Altro approfondimento da Gioconomicon.net, stavolta sull'universo fantasy di Warhammer.
Può piacere o no, ma è un fatto incontestabile che le mosse
della Games
Workshop influenzano pesantemente il mercato dei giochi di miniature.
Quindi potete intuire lo stupore di molti alla notizia della chiusura di un
brand che la casa di Nottingham portava avanti da oltre trent’anni e
l'inizio di una nuova avventura con un gioco che stravolge un’ambientazione
consolidata e tanto amata.
Forse è il caso di soffermarsi a pensare alle motivazioni che hanno portato a
una scelta cosi forte e chiarire, anche a chi non è un fanatico dell’universo
di Warhammer Fantasy, perchè questo Age of Sigmar sta generando tanto scompiglio
nelle comunità dei giocatori…
Partiamo dall’ambientazione: quello di Warhammer è
un fantasy che potremmo definire classico, pieno di nani, elfi, umani e
pelleverdi. Il cosiddetto Vecchio Mondo è un universo
conosciuto anche da chi non colleziona le miniature, poiché si è espanso anche
attraverso romanzi, giochi di ruolo, da tavolo e di carte. Ma non è il Vecchio
Mondo che tutti conoscono, quello che farà da sfondo a Age of
Sigmar, poiché drammatici eventi lo hanno fortemente mutato.
Il cambio d’ambientazione, tanto per precisarlo, non è stato improvviso: notevole sì, ma non improvviso. Infatti, prima di arrivare a Age of Sigmar, c’è
stata tutta la serie di supplementi chiamata End Times che,
come il nome suggerisce, ha messo la parola fine al Vecchio Mondo.
Dopo trent’anni sull’orlo dell’Apocalisse questa è finalmente arrivata. Forse i
più pensavano che la linea temporale sarebbe rimasta inalterata, e si sarebbe
continuato a giocare in un periodo precedente alle guerre scatenate da Nagash…
beh non ciò non è avvenuto.
La storia è proseguita, con un mondo nuovo
frammentato in nove reami appartenenti a diverse dimensioni raggiungibili
unicamente con mezzi magici. Le razze come le conosciamo esistono ancora, ma
questo è uno stato di cose temporaneo, dipendente dal flusso di produzione
delle miniature. Man mano che saranno prodotti nuovi modelli, i vecchi saranno
dismessi, e questo in realtà non rappresenta nulla di nuovo rispetto a quanto
ci ha abituato la GW negli anni. La differenza stavolta sta nel fatto che le
nuove miniature presenteranno uno stile ben diverso dalle vecchie, a
rappresentare le influenze di un mondo completamente nuovo.
I motivi dietro questa scelta sono sicuramente molteplici,
possiamo immaginarne alcuni.
Affermare però che il cambio d’immagine nasca solo da
un’esigenza di copyright probabilmente è sbagliato. Ci sono, presumibilmente,
anche motivazioni da ricercare nella diversa percezione dei mondi fantastici da
parte delle nuove generazioni di giocatori. Da sempre la Games Workshop ha
rivolto una particolare attenzione ai suoi utenti più giovani, e i giovani di
oggi sono molto diversi da quelli che iniziavano a giocare trenta, venti o
anche solo dieci anni fa. Il Vecchio Mondo era, appunto,
vecchio. Un’ambientazione affascinante, vi prego di non fraintendere, ma che
utilizzava canoni ed estetica degli anni 80’/90’. Chi tra voi ricorda il
“periodo rosso”, i fantasmi dipinti come carioca brasiliani o le decorazioni a
teschio presenti ovunque, sa di cosa parlo. Da allora l’ambientazione e
l’estetica di Warhammer si sono evolute per venire incontro ai cambiamenti dei
gusti di quegli anni, e oggi assistiamo a una vera e propria rivoluzione,
che incontrerà i gusti estetici dei nuovi giocatori, cresciuti non solo con i
libri di Tolkien ma anche con il grande cinema d’azione americano, i
videogiochi alla Final Fantasy, i movimenti Steampunk e gli anime giapponesi.
Nell’ottica di voler offrire un servizio più moderno, vicino
a quanti sono nati dopo Internet, è facile intuire le motivazioni riguardo le
nuove regole e le armate. Rendere disponibili i regolamenti sul proprio sito è pratica ormai molto
comune degli editori di wargame, di solito chi lo fa evita di produrre una
versione cartacea oppure ne offre una con contenuti superiori a quella
elettronica, magari tenendo quest’ultima in bianco e nero. La GW, per la prima
volta, ha deciso di rendere le regole disponibili e lasciare le note di
ambientazione e gli scenari sui supplementi cartacei. Sugli scenari, bisogna
precisare che sembrano essere una parte piuttosto importante per giocare,
vedremo quindi se decideranno di rendere disponibili anche questi in formato
digitale oppure se rimarranno confinati ai cartacei. Ad ogni modo, rendere
disponibili gratuitamente online le regole è un ottimo modo per aumentare la
visibilità del gioco e spingere molti vecchi giocatori a provarlo, poiché sono
già in possesso dei modelli.
Parliamo proprio del sistema di regole (che in parte vi
abbiamo già anticipato). Quattro pagine di regole, giudicate da
molti come “adatte ai bambini”, o una “semplificazione esagerata”. Sicuramente,
basta una veloce lettura per capire che è un gioco diverso, molto più semplice.
Le unità si muovono come schermagliatori, non più in blocchi irreggimentati.
Non esistono più i fianchi, il retro, non ci sono regole per i terreni, non c’è
più il confronto tra l’abilità di combattimento o tra la forza e la resistenza,
la magia è stata enormemente ridotta d’importanza, e tante altre
semplificazioni lo rendono, effettivamente, un sistema molto diverso dal
vecchio Warhammer Fantasy. Abbiamo quindi un gioco semplice e che ha bisogno di
pochi modelli per essere giocato in maniera soddisfacente (30/50 modelli),
abbassando quindi, in maniera notevole, la soglia d’ingresso.
Eh sì, perché
prima per iniziare a giocare a Warhammer cosa serviva? Circa 150/200 modelli e
studiare un regolamento di un’ottantina di pagine, oltre ai libri degli
eserciti delle diverse fazioni. Ridurre la soglia d’ingresso è sicuramente un
ottimo modo per attirare nuovi giocatori, anche se gli introiti derivanti dal
“nuovo acquirente” sono chiaramente inferiori nei tempi brevi. Noi giocatori
d’annata sappiamo bene come, dopo aver iniziato, le spese aumentano
vertiginosamente. Facendo un rapido confronto, iniziare a giocare a Warhammer
Fantasy Battle comportava una spesa iniziale di 3/400 euro, tra manuali e
miniature. Per fare una prova a Warhammer: Age of Sigmar bastano un paio di
scatole e un personaggio o due, circa un centinaio di euro, se non di meno. Questo
ovviamente non tiene conto dei tempi di montaggio e pittura delle miniature,
essendo queste molte meno in Age of Sigmar (per ora!) è possibile iniziare a
giocare molto prima.
Avere un corpo di regole ristretto, e aggiungere dettagli
dove serve sulle Warscroll (in altre parole la descrizione
delle unità e delle sue caratteristiche peculiari), ha permesso sicuramente
alcune migliorie. Ad esempio: prima tutti i gruppi comando (eroe, stendardo e
musico) avevano gli stessi effetti, adesso hanno potuto differenziarli in base
al tipo di unità, al ruolo, all’ambientazione, per cui anche nell’ambito dello
stesso esercito gli stendardi hanno effetti diversi a secondo dell’unità. Con
questo sistema hanno quindi dato una maggiore libertà creativa per chi realizza
le regole, che siano per le unità, per gli scenari o anche solo per degli
eventi specifici. E questo permetterà di apportare più facilmente modifiche e
calibrature in futuro, qualora si rendesse necessario ritoccare gli equilibri
tra le unità.
Affrontiamo infine l'elemento che ha alimentato le più
infuocate discussioni, in altre parole la mancanza dei punti. Per
chi non pratica il wargame tridimensionale, chiariamo che nella maggior parte
dei sistemi ogni modello o unità ha, normalmente, un costo in punti: i
giocatori si accordano per fare una partita da tot punti, e da questi
sottraggono il costo dei modelli che schiereranno. Siamo abituati a pensare che
un sistema a punti garantisca, in linea teorica, che due eserciti, dello stesso
punteggio, siano equivalenti in termini di potenzialità. Ma proviamo a pensare
con onestà alle tante partite giocate con le passate edizioni di Warhammer,
possiamo dire che sia vero? Sinceramente, no. A parere di chi vi scrive, nessun
sistema a punti, finora, si è mai dimostrato realmente efficace. Più aumenta la
varietà delle forze in campo, più variabili s’innestano, minori sono le
possibilità che un sistema di punteggi possa valutare realmente tutte le
situazioni ed essere sempre capace di garantire che l’unità X è egualmente
efficiente contro l’unità Y o quella Z.
In Age of Sigmar non ci sono più i punti. Possiamo sintetizzare l’approccio
consigliato dal nuovo sistema in “parlatene tra giocatori”, e vien da chiedesi
quanto questo metodo sia realmente così sbagliato. Sicuramente non è una
possibilità viabile per i tornei, ma la GW non ha forse sempre detto che i suoi
giochi non sono pensati per i tornei? E soprattutto, non è forse vero che da
sempre, le comunità di giocatori, dopo aver veramente testato il gioco con
centinaia di partite, hanno partorito una serie di limitazioni da applicare per
rendere bilanciato il tutto? Abbiamo avuto quindi un sistema che, negli anni,
si è dimostrato inefficace e che ha sempre avuto la necessità dell’intervento
di giocatori esperti per essere sfruttato in maniera competitiva. Valeva la
pena tenerlo a tutti i costi? Evidentemente è stato deciso di no, lasciando il
compito di bilanciare le partite amichevoli al buon senso dei giocatori o agli
scenari che saranno proposti e, agli organizzatori dei tornei, l’ideazione di
un sistema di bilanciamento efficace. Nel momento in cui scrivo, è passata poco
più di una settimana dall’arrivo del gioco nei negozi, e già sulla rete è
possibile trovare almeno una decina di proposte per sistemi di punteggio (conta
delle ferite, somme delle caratteristiche e moltiplicazioni, percentuali di
parole chiave), per cui non ci sarà d’aspettare molto prima che una di queste
s’imponga e diventi lo standard per quanti preferiscono un ambiente più
competitivo.
In definitiva, cos’è questo Age of Sigmar?
La sua stessa
concezione, cosi distante da quanto fatto negli ultimi 30 anni, va letta
nell’ottica dei risultati economici altalenanti registrati da Games Workshop
negli ultimi tempi: nonostante le rassicurazioni offerte dal CEO Kevin Rountree sulla
forza del modello di business applicato, si è reso necessario uno
stravolgimento di alcune logiche, anche se il fine ultimo rimane invariato:
"La strategia di Games Workshop è fare le migliori miniature fantasy nel
mondo e venderle con profitto a livello globale, e intende farlo per
sempre". Se grazie al nuovo approccio GW riuscirà a vendere più miniature
fantasy (o addirittura a raggiungere i record di vendita degli anni passati) lo
scopriremo in poco tempo, ma sicuramente non è un sistema da condannare o
esaltare a priori come sta capitando nella maggior parte delle comunity di
Warhammer Fantasy.
Personalmente lo vedo come una finestra verso il futuro, un esperimento
coraggioso che ha preso alcune dei nostri assiomi sui giochi di miniature e li
ha buttati dalla finestra, in favore di un approccio diverso che può
spaventare, o anche non piacere, ma che può emozionare ed entusiasmare pensando
alle possibilità che offre. Mai come in questo momento i giocatori di wargame
hanno avuto tanta possibilità di scelta, sia da un punto di vista di miniature
che come sistemi di gioco. Regolamenti come Malifaux, Wild
West Exodus, Warmachine, Hordes, solo per citarne
alcuni, offrono un’esperienza a livello schermaglia ben diversa da quello che
propone Age of Sigmar. Mentre per chi cerca le battaglie di massa abbiamo, per
dirne uno, Kings of War, della Mantic, che è giunto alla sua
seconda edizione ed è disponibile gratuitamente online. Per i “duri e puri”
sicuramente sarà possibile continuare ad utilizzare il regolamento di
Warhammer: Fantasy Battle ottava edizione e, come già successo in passato con i
giochi della linea Specialist, le comunità online di giocatori
continueranno a supportare il loro sistema preferito.
Mi piacerebbe quindi dire che questo Age of Sigmar
“non è mica la fine del mondo”… ma non sarebbe del tutto corretto, visto
che, in questo caso, il Vecchio Mondo è letteralmente finito.
Ma è altrettanto vero che è l’inizio di un mondo nuovo, un mondo che non vedo
l’ora di scoprire in che modo e in cosa evolverà.
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