Decidemmo di rimettere i cadaveri nello fango, perché seppellirli avrebbe richiesto troppo tempo (pace all’anima loro) e bruciarli così conciati sarebbe stato impossibile.
Poi, dopo averli spogliati ciascuno di un oggetto di riconoscimento (a partire da quelli di valore ovviamente...) e dopo aver nascosto le monete d'argento che non saremmo riusciti a trasportare, tornammo a Milano (e fu divertente vedere fra Clistere saltellare allegramente sulla via del ritorno, almeno fino a quando non comprammo un mulo dal contadino Randello, che voleva venderci pure la figlia Vetusta) fermandoci al convento del Santo Crocifisso, fuori le mura. Olio ed il nostro frate avevano bisogno di un miracolo per essere guariti dalla peste, e potevamo ottenere qualche utile informazione su fra Sigismondo.
Il primo che incontrammo fu un frate confessore, fra Danko ma chiedemmo subito di un superiore per un miracolo. In realtà l’abate fra Bonifacio non poteva ottenere un miracolo perché temporaneamente fuori dalla grazia di Dio (seppimo dopo che però consigliò in privato a fra Clistere un guaritore...diciamo...poco ortodosso, che praticava di giorno nel cimitero), ma ci fornì preziose informazioni su fra Sigismondo: in un primo momento, scosso, spiegò che era morto per una malattia alle viscere e la famiglia era venuta a ritirare il corpo per seppellirlo nella cripta di famiglia, poi - messo all’angolo - crollò, confessando che era stato trovato morto trafitto nella sua cella, che presentava la finestra rotta, con un biglietto che recitava: “Torneremo per trovare la nostra preda”. La famiglia non ne era al corrente ed i monaci avevano fatto di tutto per non lasciar trapelare la notizia.
Pensai subito ad un ricercato che cercasse rifugio e nascondimento fra la sicure e riservate mura di un convento, e mi sovvenne la storia del cavaliere Uther von Entermesser raccontataci il giorno prima dai saltimbanchi. L’abate confermò il recente arrivo di un confratello germanico fra Talarico, ma troppo scosso dalla vergogna e dall’imbarazzo si ritirò nella sua cella lasciandoci a pensare.
Il corpo comunque era stato portato al cimitero (supponemmo dal becchino), per cui non rimaneva che andare per parlagli e fargli qualche domanda anche sugli altri cadaveri. Mentre attraversavamo Milano ci sembrò di essere osservati da uno strano figuro a cavallo, con un cappello dalla lunga tesa, che dopo averci fissato sembrò annotare qualcosa su un taqquino...
Arrivati al cimitero di notte notammo subito dei fuochi e udimmo delle voci femminili: era chiaramente un sabba, e così mandammo avanti Sorca, pur sapendo che se avesse mentito avrebbe vomitato sangue (come avvenne effettivamente, ma per solo due o tre volte...). Le streghe ci avevano comunque sentito avvicinare e avevano lanciato un sortilegio per tenere lontani eventuali uomini di fede, così - lanciata una coperta macchiata a Clistere perché nascondesse i suoi abiti - ci rivelammo. Non sapevano nulla né del becchino, né del guaritore, anche se di notte avevano visto aggirarsi tra le tombe un goullo, una immonda creatura rediviva pericolosa persino per loro. Ci proposero però uno scambio: un sigillo per infuocare chiavi creato da Sorca, in cambio di un amuleto col sigillo di parlare coi morti. Unico inconveniente? Il sortilegio doveva essere pronunciato durante una masturbazione maschile...