martedì 3 aprile 2018

The Joker Presents...XXIX - Warhammer Quest: Shadows over Hammerhal



Dal solito bell'articolo della Tana, ad opera del solito Agzaroth.

Warhammer Quest è uno di quei giochi rimasti nel cuore di chi ama i dungeon crawler e nell'immaginario di tutti gli altri come un punto di riferimento lontano e quasi mistico, giusto un gradino sotto al venerato HeroQuest.  La Games Workshop è un generatore di sogni da tavolo e come in tutti i sogni le cose non sono mai perfette, plausibili ed equilibrate, semmai il contrario e parte del loro fascino malsano risiede anche in questo.  Dopo Age of Sigmar la GW si sente di dover dimostrare di poter ancora produrre qualcosa di buono e così, staccatasi dalla collaborazione con la Fantasy Flight Games, inizia a dare il via a tutta una serie di giochi da tavolo, sempre corredati dalle bellissimi miniature che l'hanno resa famosa.  Tra gli altri arriva così Warhammer Quest – Silver Tower, un dungeon crawler con delle buone idee, che rischia anche qualcosa sul piano dell'innovazione, abbastanza basico e semplice per il resto, sempre ambientato nell'Era di Sigmar, come a dire “non è vero che abbiamo sbagliato del tutto e i preti in armatura da space marine sono fighi”.  Il successo è buono, ma forse non eccezionale: il gioco c'è, la meccanica di base è interessante, ma il contorno un po' povero, lo sviluppo dei personaggi anche, la parte tattica elementare. È anche un bel festival di dadi, più che di abilità del giocatore ma, hey, è Warhammer: che vi aspettavate? Nel 2017 esce questo secondo capitolo – Shadows over Hammerhal – con la stessa base ma realizzata con un concetto diverso e un po' più di ciccia al fuoco. Per 2-5 giocatori, 60-120 minuti per scenario (sono 8 in tutto), difficoltà medio-bassa, tanto da poter comunque esser giocato anche in famiglia, basato su tiro dadi, una blanda gestione dadi, mappa modulare, poteri variabili.

Il gioco in breve
Il master prende il Libro delle Avventure e allestisce la sala d'ingresso del primo labirinto. Ciascuno degli otto labirinti del gioco fa parte in realtà di un unico complesso nel quale i giocatori si devono addentrare per scovare ed uccidere il Re Stregone che si annida sotto la città.  Quindi ogni labirinto avrà una o più uscite che conducono a uno degli altri.  Il master, nel libro, ha la descrizione di ogni singola stanza, delle possibili trappole, dei mostri presenti e degli eventuali tesori/passaggi nascosti.  Ogni giocatore ha una scheda personaggio con descritte le abilità speciali, le mosse e lo spazio per quattro dadi. Questi sono appunto il motore meccanico del gioco: al proprio turno il giocatore li lancia tutti e quattro e, a seconda dei risultati, potrà fare mosse più o meno forti, dato che ogni azione costa un dado.  Ad esempio, per effettuare il movimento, una ricerca, aprire una porta o fare l'attacco base, va bene scartare un qualsiasi dado. Invece attacchi o mosse speciali richiedono ad esempio di utilizzare un 4+ o addirittura un 6.  Oltre a questi dadi, ce ne sono altri – i dadi del destino – utilizzabili da tutti e che possono scatenare eventi inattesi con determinati lanci.  Esaurito il turno di tutti gli eroi, il master passa ad attivare ogni singolo gruppo di mostri. Come in Silver Tower, c'è una tabella in cui si lancia 1d6 e si determina il comportamento per il round in corso, ma il master ha sempre la facoltà di ignorarlo e applicare il classico movimento + attacco con tutte le miniature.  Anche in questo caso, come per gli eroi, il movimento è un valore fisso, mentre l'attacco si basa tutto sul tiro di dadi che deve raggiungere un valore soglia per andare a segno. Le ferite, per gli eroi, vanno a tappare gli spazi dei dadi. In questo modo se ne tirano meno al proprio turno ed alcuni andranno comunque usati per rimuovere le ferite stesse (rimuovere la prima costa un dado 1+, la seconda un 2+, ecc). Se un eroe ha quattro spazi occupati dalle ferite potrà usare solo i dadi del destino e se viene riferito trasforma la ferita semplice in una grave, rimovibile solo tornando in città, in superficie. È possibile avere massimo tre spazi coperti da ferite gravi, ma ovviamente la cosa rende il personaggio estremamente inefficiente. Inoltre se in un dato round tutti i personaggi in gioco subiscono una ferita grave, si perde la partita.  Dicevamo che alcuni passaggi del labirinto riportano verso l'alto, in superficie. In questo caso si torna in città, dove si guariscono in automatico tutte le ferite e si può spendere l'oro trovato in vari luoghi, tentando la fortuna (bene o male tutte le attività richiedono il lancio di dadi) per ottenere tesori, armi, ecc.  In ogni caso, anche se si muore e si perde, si può ritentare l'avventura, ripartendo da dove si aveva lasciato. La storia terminerà naturalmente col Re Stregone e lo scontro finale.

Rispetto a Silver Tower
La differenza più evidente e fondamentale è la presenza del master. Il quale gioca per vincere, non solo per far divertire gli altri, a meno che non stiate giocando con figli ed amichetti. Il suo compito è un po' più laborioso di quello dei giocatori: sarebbe infatti meglio leggere in anticipo la composizione delle stanze del labirinto, per essere meglio preparati. Rimane comunque un ruolo divertente: può basarsi sulle tabelle di comportamento automatico ma anche ignorarle se la situazione non è propizia. Inoltre può usare qualche mostro per aprire le stanze inesplorate adiacenti e chiamare rinforzi (se ce ne sono).  Soprattutto, quel che si facilità in questo modo, rispetto alla versione senza master, è la gestione dei labirinti, che possono essere più intricati e coerenti; quella delle trappole, che in Silver Tower erano fisse e note; quella di porte segrete e tesori nascosti, finalmente un elemento presente e protagonista. Questi tre elementi sono molto più difficili da rendere la meglio con un sistema di generazione automatico.  D'altro canto parliamo della necessità di essere sempre almeno in due e con uno che abbia voglia di ricoprire questo ruolo spesso ingrato.  Altra nota positiva rispetto al predecessore è la maggiore tridimensionalità del labirinto: laddove in Silver Tower si aveva una progressione lineare, qui si hanno più incroci, con i protagonisti che possono tornare sui propri passi, rientrare in sale giù esplorate per magari cercare meglio cose nascoste, soprattutto tornare in città da vari livelli, un po' come accadeva in Diablo (il primo capitolo).  Ed è appunto la città la sorpresa migliore del gioco. Anche se non sviluppata a chissà quale livello, quantomeno aggiunge quella nota di colore che rimanda la vecchio Warhammer Quest, con vari luoghi da visitare e prove da tentare, più una serie di piccoli eventi casuali ed inaspettati.  Un plauso anche al regolamento, finalmente scritto in modo cristiano e non con regole buttate a cosa all'interno di riquadri.  Ovviamente però non è che alla Games Workshop potessero poi fare tutto bene, per cui molte cose, tra i due giochi, rimangono incompatibili, come ad esempio le carte per le abilità speciali, che hanno dorso diverso. Una maggiore integrazione e intercambiabilità tra le due scatole sarebbe stata gradita, visto anche il costo.

Punti a favore
Abbiamo detto bello il sistema di sviluppo del dungeon e le visite in città, ottenuto però al prezzo di inserire il master come elemento giocante. Ma anche la meccanica base, del resto identica a Silver Tower, si rivela semplice ma stimolante la punto giusto, commisurandola la target.  Certamente conta molto più come i dadi li tiri che non come li gestisci, ma in minimo di sforzo per non rendere il gioco troppo banale si è fatto.  Simpatica in generale la commistione tra Intelligenza Artificiale e gestione del master. Le tabelle a volte danno opzioni ottime, ma non sono mai vincolanti. Inoltre è possibile chiamare rinforzi dalle stanze circostanti, anche se ancora chiuse, aprendole (sempre che contengano mostri). Senza dimenticare che, anche una volta ripulito il tabellone, dai nemici, i master tira un dado sulla tabelle degli agguati, mantenendo alta la tensione della partita, tanto che a volte è meglio lasciare un singolo mostro vivo per evitare la cosa.  Infine ricordo che il gioco è in italiano. O meglio, come in tutte le ultime produzioni GW, i nomi sono in inglese, la spiegazione e i testi in italiano. Comunque ampiamente fruibile. 

Punti a sfavore
Per prima cosa sicuramente la scalabilità: inesistente. Siete comunque costretti ad usare sempre tutti e quattro gli eroi, indipendentemente dal numero dei giocatori. Male, molto male, sia meccanicamente, che per immedesimazione.  Manca tutto il pathos della morte dei personaggi. Okay il dover ripetere lo scenario, ma è appunto più una noia che altro.  Infine la progressione dei personaggi c'è ma è abbastanza blanda e faticosa. Uccidendo nemici e facendo mosse particolari si acquisisce esperienza che poi si tramuta in una nuova abilità scelta tra due pescate a caso. Poca roba, a volte anche inutile. Poteva essere decisamente migliorato rispetto a Silver Tower, invece in questo caso il passo è stato breve, sebbene qualche oggetto utili in più ci sia, trovato in specifiche stanze e avventure in città.  Altre cosette Come in Silver Tower, le miniature sono splendide... ma da montare. E serve la colla, non sono ad incastri come in Shadespire. Tanti pezzi, anche piccoli, dita che si incollano, taglierino... insomma, se fosse la prima volta, non sarà una passeggiata di salute.  Ribadisco il peso della fortuna, presente in maniera massiccia ed invasiva: prendere o lasciare. Se volete dungeon crawler più appaganti tatticamente e strategicamente, dovete virare su altro (ma sono anche decisamente più difficili e meno accessibili, come Gloomhaven o Perdition's Mouth). 

Elementi di Dungeon Crawling
  • Esplorazione del dungeon. Ottima, grazie alla figura del master che di nascosto assembla la mappa man mano che i protagonisti la esplorano. Inoltre anche trappole e passaggi segreti sono gestiti al meglio, con questo sistema. 
  • Viaggio, mondo esterno e campagna. Tra un dungeon e l'altro l'unica l'alternativa è tornare in città, quindi poca cosa, però la parte in superficie è fatta bene e ha la giusta varietà di incontri. La campagna nel complesso è abbastanza banale, con gli avventurieri che devono scovare e uccidere lo stregone all'interno del dungeon, senza nessuna sorpresa o bivio nella storia. 
  • Missioni. Non molto varie come scopo, dato che in pratica affrontiamo un unico grosso labirinto, esplorandolo. La sua composizione è però ignota e tanto basta a creare un sufficiente senso di novità ad ogni nuova stanza o scoperta. 
  • Personaggi. Purtroppo si devono sempre usare tutti e quattro. Abbiamo il classico chierico (il prete-space-marine) che picchia ma è anche in gradi di guarire e soprattutto stordire i nemici; il damage dealer elfo oscuro, forte in mischia e molto veloce; il nano che fa attacchi a distanza; l'elfo mago che è fragile ma molto mobile e rimane in seconda linea. Sono sicuramente differenziati, anche se probabilmente quelli di Silver Tower erano più classici ma anche dotati di maggiore carisma. 
  • Crescita dei personaggio. Effettuata tramite abilità speciali, sbloccate uccidendo nemici e in altri modi specifici del personaggio, e con i tesori e gli artefatti ritrovati. Non è moltissimo, ma sicuramente sufficiente a sbloccare nuove opzioni e rende bene l'idea di avventurieri già esperti che non possono poi migliorare più di tanto. 
  • Morte dei personaggi. Non contemplata. Se tutti sono KO nello stesso turno, si perde lo scenario e va rifatto, ma è un evento che onestamente non mi è mai capitato. Le ferite normali si possono risanare spendendo dadi in missione, quelle gravi tornando in città, automaticamente. 
  • Combattimento. Sfrutta i dadi prima e dopo. C'è una soglia più alta per tentare gli assalti più potenti, poi si lancia il dado per vedere se colpiscono, a volte anche il dado per determinare il numero di ferite inflitte, che può essere 1d3 o addirittura 1d6, quindi con un range molto ampio di risultati. 
  • Magia. Non presente. Presente ma messa alla pari delle altre mosse speciali, non ha un sistema di sviluppo proprio che la caratterizzi rispetto ad una qualsiasi attacco. 
  • Intelligenza Artificiale. Non c'è, perché parliamo di un gioco col master. Comunque il poter scegliere ogni volta tra attivazione standard e mossa speciale lanciata col d6 offre qualche buono spunto tattico senza appesantire mai la gestione dei mostri. 

Shadows over Hammerhal o Silver Tower?
Come detto, il gioco è praticamente lo stesso.  Le due differenze fondamentali sono: La città e le sue attività, indubbiamente un punto a favore di Shadows over Hammerhall... a meno che non siate come i miei compagni di gioco, per cui tutte queste parti folkloristiche e di contorno sono solo una gran perdita di tempo rispetto al gioco “vero”, per cui preferite una gestione comunque simpatica ma più immediata delle parte extra-avventura, alla Gloomhaven (carta da leggere con bivio di scelta).  Il master e tutte le implicazioni, positive e negative che si porta appresso. E qui è solo questione di gusti. 

Conclusione
L'erede moderno di HeroQuest? In un certo senso sì: c'è il master, il sistema è semplice e duttile, può giocarlo chiunque. D'altro canto ormai anche in ambito dungeon crawler siamo in piena bulimia  di titoli e questo Shadows over Hammerhall è un buon prodotto ma non spicca sopra gli altri ed anche il passo avanti rispetto a Silver Tower c'è, ma non così evidente, non completo, non un salto.

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