zanne affilate. Intanto anche Gailavira era scesa dalla pedana e si stava avvicinando al warg ma la battaglia era più dura di quanto pensassero. I paesani cadevano sotto i colpi dei goblin che continuavano ad arrivare, ma piano piano lo scontro volse a favore degli avventurieri, anche grazie all'aiuto dei nani.
Ma Hob Musogrigio continuava a ferire Erkhelm che stremato stava resistendo in maniera sorprendente. Halbarad decise di accendere una torcia per avvantaggiarsi sul warg (si ricordava infatti della paura atavica dei mannari nei confronti del fuoco) ma non fece in tempo a sopraggiungere nel cuore della lotta che Nimrod scagliò una freccia che accecò un'occhio della bestia e Erkhelm menò il fendente decisivo che ne recise la zampa anteriore dalla spalla in giù.
I pochi goblin rimasti fuggirono via con la stessa velocità con cui erano arrivati, lasciando una scia di morte e distruzione.

Gailavira ordinò che i paesani morti fossero portati via e preparati per la cerimonia funebre dell'indomani. Ora era tempo di festeggiare la liberazione dalla più grossa minaccia di Roccasorbo dai quando il Drago della montagna solitaria era morto. Il copro del grosso lupo venne scuoiato e l'atteggiamento sospettoso nei confronti della compagnia si tramutò in commossa gratitudine. Il debito era stato ripagato e Gailavira decretò che gli avventurieri potessero trovare ospitalità eterna nel piccolo insediamento.
All'esterno si accesero i fuochi e la musica dei nani e dell'elfo risuonò fino a tarda notte in quell'angolo di bosco della Valle dell'Anduin.

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