Il mio nome è Gondar Brel, del clan del Leone Nero del popolo dei Barbari del Gelo. Ho 21 anni, e fino ai 18 ho vissuto con la mia famiglia presso la tribù, imparando le tecniche di caccia e di conciatura delle pelli dai membri più anziani. D'inverno queste sono le attività che ci permettono di sopravvivere grazie al baratto con le tribù ed i villaggi vicini, ma in primavera i giovani maschi scendono verso Sud per cercare fortuna e fare esperienza della vita. Non tutti tornano. Io non sono tornato. Appena compiuto il rito d'ingresso alla vita adulta in favore del dio Utgardt sono sceso verso Sud in cerca d'avventura. Attratto dalle terribili storie che venivano raccontate sugli assalti a Silveymoon e Hellgate Keep mi sono arruolato come volontario nella milizia di Cittadella Adbar dove ho imparato i rudimenti dell'arte della guerra, oltre che a leggere e scrivere. Da qui alla volta di Sundabar come mercenario volontario, dove ho affinato le tecniche di combattimento. Ho fatto parte di una squadra di soli barbari chiamata "le Furie di Utgardt" a cui erano riservate missioni che nessun altro voleva fare. In genere il nostro compito era quello di cogliere il nemico alle spalle, addentrandoci nelle linee nemiche e tagliandogli la via di fuga. In queste missioni che ci parevano quasi suicide molti compagni sono morti, i sopravvissuti portano con orgoglio le cicatrici sul proprio corpo. A spingerci ad andare avanti erano solo l'esuberanza della gioventù, il denaro e l'eccitazione per il sangue e la gloria. La fama della nostra truppa, seppur ambigua, cresceva di pari passo con le vittorie riportate sui nemici; ma presto questa fama fu il pretesto per usarci in missioni sempre più pericolose: troppo ignoranti e indisciplinati per essere ricoperti di onori, troppo temuti per poter diventare un punto di riferimento per l'esercito. L'ultima missione è però fallita, e con essa si è sciolta , nostro malgrado, la squadra. Stavamo inseguendo un gruppo di orchi in fuga, sulle montagne del Rauvin, ma un agguato ha fatto sì che ci circondassero, costringendoci a farci strada nel sangue per poter sopravvivere. Un'onta che non ci aveva ancora macchiato! Durante la fuga nel bosco ci siamo divisi e così sono riuscito, grazie ad Utgardt, ad arrivare al primo avamposto amico. Nessuno dei miei compagni è tornato fin quando sono rimasto al forte, ma dopo pochi giorni sono partito per Newfort per fare rapporto e rimettermi in forze. Anche là però non ho ricevuto notizie del resto della squadra; sembra che sia stata completamente annientata. Non so perchè Utgardt non mi abbia concesso l'onore di morire in battaglia, ma il modo in cui è avvenuto l'agguato non mi convince ancora. Come s la ritirata fosse stata programmata per attirarci in trappola. Ma chi poteva conoscere le nostre mosse? Se è stata una spia all'interno del nostro comando, che Utgardt mi dia la grazia di riincontrarlo per fargli assaggiare l'acciaio dlla mia spada! Qualche giorno dopo sono tornato a Sundabar e mi sono congedato dall'esercito, ancora scosso per l'accaduto. La fiducia per un apparato così rigido, che già vacillava in me, ora è completamente svanita. Mi sono diretto verso Jalanthar e lì ho conosciuto qualcuno che mi ha iniziato alla vita da avventuriero. Proprio quello che cercavo: libertà, avventura e, perchè no, guadagno. Ho cercato notizie dei miei vecchi compagni nelle città che visitavo, ma ancora niente. Ogni giorno che passa sbiadisce il ricordo di quelle che un tempo sono state le "Furie di Utgardt".