Articolo di Eugenio Lauro su una delle esperienze ruolistiche più interessanti degli ultimi anni postato su gioconomicon.net. E' del 2016 (dal 2017 è stata replicata ogni anno alla Play di Modena) ed da un po' di tempo che volevo postarlo perché mi sembra veramente una figata!
Il chiostro medioevale che ospita la biblioteca Agorà di Lucca ne avrà visti tanti di eventi strani nella sua storia secolare ma siamo sicuri che uno come quello che abbiamo vissuto la scorsa domenica manca all’appello. Nella festosa occasione di Lucca Comics & Games 2016 infatti, ha avuto luogo il primo appuntamento italiano di D&D Epics il “main event” di gioco organizzato della D&D Adventurers League che ha visto impegnati, in contemporanea, più di cento persone tra giocatori e master. Per capire cosa ci potevamo aspettare e quali sono stati gli sforzi e gli investimenti necessari a portare in Italia questo evento, finora realizzato solo in UK e Olanda in Europa, abbiamo estensivamente parlato di questo importante appuntamento con gli organizzatori di Lucca Comics & Games e con il local coordinator del gioco organizzato di D&D. Mancava dunque, solo la prova dei fatti.
Armati di dadi e matite, due redattori di Gioconomicon (compreso lo scrivente), si sono aggiunti alla nutrita schiera di avventurieri che già molto prima dell’apertura erano ansiosi di cimentarsi in questo evento unico nel panorama italiano. Durante il breve lasso di tempo che ha anticipato l’inizio delle sessioni, caratterizzato dall’ordinata registrazione dei partecipanti e da una puntuale assegnazione dei tavoli, regnava una calma innaturale: dubbi, aspettative e curiosità sulle persone che avremmo trovato al tavolo si mescolavano a quella trattenuta eccitazione che si prova quando si è in procinto di realizzare qualcosa di grande. Lo spazio, formato da due ali del primo piano del chiostro, è stato predisposto con cura, su ogni tavolo sono in bella vista lo schermo del master, le mappe di gioco, i manuali e le miniature.
Dove le due ali si uniscono, un maxi schermo è pronto a mostrare la mappa strategica in cui verranno indicate la posizione dei gruppi di gioco, per avere una panoramica generale sull’andamento dell’avventura che ricordiamo, vede tutti i partecipanti giocare in contemporanea lo stesso evento come se fosse una unica, grande, sessione. I partecipanti prendono posto al tavolo e per un caso fortuito quanto curioso, io e il mio collega siamo posizionati alle due estremità opposte della sala, lui giocherà un personaggio alle prime armi e io, distante una lunghissima fila di tavoli, uno che si suppone sia tra i più esperti. Per la sessione infatti, vestirò i panni di un chierico nano di undicesimo livello (tier 3), appartenente al gruppo d’assalto chiamato in gioco “le spade”, mentre il mio collega quelli di un paladino umano di terzo (tier 1) appartenente ai “leoni”. Vivremo la stessa esperienza da due punti di vista diversi.
Al richiamo di Nicola Degobbis, per l’occasione in veste di “master dei master”, il mormorio cessa all’istante e nella sala echeggia il discorso motivazionale del Generale a capo della spedizione militare. Scopriamo di dover riconquistare la città di Phlan, una missione che segue la terza stagione del gioco organizzato e che vede come nemico finale il drago verde Vorgansharax. La sentita arringa ha un effetto inaspettato e per certi versi sorprendente: i partecipanti, fino a quel momento tranquilli e ordinati, irrompono in un grido di eccitazione spontanea che nessuno, neanche i giocatori più stagionati, è riuscito a trattenere. I master iniziano a tessere la narrazione, i dadi a tintinnare, le miniature a muoversi sulle mappe di questo grande assedio di massa. Il gruppo di cui facevo parte, una schiera di livello avanzato con risorse che farebbero invidia agli Avengers, viene teletrasportata da una nave volante direttamente nei sotterranei del castello.
Lo scontro infuria subito, spettri e demoni ci attaccano negli stretti e umidi corridoi ma ce ne liberiamo in fretta a colpi di spada e incantesimi, guadagniamo l’uscita e ci spostiamo in un altro settore del castello mentre sentiamo le urla provenire dagli altri tavoli al raggiungimento degli obiettivi. Ogni tanto, dal controllo centrale arrivano aggiornamenti sullo stato dell’assedio che ci dà la sensazione di contribuire a uno scopo comune, sensazione rafforzata ancora di più dallo scambio di “boon”, bonus momentanei che un gruppo concede a un altro grazie alla soluzione di specifiche quest. Nel cortile esterno, distruggiamo una torre con una bomba alchemica, eliminiamo un arcimago e liberiamo una spia, accumulando “punti vittoria”, una misura della nostra efficienza nella partita. La pausa pranzo, breve ma ordinata, ci permette di riprendere fiato e di confrontarci con gli altri giocatori, ne approfittiamo per raccogliere un feedback di alcuni di loro.
L’azione riprende, tutti sono ansiosi di conquistare posizioni, sconfiggere nemici e mostrare agli altri gruppi di quale pasta sono fatti. La nostra avventura procede, ci infiltriamo nella parte centrale del castello, siamo vicini al drago e si vede, perché i nemici si fanno più ostici. Distruggiamo dei circoli magici, togliendo al drago la possibilità di utilizzare le “lair action” (azioni della tana), un obiettivo importante per la missione, fatto che viene annunciato con enfasi in tutta la sala e che ci ripaga più di qualsiasi altro premio. Si avvicina la sera, ormai giochiamo da molte ore ma non sentiamo la stanchezza, il master continua a sorprenderci mentre arriviamo all’ultima sala, quella dove il drago conserva il tesoro, caratterizzata dalla presenza di una “Pool of Radiance”, nome noto a chi ha giocato l’omonimo videogame di fine anni ’80, creato tra l’altro, da David “Zeb” Cook, ospite anche lui del festival lucchese.
All’improvviso, da un altro tavolo arrivano delle grida, ci voltiamo curiosi e vediamo che il drago è entrato in gioco, enorme e minaccioso. Nonostante sia solo una miniatura oversize, la sospensione d’incredulità ha preso il sopravvento: è come fosse nella stanza con noi. Torniamo alla missione, ad attenderci ci sono dei cultisti capitanati nientemeno che da un beholder, le cose si fanno serie. Per fortuna, un altro gruppo di gioco sblocca un obiettivo e questo ci permette di utilizzare dei sauriani come PNG alleati. Molto cavallerescamente, li utilizziamo come scudi umani e per fermare i cultisti che, nel frattempo, stanno portando via il tesoro del drago, oggetto della quest in corso. Lo scontro con il mostro monocolo entra nel vivo ma il timore per il drago ci fa conservare le armi migliori e la scelta si rivela saggia, dopo qualche minuto il drago si sposta dal tavolo iniziale al nostro, piazzandosi al centro della mappa.
Come racconta a gran voce lo speaker, il drago è molto poco contento del nostro intervento sulle sue proprietà e nonostante il mio personaggio sia una sorta di cubo d’acciaio, il soffio della creatura toglie quasi metà dei miei punti ferita. Reggiamo il primo urto e rispondiamo con tutto quello che abbiamo, riuscendo a respingere la creatura, che vola verso altri tavoli. Riprendiamo la partita ma pochi minuti dopo sentiamo un urlo di vittoria provenire da un tavolo vicino, il drago è stato sconfitto!
La voce narrante racconta l’epilogo dell’avventura mentre le urla di esaltazione fanno da eco alle sue parole. Siamo tutti stanchi ma soddisfatti, sono circa le cinque di sera ed è il momento delle ricompense e del debriefing che intercettiamo ai nostri microfoni. Viene stilato un resoconto della sessione e scopriamo che il gruppo che ha ottenuto il maggior successo, con un numero di punti vittoria invidiabile (circa nove quest concluse contro le nostre quattro), è proprio quello di Marco Signore, mio collega paladino che nel primo gruppo si è fatto valere con un approccio rapido ed efficace. Marco conferma che l’aver partecipato al primo Epics italiano è stata un'esperienza assolutamente fantastica. Tra eroismi e fallimenti critici, i più di novanta eroi sono riusciti a liberare Phlan, e al tavolo del Quarto Reggimento Leoni Marco ha incontrato quattro eroici giocatori davvero fuori dal comune. I loro piani di battaglia hanno avuto successo, affrontando l'intera battaglia proprio come un'impresa militare e non come un dungeon run classico, riuscendo così alla fine della giornata ad essere il reggimento più efficace dell'intero evento. Il volto di Marco, il nostro Paladino Vendicatore, mostra giustamente l’orgoglio per il suo gruppo e non nasconde di non vedere l'ora di poter scendere nuovamente in campo al prossimo Epics.
La serata si conclude con una folla inneggiate che scambia sorrisi e ringraziamenti a organizzatori e master, ringraziamenti ai quali ovviamente, partecipiamo anche noi considerando la natura gratuita dell’iniziativa (non altrettanto all’estero) e il grande impegno profuso per il buon esito di un evento che a questo punto possiamo definire epico anche nei fatti e non solo nel nome. Il solo pensiero che le gesta dei nostri eroi potranno influenzare in qualche modo la continuity dei Forgotter Realms ci avvicina a D&D più di quanto non sia successo prima, abbattendo quel muro invisibile che separa (separava) i giocatori dai Maghi di Seattle.
Viene il momento delle valutazioni a freddo: è innegabile l’ottima riuscita dell’appuntamento, superiore alle aspettative più rosee e sebbene qualche dettaglio sia ancora migliorabile (una sala unificata avrebbe amplificato la coesione tra gruppi e reso la mappa più visibile), non c’è stato nessun ostacolo, rallentamento o obiezione di sorta da parte dei partecipanti. “Buona la prima” si dice in gergo cinematografico, un risultato non da poco se consideriamo che il gioco organizzato di D&D in Italia esiste da pochissimo tempo. Alcuni dubbi tecnici, come quello sull’adattabilità di questi moduli allo stile di gioco europeo e italiano in particolare, dove molto tempo viene speso nell’interpretazione dei personaggi, sono stati sciolti: i gruppi, gestiti da master adeguatamente preparati, si sono tranquillamente uniformati alla modalità di gioco richiesta che avvicenda descrizioni e azioni tattiche senza troppe divagazioni, un ritmo serrato indispensabile per riuscire a completare l’avventura nei tempi richiesti.
Concludendo possiamo ribadire come questa sia stata veramente un’esperienza importante che trova pochi eguali nel panorama mondiale. Un ulteriore esempio di ciò che un gioco di ruolo può creare, un risultato aggregativo e interattivo che altri media difficilmente potrebbero eguagliare. Un’esperienza tra l’altro, che non si ferma al tavolo ma che con il sistema di gioco organizzato, continua nel tempo seguendo, il fil rouge del personaggio registrato nei sistemi centrali della Wizards of the Coast. Non possiamo che sperare che la Wizards decida di investire più risorse in iniziative simili e nel gioco organizzato in genere, un modo efficiente per creare una rete di gioco e di promozione, che va dall’autore al giocatore, interessando tutti gli attori di questo mercato che sembra vivere una seconda giovinezza.