martedì 3 febbraio 2015

ARRIVO A PARANOR!

GIORNO 3 Si misero in moto all’alba e per tutto il giorno proseguirono il cammino fino ai piedi dei Denti del Drago, costeggiando il Mermidon. La giornata divenne più calda, la temperatura salì, l’umidità e la calura appesantirono l’aria. Tutti si tolsero i pesanti mantelli da viaggio e bevvero enormi quantità d’acqua. Nel pomeriggio si fermarono alcune volte per riposare, e quando arrivarono al Passo di Kennon era ancora chiaro. A quanto pareva, si stava avvicinando un’altra tempesta, ma ad aspettare che il tempo si rasserenasse c’era il rischio di perdere altri due giorni. Giunsero in cima al passo mentre il sole calava dietro l’orizzonte e scivolava via dalla vista. Il cielo rimaneva chiaro, l’aria era tiepida, si camminava senza fatica e riuscirono a fare molta strada. Kinsom trovò un sentiero facilmente praticabile che li condusse velocemente in cima. Stavano per ricongiungersi al sentiero principale quando si trovarono di fronte ad un gruppo di 6 orchi armati di falchioni che li stavano aspettando nascosti dietro le rocce. Entrambi i gruppi rimasero sorpresi dalla vista degli avversari, ma non esitarono a gettarsi nello scontro.
   
Kinsom fu subito addosso ad uno di loro, col quale si scambiò violentissimi colpi, mentre gli altri orchi li sorpassavano ingaggiando la coppia Lupus/Obann, Mereth e azael, il quale con una bomba alchemica ne uccise uno, ferendone un altro. Lo scontro si protrasse per pochi minuti: la diga formata da Lupus e Obann supportata dalle cure di Kyras risultò insormontabile, e diede tempo a Kimson di rigettarsi nella mischia per concluderla vittoriosamente, nonotsante numerose ferite riportate a causa della brutalità dei malvagi esseri. Ancora una volta saltò loro agli occhi di come il loro equipaggiamento fosse non casuale, ma appartenesse ad un esercito organizzato. E quello che li sorprese maggiormente fu il ritrovamento di tracce diverse dalle loro. Kimson comprese che erano Gnoll e Iene che andavano a valle in direzione della fortezza dei druidi. Occorreva prestare molta attenzione. A mezzanotte iniziarono la discesa nella valle settentrionale. Il vento si era alzato, e giungeva ululando da sudovest, senza interruzione, sollevando terra e foglie e formando mulinelli che riempivano l’aria di polvere. Dovettero camminare a testa bassa finché non furono al di sotto della cresta delle montagne e il vento non perse forza. Davanti a loro, la sagoma scura della rocca dei Druidi era chiaramente visibile sullo sfondo del cielo stellato: torri spoglie e bastioni spezzati. Dalle finestre e dagli spalti non veniva alcuna luce. Né suoni né movimenti turbavano il silenzio del castello. Arrivati in fondo alla valle, la foresta li inghiottì. Luna e stelle rischiararono il loro cammino tra le ombre profonde, li guidarono verso la rocca. La strada era costeggiata da una doppia schiera di alberi antichi e massicci, che torreggiavano sopra di loro come le colonne di un tempio. Di tanto in tanto incontravano radure ammorbidite dall’erba fitta e stretti torrenti. Intorno a loro, la notte era immobile e sonnolenta, e il solo rumore era il fruscio del vento, che si era levato di nuovo e soffiava su di loro sotto forma di brusche folate, scuotendo i mantelli e i rami degli alberi come se fossero lenzuola stese ad asciugare. Ritrovarono sulla strada le tracce delle iene, 2 coppie che lasciavano solchi pesanti, così decisero di accamparsi all'interno del boscoquando erano le 2 passate, un pò lontano dal sentiero principale. Molti di loro erano stanchi, così decisero di approntare dei turni di guardia a coppie: Lupus e Obann il primo, Kimson e Mereth il secondo, almeno per riposare qualche ora e recuperare le forze. A metà del secondo turno di guardia Kimson sentì un rumore provenire dal bosco e avvisò subito Mereth che, però, non si era accorta di nulla. Così fece per tirare fuori la lanterna schermabile, nonostante la notte limpida permettesse una discreta visuale, ma non appena accennò ad accenderla gnoll e iene furono subito loro addosso sbucando furoi da tutt'intorno a loro.  
Kimson e Mereth dovettero fronteggiare uno gnoll e una iena a testa, uno gnoll a testa per Lupus e Kyras, euna iena a testa per Azael e Obann. L'alchimista fu il meno lesto ad alzarsi e non riuscì a contrastare l'attacco dell'animale che dopo averlo ferito lo sbilanciò sbattendolo a terra senza dargli la possibilità di rialzarsi. Andò peggio a Mereth che venne subito abbattuta dall'attacco imprevisto dei due esseri, mentre anche Kyras riportò una gravissima ferita inflittagli dalla lancia del suo Gnoll. Lupus sembrava reggere bene lo scontro, mentre Kimson aveva il suo da fare contro due avversari che continuavano a colpirlo ripetutamente, mentre lui doveva dividere i suoi attacchi. Il chierico si vide costretto ad un'emenazione di energia curativa che però ebbe l'esito anche negativo di ristabilire le ferite di tutti gli aggressori. Ma l'azione risollevò anche Mereth che con un fendente uccise uno gnoll. Gli avventurieri iniziarono a serrare le fila, nonostante Azael non riuscisse ancora ad alzarsi bloccato ora a terra da due iene e ormai con la vita appesa ad un filo, ma le cose migliorarono quando anche Lupus uccise il suo gnoll e Obann una iena, potendo così andare in soccorso dei compagni. Anche Kimson, nonostante le numerose ferite riportate, riuscì infine ad abbattere i suoi contendenti, così i rimanenti cercarono di darsi alla fuga, ma solo una iena ferita riuscì ad allontanarsi: tutti gli gnoll furono abbattuti. Anche questi riportavano l'emblema dell'esercito del signore degli inganni ed equipaggiamento (lance lunghe, scudi grandi e corazze di cuoio) costruito in serie, e ciascun di loro possedeva anche una pozione di cura ferite leggere: erano proprio ben organizzati e lì per un solo scopo: colpire chi voleva avvicinarsi a Paranor.
 
GIORNO 4 - ARRIVO A PARANANOR ALL’ALBA Nel cielo, la notte lasciava pian piano il posto al grigio, e lungo l’orizzonte si scorgeva già un alone argenteo. La foresta che li circondava sembrava vuota e abbandonata, un vasto labirinto buio di cespugli spinosi e fronde a baldacchino, chiuso e sigillato come una tomba. Gli avventurieri uscirono dal fitto della foresta al sorgere dell’alba, e le radure da loro attraversate si rischiaravano, passando dall’argento all’oro, man mano che il sole saliva al di sopra dei Denti del Drago e filtrava attraverso gli alberi per dare il suo tepore alla terra umida. Intorno a loro, il bosco si diradava progressivamente, riducendosi a minuscole macchie e a isolate sentinelle vegetali. Infine davanti ai viandanti, nella foschia del mattino, si stagliò la rocca di Paranor. Il castello dei Druidi era una massiccia cittadella di pietra, costruita su fondamenta di roccia che sporgevano dalla terra come un pugno levato. Le sue mura si alzavano per parecchie decine imbraccia, fino a formare torri e camminamenti dipinti di un bianco immacolato. A ogni angolo della costruzione sventolavano stendardi, alcuni con gli emblemi dei Grandi Druidi che avevano retto il castello, altri con le insegne nazionali dei signori delle Quattro Terre. Qualche filo di nebbia scivolava ancora lungo le mura e stagnava nell’ombra, alla base del castello, dove il calore del sole non aveva ancora bruciato la notte. Era una visione impressionante: la dimensione stessa del castello li costrinse a sostare per un attimo. Sembrava come se il peso delle sue pietre gli fosse stato scaricato sulle spalle, ed era un gravame insopportabile. Una massa così grande e implacabile, che in un certo senso rispecchiava l’ostinazione di coloro che vi abitavano. Il castello aveva quattro grandi ingressi: uno per ogni strada d’accesso. C’erano anche molte porte più piccole, ma erano fatte di pietra e lastre di ferro. In gran parte erano mimetizzate con cura. Uscirono finalmente dagli alberi, dove il sole era un intruso e l’ombra era sovrana, e si avviarono lungo la strada che portava all’ingresso principale. Rallentarono il passo giungendo in vista del castello, che parve materializzarsi dai varchi tra gli alberi ed ergere fino alle stelle la sua massiccia sagoma scura. Nonostante la vicinanza, non videro alcuna luce. Sostarono in un punto dove le ombre della foresta li nascondevano. In silenzio, con un’espressione impenetrabile, studiarono le mura e gli spalti. Poi, procedendo al riparo degli alberi, si portarono verso ovest, lungo il perimetro della fortezza. Il vento soffiava lugubre tra i merli e i pinnacoli, e in basso, tra gli alberi, quel suono pareva il respiro di un gigante che si avvicinava. Arrivati alla porta principale, si fermarono di nuovo. Azael, che aveva studiato in quel luogo l'uso delle proprie arti alchemiche, riferì che l'ingresso più sicuro era quello Ovest, ovvero dove il tratto allo scoperto tra il riparo della foresta e le mura era più breve, così sempre riparati dal bosco e in rigoroso silenzio, si diressero da quella parte. Kimson riuscì a vedere il cancello. I battenti erano aperti, la saracinesca alzata: il passaggio buio e spalancato ricordava vagamente una bocca immobilizzata in un grido d’orrore. A terra, accanto alla porta, c’erano alcuni corpi contorti e senza vita. Azael bevve la sua pozione di invisibilità e attraversò lo spazio vuoto tra la foresta e le mura, velocemente, di corsa, e giunto accanto ai morti, si chinò a esaminarli. Erano guardie, e a giudicare dalle ferite sembrava che fossero state fatte a pezzi da animali feroci. Il terreno su cui giacevano era impregnato del loro sangue. Impugnavano ancora le armi, e molte erano spezzate. Dovevano aver combattuto duramente. 
 
Azael sapeva che il corpo di guardia dei Druidi poteva contare su cinquanta uomini, una forza multinazionale al servizio del Consiglio. Tutti indossavano l’uniforme grigia con l’emblema della torcia ricamato in rosso, sulla parte sinistra del petto. Degli esseri terribili dovevano aver compiuto quel massacro! Non fece tempo ad entrare però che un rumore di ossa e ferraglia lo sorprese e davanti ai suoi occhi si ricomposero 8 scheletri, du cui sei armati di scimitarre e 2 di spade lunghe che subito cercarono di colpirlo nonostante fosse invisibile: chiaramente sapevano la sua posizione e due di loro andarono a segno. Azael scappò di corsa in direzione dei compagni, venendo però inseguito dai guardiani non-morti che deistettero dopo diversi metri tornando alla loro posizione originaria e decomponendosi nuovamente. I compagni di Azael avevano assistito alla scena, e quando egli tornò da loro convenirono che più che un incantesimo di difesa era all'opera una maledizione, quasi sicuramente lanciata sui difensori di Paranor dalle stesse forze oscure che li avevano trucidati. Ormai erano ad un passo dalla fortezza e bisognava entrare: quale sarebbe stato il prossimo passo degli eroi?

1 commento:

Tay Trefenwynd ha detto...

quindi 800 px a testa per le zuffe di ieri sera!