Dopo aver iniziato finalmente un'avventura con OSE e pensando ad uno switch duraturo (o almeno più lungo delle sessioni ai vari Cthulhu/Rinascimento/Cairn/LSB...), vi propongo una serie di post presi da alcuni articoli sul bellissimo blog Dietro lo schermo che potrebbero aiutarci al cambio di paradigma tra il D&D moderno a cui siamo abituati (che non disdegno affatto, anzi la 5ed è molto bella!).
Questo perché ogni coperta è corta, e sebbene ci siano tante cose belle nel gioco moderno (caratterizzazione fine e approfondita dei PG, focus su storie più epiche, possibilità di interpretazione più marcata, solo per citarne alcune che a me piacciono molto), trovo che alcuni limiti siano stati sopperiti al meglio con i "nuovi" retrocloni della Vecchia Scuola (in particolare lo snellimento dei regolamenti e la possibilità di un approccio più "semplice" alle avventure). Ma dato che le cose non le si capiscono finché non si sperimentano, ecco che ho voluto spingere su questo passaggio per verificare in prima persona i tanto declamati vantaggi. Questo passaggio però, perché sia il più naturale e "indolore" possibile, comporta che alcuni aspetti dell'Old School siano compresi a fondo (io sto approfondendo un sacco e quello che leggo mi piace molto, al netto di alcuni - necessari, per il discorso della coperta di cui sopra - nei.
Il principio
1 PE (punto esperienza) per ogni moneta d’oro trovata (o equivalenze simili): era questa l’usanza nelle edizioni “storiche” di D&D.
Questo è il modo principale di fare esperienza e avanzare di livello; spesso (nelle forme più pure di questo stile) è proprio il solo e unico modo. Principia Apocrypha permette ai Diemme, se vogliono, di dare PE anche per i mostri o per altri motivi, ma raccomanda di rendere questi premi secondari rispetto a quelli per il bottino.
I pregi
Le prime volte che mi sono imbattuto in questo principio ricordo di aver pensato che fosse una cavolata madornale, una cosa priva di senso. Ma ragionandoci meglio ha i suoi pro.
Innanzitutto mette l’accento sull’esplorazione come impostazione principale del gioco. La Vecchia Scuola è soprattutto basata sui dungeon (dungeon crawl): quello che i PG fanno, per la maggior parte del tempo, è esplorare dungeon, affrontando grossi rischi pur di frugarli bene in ogni angolo. Perché i PG lo fanno? Per il tesoro. E perché i giocatori dovrebbero farlo? Perché più tesoro mettono insieme, più i loro PG si evolvono e diventano potenti. Un meccanismo molto semplice, quindi, per ricompensare quel comportamento che è la base stessa del gioco.
Dietro l’apparente banalità c’è qualcosa di sorprendentemente efficace e profondo: i giocatori devono confrontarsi costantemente con il rapporto rischi-benefici, avendo da un lato il pericolo di perdere il personaggio se ci si spinge troppo in là (tra l’altro la mortalità, nei giochi OSR, tende a essere alta, come vedremo in un futuro articolo), dall’altro il fatto che andare avanti, esplorare più a fondo, sia l’unico modo di farlo progredire.
Sono entrambe “leve” che colpiscono direttamente il giocatore: spingono direttamente lui a continuare a giocare al gioco, a prescindere dalla storia e dagli scopi “privati” del personaggio. Una sorta di disintermediazione che può far storcere il naso ai puristi della narrazione, ma è sorprendentemente efficace nel generare coinvolgimento (engagement) dei giocatori; là dove invece il pigro milestone leveling dei nostri giorni (“pietre miliari”: i PG avanzano di livello quando lo decide il Diemme, senza tante storie) può fallire clamorosamente, inducendo certi giocatori ad andare ognuno per la sua strada e ad anteporre le loro personali paturnie alla struttura base del gioco.
Insomma, talvolta le cose semplici sono le più efficaci.
Un altro pregio di questo approccio si può notare se lo contrapponiamo a quello in cui i PE vengono conferiti per l’uccisione dei nemici. Complici i manuali delle edizioni più recenti, che spesso hanno attribuito esplicitamente ai singoli mostri un “valore in PE”, e complice la mentalità “da videogioco” ormai interiorizzata da molti, questo secondo approccio si è ahimè fin troppo diffuso negli ultimi decenni. C’è chi ci si trova bene, ma spesso sento giocatori o Diemme lamentarsi per gli spiacevoli effetti collaterali, il più ovvio dei quali è la trasformazione dei PG in macchine assassine che prendono a spadate tutti quelli che incontrano senza neppure un “chi va là”. Molti passano all’approccio “pietre miliari” proprio per evitare ciò.
Si dimostra ancora una volta che il metodo di assegnazione dell’esperienza è un potente strumento per incentivare e disincentivare dei comportamenti.
Ebbene, un gioco in cui i PE dipendono dal bottino è l’antitesi quasi perfetta all’atteggiamento guerrafondaio: basta introdurre questo approccio e subito tutti si renderanno conto che il combattimento non è lo scopo né l’oggetto del gioco, e non è qualcosa di desiderabile; a volte è un male necessario, altre volte è proprio un rischio utile. Ogni astuto stratagemma per aggirare i nemici e arrivare al tesoro senza combattere è premiato, quindi incentivato. La violenza non è più la risposta di default a qualunque ostacolo.
I limiti
L’approccio “soldi = PE” non è esente da difetti.
Un possibile effetto collaterale è quello di incentivare i giocatori a un certo grado di avidità ed egoismo: perché non tenere per sé il tesoro, o cercare di sottrarre ai colleghi la loro parte? Questo tipo di conflitto tra PG, volendo, si può facilmente evitare dicendo che i PE vengono distribuiti in modo uniforme nel gruppo, chiunque sia a trovare e/o tenere i soldi (cosa che consiglio). Ma anche in questo caso resta il problema del conflitto con l’esterno: la tentazione di derubare contadini, locandieri e onesti mercanti, già latente in più di un gruppo, può diventare fortissima se ciò comporta anche un facile aumento di livello. Certi vecchi manuali ricompensavano solo il tesoro riportato nella civiltà, il che, oltre a indirizzare chiaramente i PG verso dungeon e vecchie rovine, poteva rendere una sfida divertente anche il viaggio di ritorno: finché i soldi non sono al sicuro al villaggio, niente PE! A seconda dell’ambientazione, però, questo può essere difficile da implementare.
Anche al di là di questi effetti collaterali, resta il fatto che questo approccio è per forza di cose tesoro-centrico, quindi disincentiva e mette in secondo piano tutti quegli aspetti dell’avventura che non hanno niente a che vedere con la ricchezza. Crescita personale, carattere e storie individuali dei singoli PG, indagini, intrighi cittadini, e perfino la tradizionale lotta del Bene contro il Male non ingranano granché con questo sistema.
Certo, c’è sempre la soluzione di aggiungere “…e c’è anche un ricco tesoro!” come postilla a qualunque missione, ma è un escamotage che diventa rapidamente noioso, e non risolve la questione essenziale, cioè il fatto che le scelte dei giocatori che non riguardano il tesoro hanno, giocoforza, molta meno importanza rispetto a quelle che lo riguardano, e la scelta che porta ad arricchirsi di più sarà sempre inevitabilmente la preferita.
Come si è detto all’inizio, è un approccio pensato per un determinato tipo di gioco (esplorare, nello specifico esplorare i dungeon) e segna un po’ il passo quando si esce da questo perimetro.
In conclusione
La Vecchia Scuola ci ha dato uno spunto per riflettere sulla questione dell’esperienza e delle ricompense da una prospettiva nuova.
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