Da un articolo del solito Agzaroth sulla solita Tana dei Goblin.
https://youtu.be/_VU_JCCYgk0
Play trough di MissMeeple.
Harry Potter: Hogwarts Battle è
un gioco di carte collaborativo puro, edito in Italia da Asmodee, per 2-4
giocatori, della durata di 30-90 minuti, destinato a un pubblico familiare
(11+) e basato su meccaniche di deck-building.
Devo ammettere che ho comprato il
gioco più per mia figlia, per giocarlo assieme a lei, che non per me, dato che
non ero il target adatto. Andando avanti con le partite, un po' in sua
compagnia, un po' da solo, ho trovato anche un livello di difficoltà
relativamente adeguato, soffocato però da un gameplay un po' troppo ripetitivo
e lineare. Ma andiamo con ordine.
Come si gioca a Harry Potter:
Hogwarts Battle
Nella scatola troviamo sette
scenari, che oltre a ripercorrere idealmente la trama dei sette romanzi
dedicati al maghetto occhialuto, hanno anche il vantaggio di introdurre nuove
regole e carte poco per volta aumentando la difficoltà complessiva della partita.
In ogni caso, il meccanismo è
sempre lo stesso: i maghetti partono con dieci carte a testa, pescandone cinque
a ogni nuovo round. Con queste devono fare due cose: acquistarne di nuove e più
forti da un display comune e infliggere ferite alle carte dei boss, per vincere
la partita.
Il round è infatti diviso in questo modo: si pesca una carta Arti Oscure (saranno due, andando avanti) e ne si applica l'effetto, generalmente ferendo o comunque limitando il giocatore di turno; i cattivi in gioco applicano il loro effetto ricorrente, se possibile; il giocatore di turno usa le sue carte per fare azioni, poi scarta tutto e ne ripesca dal suo mazzo cinque nuove.
Si procede in questo modo fino a
che tutte le carte luogo del gioco sono stata corrotte (vittoria dei cattivi) o
tutti i malvagi sono stati sconfitti (vittoria dei buoni).
Materiali e regole
Nonostante tutto qui dentro sia
di cartone, si nota la cura dei particolari: dal comodo divisorio interno, al
regolamento cartonato, alle carte di buona fattura, alla chicca finale
costituita dai segnalini in metallo per la corruzione dei luoghi.
Il gioco è parzialmente
dipendente dalla lingua per gli effetti sulle carte, per cui se ne consiglia la
versione localizzata.
Ergonomicamente è un po'
ingombrante, ma è il prezzo da pagare per avere un grosso tabellone che funge
da organizer per i vari mazzi mentre si gioca.
Il regolamento è chiaro e
spiegato nella sua base tramite il manuale, le varie aggiunte in dei fogli che
trovate all'interno delle scatoline numerate per gli scenari, poi inseribili
comodamente nell'ultima pagina del manuale, dotata di apposite buste.
Quello che hanno fatto di buono è
stato far progredire il gioco di pari passo con la storia di Harry Potter. Per
cui nella busta numero uno lui e i suoi amici sono dei mocciosi privi di
abilità speciali, aiutanti e nemici quelli del primo film. E così via, scatola
dopo scatola, per cui la carta iniziale del maghetto e dei suoi soci viene
sostituita da una in cui lui è progressivamente più grande e dotato anche di
una nuova abilità e nuovi incantesimi: alleati e nemici lo seguono di pari
passo, facendo rivivere a chi conosce la saga tutte le atmosfere ben note.
Aiuta molto anche il fatto che tutte le immagini siano in pratica foto prese
dai film.
Dal punto di vista meccanico,
invece, non c'è molta aderenza con gli eventi dei film (o libri che siano). Si
tratta sempre di fare un mazzo più forte possibile e sconfiggere i cattivi che
sono pescati a caso. Effetti degli incantesimi e abilità degli alleati tentano
in qualche modo di rispecchiare il loro ruolo... ma con un gioco così
elementare, in cui numero e tipologia di effetti sono così limitati, la cosa
non riesce molto bene.
Meccaniche
Ogni eroe parte con mazzetto base,
in cui la maggior parte delle carte consente di acquisirne di nuove. Poi sarà
una corsa a comprare carte sempre più forti e a scaricare il danno sui nemici.
Gli effetti sono fondamentalmente
pochi: risanare ferite, risanare luoghi corrotti, infliggere danno, avere
monete da spendere per nuove carte, pescare carte dal mazzo. Tutti questi
effetti base sono spalmati e coniugati in vari modi in tutto il mazzone che si
andrà a formare nel corso dei sette scenari. A proposito: non è che finito il
settimo il gioco sia da buttare. Non ci sono sorprese o spoiler narrativi:
semplicemente l'ultimo scenario – quello un po' più difficile – sarà quello
definitivo con cui vi confronterete ogni volta che avrete voglia di riaprire la
scatola. Cioè mai.
Quello che risulta un po' più
indigesto, già all'interno dello stesso scenario, è proprio la ripetitività del
gioco. Non ci sono situazioni improvvise, eventi che precipitano, novità a cui
far fronte. Certo, peschi le carte Arti Oscure, ma tanto lo sai che saranno
sfighe che ti piovono addosso. Tutta la partita è lineare, molto, troppo... e
la gestione della propria mano di cinque carte è il più delle volte scontata e
con scelte facili, così come spesso gli acquisti dal display comune obbligati.
È insomma più la fortuna che la bravura a guidare le vostre partite.
Altro difetto, che lo rende un
po' un "deckbuilding a metà", è il fatto che non esistano carte per
affinare il mazzo. Che è quello che distingue i deckbuilding base da quelli
pro. Questo comporta meno scelte, meno strategia e soprattutto diluisce
enormemente il mazzo, con carte acquistate la mercato che non danno la spinta
che davvero dovrebbero dare, perché disperse in un mare di altre, tanto che a
volte, in partita, le vedi poi un paio di volte e basta. A proposito del
mercato: è possibile togliere le sei carte esposte una sola volta per partita,
per esporne sei nuove. Peccato, perché spesso si pianta con carte che non
servono e poter usare questa possibilità solo una volta è parecchio castrante (meglio
se si usa l'house rule di poterlo fare sempre, se non si fanno acquisti nel
turno).
Insomma, il target è chiaro:
famiglie e qualche giocatore occasionale, appassionati della saga, ma se
pensate di ricavarci maggiore soddisfazione, siete fuori strada.
Però, anche nel suo target, le
pecche ci sono. Tolto l'effetto wow che si ha aprendo ogni scatola e scoprendo
nuove carte (o dadi), il gameplay che poi la partita ti restituisce subito dopo
non è del tutto all'altezza. Le nuove carte vengono diluite tra tutte le altre,
la durata della partita appare subito eccessiva, aggravata dalla ripetitività
del suo andamento e dal riproporsi di situazioni e personaggi noti, mescolati
ai nuovi (alla fine il povero Quirinus Raptor lo combatterete, se va bene,
almeno sette volte...).
Insomma la sensazione che lascia è più quella dovuta a un eccessivo trascinamento e la soddisfazione arriverà alla fine non tanto dalla vittoria, quanto dall'aver portato a termine la partita. In un modo o nell'altro.
Anche il livello di difficoltà è
commisurato al target casual/familiare: sono arrivato in fondo ai sette scenari
senza mai perdere e il settimo l'ho pure riprovato una seconda volta per vedere
se la prima avevo avuto fortuna ma nulla... vinto anche quella.
Conclusione
Lo tengo lì per mia figlia, altrimenti lo avrei venduto volentieri. Non è male, ma sarebbe bastato poco a farlo essere migliore e di collaborativi puri su questo genere e meccaniche ne ho decisamente di più interessanti e maggiormente adatti al mio target (Spirit Island, per buttarne lì uno).
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