Continuano gli spunti da Dietro lo schermo.
Storia
Uno dei tanti termini che si prestano a dibattiti ed equivoci. In questo blog, quando diciamo “una storia”, ci riferiamo a questi elementi essenziali: obiettivo, motivazione e conflitto.
I PG (perché diamo per scontato che siano loro i protagonisti) hanno un obiettivo, uno scopo concreto. E sono motivati a raggiungerlo, cioè hanno un valido movente che li spinge. Ma qualcosa o qualcuno si frappone come ostacolo o “forza contraria” tra loro e l’obiettivo.
Ogni volta che nel gioco si verifica questo, ci sono tutte le condizioni necessarie e sufficienti affinché la storia emerga.
Mi rendo conto che tecnicamente questa è più la premessa della storia, o il nucleo della storia, che non la “storia” intera. Sarebbe stato meglio, forse, usare un altro termine, ma ne ho fatto uso estensivo e non posso tornare indietro. L’importante è ribadire che quando lo uso non mi riferisco alla trama, cioè alla narrazione di una sequenza di eventi / vicende / avvenimenti.
Fare in modo che questa storia ci sia, che sia interessante per chi gioca e possibilmente che sia divertente da giocare, è compito e responsabilità del Diemme.
- No, non significa che debba essere per forza il Diemme a scegliere / assegnare l’obiettivo o gli altri elementi.
- No, non significa che il Diemme deve programmare in anticipo ogni singola scena, ogni singolo evento, ogni singolo passo intermedio della trama (anzi, non dovrebbe farlo).
- Sì, significa che il Diemme non dovrebbe limitarsi a creare un mondo al tempo zero e ad arbitrare poi passivamente quello che fanno i PG senza considerare gli elementi elencati sopra.
Ferrovie e Scatole di sabbia: una precisazione
Mi è stato fatto notare (su Dragons’ Lair e non su questo blog, ma solo perché questo povero blog non lo legge nessuno XD) come il mio utilizzo della terminologia “railroad” e “sandbox” (per esempio in questo articolo) sia stato quantomeno disinvolto e impreciso.
È utile quindi fare ammenda e chiarire il concetto. Coglierò anche l’occasione per fare un paio di precisazioni generali.
Significato di railroad
Esistono due accezioni di railroading a me note.
- Il comportamento deteriore di un Diemme che priva i propri giocatori di qualsiasi libertà, costringendoli a seguire una sequenza predefinita di azioni in cui non hanno scelta, o facendo sì che qualunque sia la loro scelta il risultato sia sempre lo stesso (quello che lui ha previsto), rendendo quindi le loro scelte ininfluenti. Vedi [a] per approfondire.
- Un approccio all’impostazione di avventure e campagne che ho descritto in questo articolo. Vedi [c] per approfondire.
L’accezione 1 è quella più usata storicamente. Ne sono consapevole. Ma non è quella che ho usato io. Siccome quando uso una parola controversa preciso sempre esplicitamente che cosa ci voglio indicare, mi piace pensare che non ci sia rischio di fraintendimenti.
Significato di sandbox
Esistono ben tre accezioni di sandboxing a me note.
- Un approccio (secondo me deteriore ed estremista quando il railroad-1, ma non ditelo in giro perché c’è gente che si arrabbia) per cui il Diemme non fa nessuno sforzo di costruire una storia, si limita a progettare uno scenario e lascia i PG “completamente liberi” di fare quello che vogliono interagendo con quello scenario. In pratica il lavoro del Diemme è solo di progettare l’ambientazione, poi si ferma lì e da quel momento si limita a fare l’arbitro impassibile. Vedi [b] per approfondire.
- Il fatto di avere una grande mappa del mondo, preferibilmente scomposta in esagoni, con il Diemme che ha deciso in anticipo il contenuto di ogni esagono (o meglio ancora lo genera sul momento tirando dadi) e i PG che vanno in giro a scoprire cosa c’è in ogni esagono. Una concezione simile alla 1 ma ancora più restrittiva.
- Un approccio all’impostazione di avventure e campagne che ho descritto in questo articolo. Vedi [c] per approfondire.
L’accezione 1 (raramente 2) è quella più usata dai puristi. La mia impressione è che quasi tutti i giocatori e i Diemme a cui piace davvero il sandbox stiano giocando in realtà con l’accezione 3, solo che non se ne accorgono. Ma non vorrei peccare di presunzione.
Il mio pensiero senza usare
nessun gergo
Esiste una miriade di stili di gioco e qualunque tentativo di schematizzarli in 2, 3 o N categorie sarà per forza di cose una semplificazione (il che non vuol dire che sia inutile).
Esistono però secondo me alcune caratteristiche comuni (o ragionevolmente comuni) a tutte le esperienze di gdr soddisfacenti, e sono:
- Deve esserci una storia. Una storia si ha quando i PG hanno un obiettivo da raggiungere e un conflitto od ostacolo si frappone tra loro e l’obiettivo.
- Deve esserci agency, cioè i PG devono avere la possibilità di fare scelte significative che hanno conseguenze appropriate.
In entrambi i casi ho linkato un articolo passato in cui spiego meglio il concetto.
Ora, esiste un modo molto estremo di impostare il gioco (a cui non daremo un nome) in cui tutto è così rigidamente preordinato dal Diemme che non c’è agency. Chiaramente risulterà poco soddisfacente. Esiste anche un altro modo estremo di impostare il gioco in cui il Diemme è così convinto di doversi astenere dalla narrativa, e di dover creare solo un ambiente in cui i personaggi possono fare quello che vogliono, che non c’è storia, ma solo un andare in giro a esplorare senza meta, cosa che all’inizio è anche divertente ma diventa rapidamente ripetitivo. Chiaramente anche questo sarà poco soddisfacente.
Esclusi questi estremi, esistono varie sfumature intermedie che possiamo, grossolanamente e con inevitabili semplificazioni, approssimare in questi due modi senza nome:
- Il Diemme definisce l’obiettivo finale della storia, e quindi l’oggetto della “trama principale”, se così vogliamo chiamarla. Naturalmente dovrà presentarlo ai giocatori: funziona solo se questi ultimi accettano il presupposto iniziale (cioè, che sia il Diemme a definire l’obiettivo principale) e lo specifico obiettivo proposto, e costruiscono dei PG adeguati (e adeguatamente motivati) per tale obiettivo.
- Il Diemme definisce uno scenario, più o meno grande, e i PG (magari subito, magari dopo averlo esplorato un po’) si danno da soli un obiettivo, che diventerà l’obiettivo principale della loro storia. Naturalmente questo funziona se il Diemme è aperto a lasciare che succeda e se i giocatori collaborano in modo da: (a) scegliersi un obiettivo comune (non tutti obiettivi diversi e magari conflittuali) e (b) scegliersi un obiettivo appropriato al genere/tono del gioco e che il Diemme sia in grado di gestire.
Notare che in nessuno dei due casi ci sono vincoli circa la natura dell’obiettivo, cioè non è detto che nel caso 1 si ripresenti per forza la storia degli eroi che salvano il mondo dal signore del male, e non è detto che nel caso 2 si finisca per forza con un gruppo di avidi cinici antieroi che pensano a far soldi.
Il vantaggio dell’approccio 1 è che generalmente il Diemme ha tempo e modo di concentrarsi di più sulla storia, intesa non come sequenza preordinata di avvenimenti e di svolte obbligate, ma come tutto l’insieme delle situazioni (nemici, rischi, opportunità eccetera), specifiche di quell’obiettivo, in cui i PG, con una loro traiettoria autonoma, andranno a muoversi cercando di raggiungerlo. Quindi questo approccio tende a produrre delle storie più coese e coinvolgenti.
Il vantaggio dell’approccio 2 è che generalmente il Diemme si concentra di più sullo scenario, sul mondo, intenso come l’insieme di luoghi, PNG, culture, fazioni, intrighi politici e così via che popola il mondo di gioco, e con cui i PG potrebbero andare ad interagire nel loro percorso. Quindi questo approccio tende a produrre mondi di gioco più immersivi e verosimili.
Ma è importante notare che, qualunque sia l’approccio scelto (1, 2 o un mix), una volta scelto l’obiettivo è compito del Diemme creare la storia, non nel senso di definire cosa i PG dovranno fare e come, ma nel senso di frapporre tra i PG e l’obiettivo uno o più ostacoli o conflitti che abbiano un senso narrativo (una logica, una consistenza, un ritmo) e che siano ben tarati, cioè impegnativi al punto giusto, “sfidanti” ma comunque superabili. E magari procurare una conclusione memorabile che dia soddisfazione (se i PG trionfano, il che non è garantito ovviamente).
E questo è in ogni caso il grosso (e la parte cruciale) del lavoro del Diemme, sia nell’approccio 1 che nell’approccio 2, e qualunque termine si voglia usare per definire il proprio modo di gestire la campagna o l’ambientazione.
Per approfondire:
[a] Sul tema del railroading nefasto mi hanno consigliato a questo proposito la lettura di alcuni articoli (uno, due, tre) di The Alexandrian sul tema. In quegli articoli il railroad viene dipinto senza mezze misure come la peste nera. Sono molto interessanti se non fosse che alla fine propone come alternativa lo stile “Default to Yes” e “Yes, but…“ che andrebbero sanzionati come pubblicità ingannevole. Ma non divaghiamo.
[b] Sul tema del “Vero Sandbox” mi hanno consigliato il blog batintheattic, dicendomi che l’autore, il game designer Robert Conley, è quello che ha introdotto il termine sandbox e quindi avrà ragione lui. Leggetevi in particolare questa pagina, intitolata appunto “come fare un sandbox fantasy”. Avvertenza: per carità, se mai volete davvero progettare una campagna non seguite quelle istruzioni! Di rado mi capita di dare raccomandazioni così nette ma quando ci vuole ci vuole.
[c] Giusto per assicurarmi di non essere proprio l’unico al mondo ad usare railroad e sandbox nell’accezione blanda ed imprecisa in cui li ho usati, ho dato un’occhiata in giro trovando qualche articolo a caso su Google: uno di GildaDelD20, uno di DungeonMasterAcademy, uno di JVC Parry, e anche questa risposta su StackExchange riporta entrambe le accezioni.








